È il termovalorizzatore più fotografato al mondo e si trova a Copenaghen. Progettato da Bjarke Ingels, possiede una pista da sci che dal tetto arriva fino al piano di campagna e su un lato c’è la parete da arrampicata artificiale più alta oggi esistente. Amager Bakke è considerato il termovalorizzatore più pulito al mondo. La Danimarca ne ha altri 22 simili, seppur di dimensioni inferiori, che forniscono teleriscaldamento, oltre che elettricità, alle comunità che stanno loro attorno. Secondo Politico, negli ultimi anni la Danimarca ha importato un milione di tonnellate di rifiuti dal Regno Unito e dalla Germania da bruciare in questi termovalorizzatori per mantenerli in attività. Molto è stato fatto per impedire la fuoriuscita di elementi dannosi alla salute.

Tuttavia, c’è un tipo di emissione che non può essere eliminata ed è l’anidride carbonica. E sembra ne venga emessa molta di più di quanto si pensava: in base ad uno studio di Zero Waste Europe le emissioni sono quasi il doppio di quanto riportato. Secondo l’Epa, la combustione dei rifiuti urbani emette quantità di Co2 per tonnellata paragonabili a quelli della combustione del carbone. Tuttavia, circa la metà della Co2 non viene conteggiata, perché proviene da fonti biogeniche: rifiuti alimentari, carta e vecchi mobili. Questo non “conta” perché, come spiega l’agenzia internazionale dell’energia, «bruciare combustibili fossili rilascia carbonio che è stato rinchiuso nel terreno da milioni di anni mentre bruciando biomasse si emette carbonio che fa parte del ciclo biogenico del carbonio».

Le materie plastiche sono trattate come combustibili fossili che hanno richiesto un breve viaggio prima di diventare un “oggetto”. Il rapporto Zero Waste Europe suggerisce che l’aumento dei termovalorizzatori sta facendo sembrare i paesi europei più “puliti” rispetto alla realtà, in quanto stanno giocherellando con i numeri: «Numerosi paesi dell’Ue non hanno segnalato alcun dato sulle emissioni dei termovalorizzatori (Austria, Francia, Germania, Lituania, Paesi Bassi, Polonia e Slovacchia) o hanno riportato solo la parte fossile delle emissioni (Portogallo e Regno Unito). Quindi, mentre le emissioni di metano dalle discariche stanno diminuendo, le emissioni complessive dei gas serra non sono in riduzione». Tutti i rapporti portano a concludere che i termovalorizzatori non sono così “verdi” come si raccontava un tempo e anche per i danesi è giunto il momento di riciclare piuttosto che bruciare ogni rifiuto. Ma nonostante ciò un nuovo rapporto di ReportLinker prevede che il mercato dei termovalorizzatori continuerà ad espandersi, in particolare negli Stati Uniti e in Cina.

Il futuro delle falde acquifere

Secondo un nuovo studio pubblicato su Science, che ha valutato i dati di quasi 39 milioni di pozzi acquiferi di tutto il mondo, risulta che ben il 20 per cento dei pozzi di acque sotterranee sono a rischio esaurimento. Ciò evidenzia una minaccia imminente per l’approvvigionamento di acqua potabile per miliardi di persone e per l’irrigazione.

Le acque sotterranee sono la principale fonte d’acqua per quasi la metà della popolazione del pianeta; tuttavia, l’aumento della domanda e una generale mancanza di gestione adeguata ha portato al continuo esaurimento di molte delle principali falde acquifere in tutto il mondo. Fino ad oggi non era mai stato fatto un censimento a livello planetario.

Centrali a gas davvero pulite

Negli Stati Uniti è in costruzione un nuovo tipo di centrale elettrica a gas che non aggiunge gas a effetto serra all’atmosfera. Il progetto è di Net Power, la quale sostiene che le emissioni di anidride carbonica prodotte dalla combustione del gas saranno catturate e seppellite in profondità nel sottosuolo. La tecnologia che verrà messa in atto utilizza un nuovo tipo di turbina per bruciare gas naturale in un ambiente ricco di ossigeno, piuttosto che nell’aria. In tal modo si producono anidride carbonica e acqua (come sottoprodotti), con l’acqua che può essere congelata ed estratta dalla miscela, mentre la Co₂ può essere sepolta in pozzi di petrolio e gas esauriti o strutture geologiche simili. L’ossigeno richiesto viene assicurato separandolo dall’aria, un processo che ha bisogno di energia, ma Net Power afferma che la sua turbina è così innovativa che, a conti fatti, l’efficienza complessiva del sistema corrisponde a quella di una centrale elettrica a gas naturale che rilascia le emissioni in atmosfera.

