Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo ampi stralci dell’ordinanza del 18 marzo 1995, “Azzi+25” di Guido Salvini, il giudice che a Milano provò, a più di vent’anni di distanza dai fatti avvenuti, a far condannare responsabili e complici di una stagione di sangue


A questo punto si inserisce la singolare vicenda di cui è stato vittima e protagonista il dr. Alberto Pattini. Pattini, simpatizzante di An. a Trento negli anni ’70 ed attualmente stimato professionista della città, è stato sentito in qualità di testimone sopratutto al fine di tentare di individuare, grazie ai suoi eventuali ricordi, l’identità di Avorio e di Avana e di verificare l’attendibilità delle notizie fornite all’epoca dalle due fonti.

Il testimone, pur non risultando apparentemente in grado di fornire all’Ufficio elementi per l’identificazione di tali due soggetti e negando inoltre di essere lui stesso uno dei due giovani in contatto con il S.I.D., ha comunque fornito, pur fra molte reticenze, lacune notizie di un certo interesse. Ha infatti ricordato di avere partecipato anch’egli ad una sorta di “campeggio” in località Maranza nell’aprile 1971 (e cioè qualche mese dopo l’addestramento organizzato da De Eccher), ha confermato l’amicizia di De Eccher con Franco Freda, ha confermato i rapporti fra De Eccher e i fratelli Cecchin ed ha cripticamente affermato di aver saputo dai fratelli Cecchin che il colonnello Santoro “era uno che poteva dare una mano” (cfr. deposiz., 2.9.1992). Ha poi indirettamente confermato che era avvenuto l’“addestramento” del gennaio 1971 con la presenza di camerati padovani (cfr. deposiz. 22.1.1993).

Poco tempo dopo la prima testimonianza, pur tenuta rigorosamente segreta da quest’ufficio, Alberto Pattini iniziava a ricevere una serie di lettere a contenuto intimidatorio ed estorsivo.

In una prima lettera, pervenuta al testimone nel dicembre 1992, (vedi vol. 12, fasc. 2, f. 44) compare, impressa sulla copia di un atto giudiziario di notificazione la falsa sigla Servizio Informazioni Difesa (e cioè il S.I.D.) e segue l’elenco di una lunga serie di attentati ed anche campi di addestramento avvenuti a Trento all’inizio degli anni ’70 come se tale struttura e tali avvenimenti fossero certamente collegati.

Allegato a tale foglio vi è un bigliettino con il quale si invita chiaramente Pattini a non testimoniare, avvertendolo che quale conseguenza di ulteriori testimonianze avrebbe potuto essere reso noto alla magistratura anche il suo coinvolgimento in alcuni di quei fatti.

Nel bigliettino si avanza al Pattini anche la richiesta di una ingente somma di denaro (la famiglia di Pattini è benestante e da molto tempo proprietaria di una nota farmacia nel centro di Trento) ma lo stesso Pattini, nel presentare la denunzia per tentativo di estorsione alla Digos di Trento, ha dimostrato di essersi reso conto che intenzione di chi lo stava intimidendo era più farlo tacere su episodi di cui egli poteva essere a conoscenza che estorcergli denaro (cfr. denunzia Pattini vol.2, fasc.12, f.38).

Il 13 gennaio 1993 Alberto Pattini riceveva un messaggio ancora più inquietante.

Infatti nella lettera che veniva recapitata presso la sua farmacia, oltre ad un altro bigliettino con minacce, era contenuto un detonatore del tipo normalmente usato per attivare congegni esplosivi (vedi f.28). Gli ignoti autori della minaccia aggiungevano “questo ti farà riflettere, su quelli conservati ci sono le impronte”.

Evidente era il riferimento alla possibilità che gli ex militanti di An., un tempo vicini al Pattini, conservassero ancora vecchi detonatori (quali quelli nascosti, secondo la fonte Avorio dai fratelli Cecchin in una forra) maneggiati un tempo dal testimone e sui quali potevano essere ancora rilevabili le sue impronte, circostanza questa tecnicamente improbabile ma carica di una notevole capacità intimidatoria.

