Una operazione riuscita o un inaccettabile sfregio delle istituzioni? Tre attivisti di Ultima generazione sono a processo per l’azione dimostrative del 2 gennaio, quando hanno sporcato di vernice arancione i portoni del Senato (chiuso in quel momento).

Dopo l’editoriale di Stefano Feltri a loro difesa, molti lettori hanno reagito per dire la loro. Ecco un paio di interventi, con replica. 


L’azione degli ambientalisti è ecoterrorismo

Marco Mandelli, Anzio

Leggo sulla prima pagina di Domani del 3 gennaio 2023, in merito agli attivisti di Ultima generazione che hanno imbrattato il portone del Senato della Repubblica, l’articolo ”In difesa degli attivisti. Hanno ragione loro a sporcare la superficie dell’indifferenza”.

Premetto che da più di 20 anni mi interesso di energie rinnovabili, ambiente, rifiuti, anche (per 15 anni) attraverso una impresa individuale denominata Promoambiente.

Quindi bene fanno le ultime generazioni ad attirare l’attenzione delle pubbliche opinioni sul tema della catastrofe climatica.

Ma non concordo assolutamente sulle modalità. Bloccare il Grande raccordo anulare di Roma produce solo una immane incazzatura da parte degli automobilisti (mi stupisco che qualcuno di loro non abbia ancora menato gli attivisti).

Stesso discorso per l’imbrattamento dei quadri famosi nei musei. Peggio mi sento per l’imbrattamento della facciata del Senato. Questo si chiama ecoterrorismo e mi assumo la responsabilità della parola.

Vogliono attirare l’attenzione? Allora vadano in cima al Colosseo, in cima alla basilica di San Pietro, in cima al grattacielo più alto di Milano, minacciando di buttarsi di sotto. Fanno sicuramente meno danni e forse attirano di più la pubblica opinione.


Il partito ambientalista e l’elettorato consumista

Giovanni Licciardi

Il direttore Stefano Feltri ha scritto il suo editoriale sull’azione degli attivisti al Senato con una certa retorica dovuta all’inesperienza politica-amministrativa.

È chiaro che l’attuale governo avrebbe condannato e approfittato della performance degli attivisti per perseguire meglio la loro agenda.

Il direttore nel suo articolo non ha fatto cenno del fatto che la risoluzione parziale del problema ecologico necessita di un drastica riduzione dei consumi, personali e collettivi, cosa che nessun governo al mondo in questo momento ha come obiettivo, perché diminuirebbe il flusso delle entrate fiscali. Un partito ambientalista poi ha senso con un elettorato votato al consumismo?

Io da dieci anni anni ho rinunciato ad acquistare quel che non è strettamente necessario e non vado in vacanza, e questo non mi pesa, perché potrei permettermelo, ho il denaro per farlo, ma non voglio alimentare l’economia che ritengo deleteria nel futuro breve e lungo.

Ovviamente non possiedo auto e televisore, non utilizzo i social media, e i libri li leggo grazie alla biblioteca pubblica. Faccio male?


Risponde Stefano Feltri: Le lettere di questi due lettori sono indicative di un certo modo di pensare la questione ambientale, che gli attivisti di questa nuova fase, come quelli di Ultima generazione, vogliono cambiare.

Parto dal secondo punto: a differenza degli ambientalisti “classici” in Italia e di una certa sinistra, le nuove forme di partecipazione ambientalista non basano il loro messaggio sui consumi individuali e gli stili di vita.

Non chiedono o promettono decrescite felici e neppure ritiri dal consumismo in campagna a produrre miele, quelli erano gli hyppy, che poi si sono quasi tutti riconvertiti in fervidi sostenitori della cultura che criticavano.

Ultima generazione, i Fridays e gli altri vogliono politiche pubbliche coerenti con l’urgenza delle questioni che sollevano: serve a poco prendere i libri in biblioteca se poi riaprono le centrali a carbone.

Vengo al secondo punto: io trovo particolarmente efficaci azioni come quella dell’altro giorno, e lo sono proprio per le reazioni che provocano.

Anche chi si indigna, come il nostro lettore, finisce per abbracciare la premessa della protesta: cioè che è inaccettabile restare indifferenti di fronte alla devastazione del mondo che abbiamo ereditato.

La differenza è che la “devastazione” degli attivisti è puramente simbolica e lavabile con acqua, mentre la devastazione alla quale acconsentono, con la loro passività, i critici indignati è irreversibile e strutturale.

Se merita un processo per direttissima sporcare un portone di un palazzo vuoto, quale giustizia sommaria dovrebbero legittimare le scelte energetiche che i nostri governi continuano a fare?

E a quanti anni di galera dovrebbe essere condannato chi ha scelto di legarci per decenni al gas e, in particolare, al gas di Vladimir Putin?

Proteste come queste fanno esplodere l’ipocrisia di una società che invoca il cambiamento soltanto quando è puramente cosmetico e non lo tollera quando implica variazioni reali nei rapporti di forza.

Le reazioni isteriche alla violenza simbolica degli attivisti mettono soltanto in evidenza la passività di fronte alla violenza reale perpetrata ogni giorno a danni delle più indifese delle vittime, cioè generazioni non ancora nate (ma i danni si avvertono fin d’ora).

Nella sfida epocale per fermare la crisi climatica, il ruolo di Ultima generazione non è elaborare politiche o approvarle, ma far percepire l’urgenza della questione. E direi che ci stanno riuscendo. 

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