La proposta di riforma del Codice della strada presentata dal ministro Salvini può essere una buona occasione per Elly Schlein per dimostrare quanto il Pd è cambiato, come oggi abbia una identità chiara e sia capace di mettere in campo proposte alternative credibili e costruire alleanze nel paese. Le condizioni ci sono tutte, anche perché il testo è davvero inadeguato e contraddittorio, ma non è scontato che avvenga per due ragioni non banali.

La prima è che la proposta di Salvini parla alla pancia degli italiani, risponde con slogan a una drammatica emergenza raccontata dai numeri. Ogni anno in Italia muoiono quasi tremila persone e oltre 200mila rimangono ferite come conseguenza di incidenti stradali.

La seconda è che dentro il partito sono in tanti quelli che la pensano come Salvini. Che considerano le ciclabili un’idea carina per una gita nel weekend, che non sopportano questi mezzi di micromobilità elettrica in sharing che girano per le città, e che il paese ha bisogno di grandi opere. Del resto, se i monopattini possono circolare in Italia è grazie a un voto parlamentare di fine 2019 a cui si oppose strenuamente l’allora ministra del Pd Paola De Micheli. Eppure, sta crescendo l’opposizione nei confronti di questa riforma per le assurdità che contiene e manca solo chi si candidi ad ascoltare e a rappresentare queste realtà.

La risposta a ricette sbagliate 

Sono i numeri a dimostrare quanto le proposte del leader leghista siano inefficaci proprio rispetto al problema che si intende affrontare: ridurre il numero di incidenti mortali. Il testo prevede la sospensione della patente per chi guida in stato di ebrezza o usando il cellulare, il ritiro per i “drogati”. La stretta è durissima nei confronti dei monopattini – obbligo di casco, targa e assicurazione – ma anche dei Sindaci, i cui poteri nella introduzione di limiti alla circolazione o di controllo delle velocità delle auto vengono drasticamente ridotti. Ma nella lista non mancano le bici, con una serie di restrizioni nella progettazione di percorsi ciclabili. A cosa serva tutto ciò non è chiaro, non c’è un’analisi che permetta di comprendere come questi provvedimenti aiutino di fronte alle due cose che sappiamo di questi incidenti. È l’Istat a certificare che la prima causa degli incidenti mortali sta nell’eccesso di velocità. Ed è nelle aree urbane che avviene il 70 per centro degli incidenti.

Ma il Ministro, invece di costruire un’alleanza con i Comuni per trovare soluzioni condivise ha scelto di intraprendere una battaglia proprio contro di loro, radicalizzando lo scontro. E’ evidente che non si deve cadere in questa trappola, ma puntare piuttosto a spiegare perché questa impostazione è demagogica e inefficace. Se si vogliono ridurre gli incidenti servono infatti più controlli della velocità, e se qualche Comune ha sbagliato a posizionare alcuni autovelox per aumentare le entrate si interviene in modo puntuale. Che senso ha limitare la possibilità di installarli? Che poi questo approccio centralista venga da un partito autonomista è davvero incredibile.

Ancora, alcune città hanno azzerato in questi anni il numero di incidenti mortali e allora perché non copiare lo stesso approccio in Italia? Ed invece la ricetta di Helsinky e Oslo diventa praticamente impossibile da replicare da noi, perché ai sindaci viene di fatto limitata la possibilità di intervenire per ridisegnare lo spazio pubblico per ridurre la velocità e creare zone a traffico limitato per le auto, allargando e proteggendo quelle per pedoni e ciclisti. Bologna, che ha deciso di ridurre a 30 chilometri l’ora la velocità in tutte le strade non di scorrimento è diventata, con il suo sindaco Matteo Lepore, un bersaglio della destra quando l’obiettivo è proprio ridurre il numero di incidenti.

Un’altra idea di sicurezza

L’occasione per verificare se il Pd prenderà sul serio questa battaglia la vedremo presto, quando sarà reso pubblico l’elenco di chi verrà coinvolto nelle audizioni parlamentari. Lo capiremo da quanto spazio sarà dato ai sindaci, alle aziende della sharing mobility, ad associazioni e comitati che si battono per città sicure e accessibili per ciclisti e pedoni, per una mobilità a emissioni zero. Il tema politico che va sollevato riguarda l’idea di mobilità che si vuole portare avanti nei prossimi anni in Italia e a come può aiutare rispetto alla riduzione degli incidenti.