Singolare è l’analogia fra la presunta detenzione da parte di ex militanti di An. di Trento di vecchi detonatori occultati da qualche parte con la detenzione da parte di Cristano De Eccher dei timers di Piazza Fontana che sarebbero stati occultati murati dallo stesso nella sua villa.

Nonostante le indagini condotte dalla Digos e dall’A.G. di Trento, gli autori dell’intimidazione nei confronti del testimone non sono stati scoperti e Pattini, come prevedibile, dopo tali minacce si è chiuso a riccio, non consentendo di acquisire ulteriori elementi sull’ambiente trentino di An. ed i suoi rapporti con i Servizi Segreti.

Tale "chiusura" è purtroppo avvenuta benché il testimone sapesse certamente assai di più. Egli infatti aveva effettivamente partecipato a vari campi di addestramento anche in qualità di istruttore ed era stato in realtà ben inserito nel gruppo di An. di Trento come in seguito è risultato dal rapporto della Digos di Trento in data 8.2.1993, pur basato su notizie confidenziali raccolte nell’ambiente di destra della città (cfr. vol.27, fasc.1, f.11 ss.).

Da quanto è stato possibile acquisire ne esce tuttavia confermata la familiarità del gruppo ruotante intorno a De Eccher con gli esplosivi ed i congegni che servono per attivarli, a riscontro seppur indiretto delle dichiarazioni di Sergio Calore,e l’esistenza di un gruppo di persone tuttora operante, interessato a mantenere e a far mantenere il silenzio su quanto avvenuto a Trento negli anni della strategia della tensione e sul ruolo svolto dai militanti di estrema destra di quella citt.

Ma la sorpresa più grande, che corrobora il racconto di Vinciguerra in merito ai rapporti Santoro/De Eccher è giunta dall’esame del fascicolo dell’attivista trentino acquisito presso l’archivio del SISMI di Forte Braschi e risalente agli anni 70’ e cioè ai tempi del vecchio S.I.D.

In tale fascicolo è contenuta una copia degli atti relativi alla perquisizione disposta dal G.I. dai Milano dr. D'Ambrosio nell’abitazione di De Eccher ed eseguita il 20.3.1973 nel suo appartamento di Trento. Tale perquisizione, unitamente all’altra eseguita nell’abitazione di Mario RICCI il giorno successivo, era stata ordinata nell’ambito dell’istruttoria relativa alla strage di Piazza Fontana ed era apparsa opportuna alla luce dei rapporti che erano emersi fra De Eccher ed il gruppo di Padova.

L’atto investigativo, materialmente eseguito in via Cesare Abba al nr. 6 da personale del Nucleo Carabinieri di Trento aveva portato al sequestro di 78 pile elettriche di varie marche oltre a materiale di propaganda riguardante la campagna per la liberazione di Franco Freda (vedi vol.12, fasc.1). La presenza di un numero così elevato di pile elettriche aveva evidentemente attirato l’attenzione degli operanti in quanto si tratta di oggetti normalmente non presenti in numero così elevato in un’abitazione privata ed invece normalmente e necessariamente usati per il confezionamento di ordigni esplosivi ad orologeria.

Graffato a tali atti veniva acquisito da quest’ufficio un foglietto per appunti con l’intestazione del S.I.D., siglato dall’allora segretario del reparto D Col. Antonio Viezzer il quale su tale foglietto aveva appuntato a mano una comunicazione che evidentemente aveva ricevuto subito dopo la perquisizione in casa De Eccher.

Il testo di tale appunto [...], merita di essere riportato integralmente: ”Servizio Informazioni della Difesa - Reparto ‘D’ - Il Segretario Da Pignatelli- Ieri i Carabinieri hanno effettuato una perquisizione nell’abitazione di Cristano De Eccher - quadro pista nera - rinvenendo 40 pile elettriche , parte cariche - De Eccher ha detto che è un hobby; sua madre invece : per far giocare i figli del T.Col. Santoro - Viezzer”.

