Vivere in emergenza. Sembra questo il ritornello che risuona nel nostro paese quando si parla di eventi estremi, come possono essere la siccità che sta imperversando al nord, ormai da un paio d’anni.

Mentre si attende un commissario speciale (che ancora non c’è) e la cabina di regia che dovrebbe gestire circa otto miliardi di euro per arginare l’emergenza (quattro dovrebbero arrivare dal Pnrr), c’è chi già da anni ha avviato pratiche e soluzioni per una gestione dell’acqua intelligente, o per dirla con una parola spesso abusata, “sostenibile”.

Parlano i numeri

Quello della crisi idrica non è un fulmine a ciel sereno: gli scenari climatici mostrano in maniera piuttosto precisa come la somma delle anomalie climatiche, come possono essere la riduzione delle precipitazioni e l’aumento delle temperature medie, possano portare ad una rapida diminuzione della riserva idrica disponibile.

E i numeri sono piuttosto eloquenti: secondo l’ultimo bollettino sulle riserve idriche dell’area alpina e prealpina realizzato da Arpa Lombardia, a fine febbraio di quest’anno eravamo di fronte ad un deficit del 55,9 per cento, mentre il manto nevoso è oltre il 60 per cento in meno rispetto agli anni 2006-2020. Le banche dell’acqua sono in default.

Il Canale emiliano romagnolo

Che fare dunque, quali sono le soluzioni a lungo termine? «Il consorzio di bonifica del Canale emiliano romagnolo (Cer) è stato lungimirante in questo senso», spiega Raffaella Zucaro, direttrice generale del Cer. Oggi gestisce e coordina gran parte delle soluzioni messe in campo per arginare l’emergenza.

«Da oltre settant’anni abbiamo un laboratorio, l’Acqua campus, dove raccogliamo dati sulle risorse naturali per sviluppare soluzioni di adattamento al cambiamento climatico». Soluzioni che sono sfruttabili dall’agricoltore per il risparmio idrico – con l’irrigazione di precisione e a goccia ad esempio – dall’industria e dal settore civile.

Il Cer è una delle più importanti opere idrauliche italiane e interessa un territorio con una superficie di circa 250mila ettari di superficie agraria. Di questi, 58mila sono attualmente irrigabili con opere di distribuzione canalizzate. Qui sorge anche il distretto ortofrutticolo romagnolo, cuore della produzione di frutta e verdura del paese. «La nostra acqua genera produzioni agricole per un valore di 300 milioni anno», spiega Zucaro.

Irrigare con l’app

Il consorzio ad esempio ha a disposizione la piattaforma Irriframe, gestita dal Cer e di proprietà dell’Associazione nazionale consorzio di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi), creata come supporto alle decisioni che gli agricoltori devono prendere al momento delle irrigazioni, consentendo in questo modo di risparmiare acqua e consigliando a quest’ultimi quando e quanto irrigare.

Si raccolgono così tutti i dati ambientali come la temperatura, il volume di precipitazioni, l’umidità del suolo, ovvero le variabili che determinano il fabbisogno irriguo: «il sistema elabora un bilancio idrico che consente di stimare il fabbisogno della pianta», continua Zucaro. «In Acqua campus abbiamo sviluppato dei modelli di bilancio idrico che ci consento di stimare a livello territoriale il fabbisogno delle colture».

Il punto è proprio questo: raccogliere quanti più dati possibili di tutte le variabili disponibili, per avere una precisa fotografia del momento, così da gestire in maniera più efficiente ed efficace l’acqua, con decisioni che vengono prese su una solida base scientifica. «Non possiamo dire quanto pioverà quest’estate, ma possiamo raccogliere tutti i dati per monitorare la situazione e trovarci preparati».

Investire nella ricerca

È quella che viene definita come agricoltura di precisione o “agricoltura 4.0”. In questo caso la tecnologia e l’analisi dei dati si affianca a pratiche agricole di nuova generazione, troppo spesso prese come esempio da altre nazioni che paiono essere più lungimiranti in tal senso.

In quest’area esistono tutta una serie di sistemi, come le paratoie telecontrollate che rilasciano l’acqua solo quando è necessario, che aiutano ad avere una distribuzione dell’acqua più efficiente. Con l’uso dei droni, che incrociano i rilievi con i dati satellitari, è possibile conoscere quanta acqua ha bisogno un singolo appezzamento, filare per filare.

Ma se l’acqua non c’è? «Stiamo implementando tutte le soluzioni oggi disponibili per contrastare questo scenario», dice Zucaro. «Monitorando le risorse facciamo tutto quello che è possibile per evitare situazioni critiche».

Ma per arrivare a questi risultati è necessario investire nella ricerca, a medio e lungo termine. «Oggi stiamo beneficiando di progetti iniziati dieci anni fa, perché per le innovazioni c’è bisogno di tempo», conclude la direttrice.

Oltre l’emergenza

L’emergenza non si ha solo quando manca l’acqua, ma anche quando ne piove troppa in poco tempo, scatenando così alluvioni e inondazioni.

Di fronte a cambiamenti così strutturali e ad un territorio come quello italiano a forte rischio idrogeologico, continuare a lavorare in emergenza serve solo a sprecare tempo prezioso e dilapidare risorse pubbliche che potrebbero essere investite altrove per ridurre il rischio.

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