Perché grazie alle risorse del Pnrr e a quelle stanziate nella scorsa legislatura le città italiane vedranno realizzare investimenti senza precedenti per nuove linee di tram, percorsi ciclabili, piazze e spazi pubblici. Sono diversi i segnali positivi che andrebbero accompagnati: da bici, monopattini, scooter, auto condivise oggi presenti in tante città, ai risultati di Ferrara, Pesaro, Bolzano dove oltre il 30 per cento degli spostamenti urbani avviene in bici, grazie a ciclabili protette e a una ricetta che si potrebbe replicare ovunque.

E tante sono le città che stanno lavorando su zone limitate per le auto più inquinanti e a integrare le politiche per l’altro corno del problema: le drammatiche conseguenze dell’inquinamento dovuto all’enorme numero di veicoli in circolazione. Questi cambiamenti non si fermeranno perché funzionano. Ma le politiche di Salvini possono rallentarli, portandoci fuori dal tempo e dall’Europa, soprattutto se qualcuno non si farà carico di portare questa battaglia in Parlamento.

Le domande da fare

Quali sono le domande e i temi che dovrebbero uscire nelle audizioni? Con le imprese dello sharing chiedere al Ministro perché debbano essere trattate come un problema e discriminate. Ad esempio, perché quando si prendono questi mezzi si paga un Iva al 22 per cento, mentre per i taxi (altro tema di attualità) è pari a zero?

Ai sindaci bisognerebbe invece chiedere che idee hanno e di quale supporto avrebbero bisogno per rendere più sicure e accessibili per tutti le città. Ad esempio, di quante risorse avrebbero bisogno per mappare gli incroci più pericolosi e realizzare la messa in sicurezza. È importante parlare di soluzioni concrete e di numeri per smontare la narrazione di Salvini, perfino rispetto alla tesi che il problema si risolva intervenendo su chi fa uso di alcool e droghe, quando i dati del ministero degli Interni raccontano che sono responsabili di circa il 4 per cento degli incidenti. E solo un altrettanto incredibile ossessione può spiegare quanto proposto nei confronti dei monopattini. Una volta che si stabilisce che non possano superare la velocità di 20 chilometri l’ora, con limitazione ulteriore e automatica nelle aree pedonali, a che servono casco, auto e targa? Le associazioni della sharing mobility in realtà lo hanno spiegato, in questo modo diventa impossibile organizzare il noleggio perché il casco non si riesce a fornire. Ma soprattutto, occorre aprire un confronto sulla mobilità nelle aree centrali delle città, dove con velocità limitate è possibile una convivenza virtuosa tra mezzi diversi a emissioni zero. Mentre non sarà certamente il casco a salvare la vita a un ciclista o a un ragazzo in monopattino se ad un suv è consentito sfrecciare dentro i quartieri. Forse servirebbe un bravo psicanalista per spiegare la ragione per cui si limitano le possibilità di intervento e la qualità dei progetti di corsie ciclabili, ossia le ricette che funzionano in tutti gli altri Paesi. Salvini ha esordito da Ministro cancellando 94 milioni di euro di investimenti per le ciclabili, davvero viene da chiedersi quale problema abbia con le bici.

Ma per tornare alla Schlein, la ragione per intestarsi la battaglia è che questi temi non sono per ingegneri o per fissati. La mobilità oggi definisce fortemente le opportunità che hanno le persone di vivere una vita dignitosa, il tempo e la spesa impegnati per andare a lavorare o per spostarsi. E per il Pd può essere un modo per far capire il legame tra le diverse idee che si vogliono mettere in campo per parlare del futuro del paese e incrociare i bisogni delle persone. Perché sono argomenti che riguardano ognuno e che tutti capiscono, di cui si parla nei bar e nelle piazze virtuali e fisiche. E dove con idee chiare e ricette comprensibili si può mettere in difficoltà proposte tanto inadeguate e inefficaci.

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