Prima di esporre l’unico possibile significato di tale singolare appunto, vale la pena di riportare anche la spiegazione che ha dato il col. Viezzer, sentito in data 22.9.1992:

“Innanzitutto confermo che l’appunto è stato manoscritto da me, ma sotto dettatura del col. Pignatelli, che era Capo Centro di Verona, nel cui territorio si trovava il Sotto Centro di Trento. Vedendo l’appunto lo ricordo bene. Questo appunto, scritto su carta intestata del mio ufficio, lo ricordo bene, in quanto lo presi sotto dettatura telefonica di Pignatelli. Questi cercava Maletti che non c’era e allora mi chiese di scrivere e di passare l’appunto a Maletti. Infatti, sulla sinistra, si intravvede una ‘M’ che è la sigla di Maletti. Non sono in grado di dare nessuna spiegazione poichè io ebbi solo l’incarico di prendere l’appunto e consegnarlo a Maletti”.

In sostanza, nell’immediatezza della perquisizione, il col. Pignatelli, responsabile del C.S. di Verona, si era premurato di informare telefonicamente il generale Maletti, tramite il segretario del reparto D, dell’esito della stessa, anche se aveva fornito un dato parzialmente erroneo in quanto le pile elettriche rinvenute non erano 40 ma in realtà oltre 70.

Già è strano che notizie relative alla perquisizione siano state fornite subito dai Carabinieri di Trento (il col. Santoro era stato trasferito da qualche tempo a Milano) al Centro C.S. di Verona e che il col. Pignatelli si sia sentito in dovere di informare urgentemente e per via telefonica il Capo del reparto D e cioè il numero due del S.I.D. in un caso apparentemente non eclatante in quanto non erano state sequestrate nè armi né esplosivi. Ma quale è il significato dell’appunto e sopratutto delle frasi di Cristano De Eccher e di sua madre che vi sono testualmente riportate?

Il senso dell’osservazioni di Cristano De Eccher è facilmente comprensibile e si inquadra in una versione difensiva: Le pile elettriche erano custodite in casa per hobby e non per preparare attentati. Sin qui, niente di strano anche se non si comprende la necessità di riferire tale assunto difensivo personalmente al gen. Maletti.

Ma perché la madre di De Eccher - che dal verbale risulta effettivamente presente alla perquisizione – ha voluto in modo sibillino comunicare agli operanti che le pile servivano “per far giocare i figli del t.col. Santoro”?

La frase, che sembra un messaggio, può avere due spiegazioni: una letterale ed una logica. La spiegazione letterale è intrinsecamente priva di senso. Il col. Santoro si era allontanato da Trento da alcuni mesi, “non aveva figli” ma un unico figlio di sei anni (vedi vol. 12, fasc. 1, f. 2) e non si comprende perché e come un bambino di soli sei anni dovesse giocare ed interessarsi di pile elettriche con un giovanotto che non era nemmeno suo parente.

Il significato logico della frase è invece ben chiaro e consente di comprendere il messaggio lanciato, al momento della perquisizione, ai Carabinieri operanti. I "figli" del col. Santoro erano Cristano De Eccher e gli altri militanti di destra di Trento da sempre protetti da tale Ufficiale. Le pile servivano loro per "giocare" cioè compiere indisturbati le loro attività eversive, attentati compresi.

In sostanza la signora De Eccher aveva lanciato ai Carabinieri presenti un messaggio, ben consapevole che tale messaggio sarebbe arrivato sino ai più alti gradi: Non bisognava mostrare troppo zelo nell’eseguire gli atti investigativi richiesti dai Giudici di Milano perchè Cristano De Eccher ed i suoi camerati non erano nemici o soggetti da inquisire ma amici, protetti da sempre da un alto ufficiale dei Carabinieri nelle loro attività eversive. L’ignara pattuglia dei Carabinieri di Trento non sapeva evidentemente che essi in pratica stavano perquisendo se stessi.

Si spiega allora la premura con cui il messaggio, riferito dagli operanti è giunto rapidamente sino alle più alte sfere del reparto D del S.I.D.

E’ del tutto ragionevole peraltro che nel marzo del 1973 il generale Maletti si interessasse della sorte di De Eccher e potesse nutrire preoccupazioni in proposito.

