La mozione congressuale di Paola De Micheli, ex ministra delle Infrastrutture e una dei quattro candidati alla segreteria del Pd, è un documento prezioso, ricco di indicazioni sulla natura della crisi storica del Partito democratico. Il dato eclatante è l’assenza di una visione del mondo, surrogata da una congerie di proposte normative di portata poco più che condominiale. Le prime parole della mozione («Concretamente. Prima le persone») dichiarano la chiara provenienza di De Micheli, unica tra i quattro candidati, da una delle due culture macchinosamente confluite nel Pd, quella democristiana. Dello scudo crociato De Micheli è stata fin dall’età di 16 anni militante e amministratrice locale.

Individualismo e socialismo

La distanza logica tra mettere la persona al centro e mirare invece al benessere collettivo è ciò che da un secolo e mezzo, più o meno, separa la cultura cattolica da quella socialista. Il più ardito e tutto sommato abbastanza riuscito tentativo di tenere le cose insieme l’hanno fatto i padri costituenti nell’articolo 3 della Carta fondamentale italiana: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese». In questo capolavoro della volontà di mettersi d’accordo, la persona umana al singolare diventa «lavoratori» al plurale e viene proiettata su uno sfondo di eguaglianza e partecipazione che attenua e contiene l’afflato individualista.

Dopo 75 anni De Micheli azzera la fatica dei costituenti e rilancia con entusiasmo privo di esitazioni il monumento eterno all’individualismo, la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti (1776). Per i padri costituenti americani il Creatore ha dato agli uomini il «diritto inalienabile al perseguimento della felicità». Per De Micheli è questa la ragione dell’esistenza stessa del Pd: «Dare l’opportunità ad ogni persona, ad ogni singola persona, di perseguire il diritto alla felicità». Qualche anno dopo l’indipendenza americana ci pensò la rivoluzione francese a correggere il tiro, introducendo il concetto di «felicità di tutti».

La sfumatura è sfuggita all’ex ministro delle Infrastrutture che invece aggiusta le cose alla maniera veltroniana (in omaggio al fondatore del Pd), contraddicendosi nella frase successiva. Come garantire alle singole persone il diritto di perseguire la propria felicità individuale? Combattendo l’individualismo che è in loro. «Abbiamo bisogno di unire le persone, di metterle insieme, laddove l’individualismo e l’egoismo, sui quali la destra investe tutte le sue forze, dividono, disgregano, sgretolano».

Mettere insieme dentro il Pd persone che la pensano diversamente («le culture riformiste di ispirazione laica e cattolica sempre attente alla transizione ambientale») e aspettare che scocchi la scintilla di un «ritrovato desiderio collettivo di progettare il futuro». Questo De Micheli lo chiama «nuovo umanesimo» e così lo descrive: «Nuovo umanesimo per noi significa affrontare le due grandi sfide economiche e sociali del nostro tempo – la transizione ecologica e digitale – facendo prevalere gli effetti positivi dell’innovazione».

Risulta interessante, nella cosmogonia demicheliana, come si articola il nuovo umanesimo della transizione ecologica a partire dal riconoscimento di papa Francesco e della sua enciclica Laudato si’ come «punto di partenza fondamentale»: «A tal fine l’Europa dispone di diversi strumenti e iniziative, come il Just Transition Fund (Jtf), il Social Climate Fund, i fondi strutturali europei, la Recovery and Resilience Facility (Rrf), il Next Generation Eu, il Repower Ue.

L’uso di più strumenti, tuttavia, dovrebbe funzionare in modo coerente e sinergico, senza complicare la complessità sul campo per le autorità chiamate alla loro gestione ed attuazione». Questo modo di trattare il tema ambientale nella mozione congressuale che dovrebbe proporre agli iscritti al Pd una visione del futuro suscita una domanda fondamentale: a chi si rivolge De Micheli? A quale militante, a quale lavoratore, disoccupato, disabile, Neet, si propone come la condottiera che riuscirà a dispiegare «senza complicare la complessità sul campo» la forza rivoluzionaria del Jtf, dell’Rrf e del Repower Ue? Chi è il suo lettore ideale della mozione congressuale?

La trasparenza del poi

Il problema è molto serio e diventa serissimo scorrendo le poche parole dedicate al tema delicatissimo della corruzione dentro il Pd. Talmente poche che possiamo riprodurle integralmente: «Tutti i parlamentari e i dirigenti Pd dovranno rendere noto sul portale della Trasparenza democratica i loro incontri con eventuali lobbisti e stakeholders. E potrebbe essere il modello per una legge che riguarda tutti gli eletti (questo è già previsto alla Camera)». Due domande sorgono spontanee.

La prima: quanti iscritti o elettori del Pd (e anche, senza offesa, quanti deputati) conoscono il significato della parola stakeholders? La seconda: se questa proposta le sorge così spontanea e naturale, perché durante i suoi 18 mesi al ministero delle Infrastrutture, durante i quali ha gestito l’affare autostrade che si è concluso con il pagamento ai Benetton di 8,2 miliardi di euro anziché con la revoca della concessione, non ha mai reso noti i suoi incontri con eventuali lobbisti e stakeholders?

 

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