Un altro aspetto positivo dell’utilizzo dell’ossigeno è che le centrali elettriche non producono neppure emissioni di azoto che causerebbe inquinamento atmosferico locale. La startup ha costruito un impianto pilota funzionante in Texas nel 2018: è in grado di generare circa 25 megawatt di potenza. Ora si è passati alla costruzione di impianti nell’Illinois e nel Colorado e saranno le prime unità su scala commerciale. Ogni impianto sarà in grado di generare 280 mw di elettricità. L’impianto del Colorado dovrebbe anche utilizzare il raffreddamento ad aria, che secondo Net Power ridurrà a zero la quantità di acqua necessaria. La centrale elettrica dell’Illinois inietterà le sue emissioni in un pozzo di CO₂ già esistente, che attualmente seppellisce le emissioni di un impianto di produzione di etanolo. La centrale del Colorado non ha deciso dove seppellire le proprie emissioni, ma 8 Rivers afferma che il sito della centrale è vicino a un gasdotto di CO₂ e che potrebbe essere immessa al suo interno. Gli ambientalisti sono comunque preoccupati per l’uso continuato del gas naturale che in ogni caso richiede produzione e trasporto che creano inquinamento

L’inquinamento acustico e l’arte

L’inquinamento acustico danneggia la nostra salute e questo è noto da tempo. Ma danneggia anche monumenti del passato che sono patrimonio importante dell’Italia. Spiega Massimo Materassi, fisico dell’Istituto dei sistemi complessi (Isc) del Cnra alla rivista scientifica Almanacco del Cmr: «È indispensabile proteggere i beni culturali e architettonici sia dalle sollecitazioni meccaniche dei fattori antropici sia dagli eventi naturali eccezionali. E per capire l’effetto di una sollecitazione meccanica (che va dallo scuotimento fino all’impatto di un’onda sonora) su un bene architettonico occorre descrivere la sollecitazione e le caratteristiche del monumento stesso. Celebre è il caso del ponte crollato perché messo in vibrazione fatale dal passaggio di un certo numero di persone che ritmicamente marciavano sincronizzate, e che invece era rimasto indenne al passaggio di folle maggiori che si muovevano però disordinatamente».

Quel caso fece ben capire che è molto importante sapere qual è la frequenza di una vibrazione che danneggia un manufatto (la quale può cambiare con il tempo). In altre parole sono le vibrazioni più o meno intense ad avere effetti devastanti o meno su una costruzione moderna o antica che sia.

«Tutti sanno quel che succede su un vecchio bus quando si ferma a un semaforo – prosegue Materassi – all’improvviso comincia a vibrare rumorosamente (sembra che vada a pezzi), poi il motore riprende giri, il bus riparte e cessano rumore assordante e vibrazioni. La fisica ci spiega che la struttura del bus è un aggregato di parti materiali che, montate insieme ha una particolare frequenza di risonanza».

L’esempio delle frequenze delle vibrazioni, più vicine o più lontane dalla frequenza di risonanza, vale anche per i monumenti. «A parità di intensità, esistono sollecitazioni capaci di danneggiare seriamente un monumento e altre che non gli fanno niente».

Una cosa che si può fare, e che costituisce fra l’altro il tipo di monitoraggio che il Cnr-Isc e l’Ingv metteranno in atto al parco archeologico del Colosseo appena possibile, è analizzare l’effetto del rumore sismico in termini di vibrazioni quotidiane del monumento stesso.

Questo verrà realizzato mettendo dei sismografi (strumenti che raccolgono le vibrazioni del suolo o di un manufatto) che registrano le vibrazioni cui sono sottoposti i manufatti, mentre altri strumenti misureranno le conseguenze su questi ultimi. Si potrà così capire se la probabilità che il monumento collassi stia crescendo o diminuendo col tempo in base alle vibrazioni acustiche cui è sottoposto e si potranno quindi predisporre le conseguenti azioni di protezione e mitigazione».

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