Quali sono i casi dimenticati di ingiustizia e disuguaglianze nel mercato del lavoro? Abbiamo chiesto ai nostri abbonati di scegliere tre inchieste fra le nove proposte che avevamo ricevuto dai giornalisti freelance nelle scorse settimane. Dopo la votazione durante una diretta Facebook e sul sito, adesso è il momento di sostenere i progetti. Per raggiungere l’obiettivo abbiamo bisogno di 2.000 euro: partecipa con un’offerta libera a partire da 5 euro. Per ogni euro versato, noi ne aggiungiamo uno fino al raggiungimento dell’obiettivo. Se versi dai 250 euro in su, hai un abbonamento digitale a Domani in omaggio. Sarà possibile finanziare questi progetti fino al 31 luglio.

Di seguito, tutte le informazioni sulle tre inchieste da sostenere.

I beni culturali generano lavoro povero

di Benedetta Aledda e Laura Pasotti

Perché nei servizi museali e bibliotecari non si assume sufficiente personale pubblico, garantendo parità contrattuale a chi svolge le stesse mansioni? Sono legali i contratti a 4 euro l’ora? E a 7 euro? In che modo la pandemia ha accelerato certe dinamiche interne al settore, come ad esempio la meccanizzazione delle biglietterie?

A Forlì un gruppo di lavoratori di un museo comunale ha rischiato di veder cambiare il proprio contratto in un cambio d’appalto, con una notevole perdita salariale; la società subentrante voleva introdurre il CCNL servizi fiduciari (di solito usato dalle imprese di vigilanza), al posto di quello multiservizi fino ad allora applicato, con un abbassamento della paga da 7 a 4 euro l’ora. Con l’intervento sindacale, la modifica è stata scongiurata per tutti i nove dipendenti assunti dalla società subentrante, ma non per i lavoratori che dovessero essere assunti in futuro. A farlo notare sono stati gli stessi lavoratori, rifiutando i toni trionfalistici con cui la stampa locale ha salutato il risultato. Questa vicenda mette in luce gli effetti dell’impiego di forza-lavoro dipendente da ditte esterne nel settore culturale pubblico (musei, biblioteche).

La questione non riguarda solo Forlì e non riguarda solo i musei. Sin dagli anni Novanta lo Stato sembra aver disinvestito sul settore culturale, senza riconoscere alcune nuove figure professionali e contribuendo a creare lavoro povero, sottoretribuito e dequalificato. Insieme ad alcuni lavoratori, rappresentanti sindacali e delle istituzioni locali vorremmo ricostruire la vicenda dei lavoratori del museo di Forlì e con gli attivisti del gruppo “Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali” collocarla nel panorama nazionale del settore.

Budget richiesto per la realizzazione dell'inchiesta: 750 euro.


La sanatoria delle ingiustizie

di Isabella De Silvestro e Laura Loguercio

Nel maggio 2020, mentre il Paese affrontava la crisi legata alla pandemia di nuovo coronavirus, il governo Conte II approvava una sanatoria per regolarizzare fino a 200mila lavoratori senza documenti tra colf, badanti e braccianti agricoli. La misura avrebbe dovuto aiutare migliaia di immigrati a uscire dalla zona grigia della clandestinità e del lavoro nero, ma a più di un anno di distanza solo il 14 per cento delle domande sono state elaborate.

La sanatoria ha infatti aperto la strada a un giro illecito di truffatori che, a fronte di un pagamento ben superiore ai 500 euro previsti dallo Stato, si fingono datori di lavoro disposti a regolarizzare finti dipendenti che cadono così nelle maglie della criminalità organizzata. Nel maggio 2020, mentre il Paese affrontava la crisi legata alla pandemia di nuovo coronavirus, il governo Conte II approvava una sanatoria per regolarizzare fino a 200 mila lavoratori senza documenti tra colf, badanti e braccianti agricoli.

La misura avrebbe dovuto aiutare migliaia di immigrati a uscire dalla zona grigia della clandestinità e del lavoro nero, ma a più di un anno di distanza solo il 14 per cento delle domande sono state elaborate. Il restante 86 per cento rimane in attesa, in balia dei tempi della burocrazia statale e di datori di lavoro che spesso abusano della loro posizione per abbassare ulteriormente salari già minimi o portare avanti veri e propri ricatti. Solo a Milano, i lavoratori che hanno inviato una richiesta sono più di 25 mila, ma, ad oggi, soltanto 535 hanno ricevuto una convocazione. Tra chi ancora attende una risposta c’è Carmen, colf peruviana senza documenti arrivata in Italia nel 2017. Da anni Carmen intrattiene un rapporto di lavoro informale con una famiglia italiana che la impegna per venti ore settimanali, sufficienti a richiedere la regolarizzazione. Le pratiche sono così state avviate nell’estate 2020 ma nulla di ciò che è accaduto da allora è andato a beneficio della lavoratrice.

Secondo quanto prevede la norma, il datore di lavoro disposto a portare avanti le pratiche è tenuto a pagare 500 euro di “contributo forfettario” per avviare le procedure di regolarizzazione del lavoratore. Tuttavia, in molti casi – come anche in quello di Carmen – questa cifra viene detratta dal salario del lavoratore stesso, così come i numerosi contributi previsti da un contratto di lavoro dipendente. La paga oraria di Carmen è così passata da sette a cinque euro all’ora, e straordinari, ferie e malattie non le vengono retribuiti in modo che il datore di lavoro possa recuperare i costi della regolarizzazione.

Se quindi la sanatoria prometteva di migliorare le condizioni di questi lavoratori, in realtà il prezzo da pagare è spesso più alto del beneficio ricevuto.


Budget richiesto per la realizzazione dell'inchiesta: 500 euro / in formato podcast: 1000 euro.


Garanzia di sfruttamento per i giovani

di Charlotte Matteini

Garanzia Giovani è l'iniziativa europea che mira a inserire nel mondo del lavoro i cosiddetti Neet tra i 15 e i 29 anni. Ai tirocini per il reinserimento lavorativo dedicati agli over 30, disoccupati e iscritti alle liste di mobilità.
In entrambi i casi, monitorando gli annunci che le aziende di tutta Italia pubblicano sui vari portali dedicati , è evidente come questi strumenti siano spesso utilizzati per assumere dei dipendenti a costo praticamente nullo, anzi scaricando parte del costo dell'indennità sulle spalle delle istituzioni pubbliche che contribuiscono a pagare parte del rimborso spese del tirocinante assunto dalle aziende. 

Budget richiesto per la realizzazione dell'inchiesta: 150 euro/ 250 euro in formato video

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