Proprio poche settimane prima, nel gennaio del 1973, egli aveva infatti sottratto un altro componente del gruppo veneto, Marco Pozzan, alle ricerche dei giudici di Milano, facendolo “esfiltrare”, dopo una permanenza nell’ufficio coperto del S.I.D. di via Sicilia a Roma, in Spagna con documenti falsi. Se De Eccher, come pare ormai certo, ancora deteneva in quel periodo parte dei timers utilizzati per gli attentati del 12.12.1969, la perquisizione ordinata dal giudice D'Ambrosio avrebbe potuto consentirne il ritrovamento con conseguenze catastrofiche per il gruppo di Padova e per coloro che all’interno del Servizio avevano offerto loro copertura.

Purtroppo l’atto investigativo non era stato esteso al castello di Calavino di proprietà della famiglia De Eccher, ove probabilmente i timers erano occultati e l’unico esito della perquisizione nell’appartamento di Trento era stato appunto il sequestro delle pile. Dall’appunto del col. Viezzer fortuitamente ritrovato emerge comunque che Vincenzo Vinciguerra non si era sbagliato. Cristano De Eccher, il custode dei timers di Piazza Fontana e i suoi camerati della cellula trentina erano da molto tempo “coperti” dal Comando Carabinieri di Trento e molto probabilmente dal Centro C.S. di Verona che all’epoca disponeva di un sottocentro a Trento.

Per quali scopi e con quali modalità probabilmente non lo sapremo completamete mai, anche se certamente tale copertura si riferiva non solo alle attività locali del gruppo ma anche ai fatti del 12 dicembre e alla necessità di occultare la verità su tale operazione.

Il ruolo svolto da Cristano De Eccher merita un’ultima osservazione.

Carmine Dominici, importante elemento di An. a Reggio Calabria e uomo di fiducia del dirigente reggino dell’organizzazione, il marchese Felice ZERBI, nel corso dell’istruttoria ha deciso di raccontare, in una testimonianza densa di dettagli e di riferimenti, una parte del suo passato politico e le attività eversive che lo avevano visto protagonista a Reggio Calabria nella veste di coordinatore locale della struttura occulta di An..

La voce di Carmine Dominici è assai importante perchè è la prima volta che un esponente di An., di notevole levatura quantomeno sul piano operativo, si è deciso a raccontare almeno una parte delle attività eversive di tale organizzazione negli anni ’70.

Nella sua veste di uomo di fiducia del marchese Zerbi, Carmine Dominici si era recato più volte a Roma fra il 1974 e il 1975 per incontrare, in riunioni riservate, Stefano DELLE CHIAIE, già da tempo latitante, ed altri militanti operativi del gruppo (cfr. dep. 30.11.1992, ff. 2 - 3).

In una occasione, nel 1975 egli era stato inviato quale rappresentante di Reggio Calabria ad una riunione importante in cui il tema della discussione era il progetto di unificazione fra On e An. Tale riunione si era svolta a Pomezia nella villa di un personaggio apparentemente estraneo all’ambiente politico. Si tratta certamente della villa di Pomezia di Frank Coppola, che Vincenzo Vinciguerra ha indicato quale "alleato" all’epoca di An (cfr. int. Vinciguerra 2.12.1992 f.2).

All’incontro era presente fra gli altri Cristano De Eccher, un giovane che Dominici ha esattamente indicato come alto, biondo e distinto (dep. cit. f.3).

È così completamente smentita la versione di De Eccher secondo cui egli avrebbe completamente abbandonato l’attività politica all’inizio del 1973 (cfr. int. De Eccher 16.9.1992). Si conferma al contrario, in ragione del tema della riunione che Cristano De Eccher è stato per molto tempo un elemento di collegamento fra An. e On e del resto non a caso, secondo il racconto di Calore, proprio tramite De Eccher i timers residui sarebbero passati di mano e cioè usciti dalla disponibilità della cellula veneta e consegnati ad An.

Sopratutto si conferma che il giovane trentino era un personaggio per nulla secondario che tuttavia è riuscito sempre a tenersi ai margini delle indagini della Magistratura e il cui ruolo non è stato ancora messo nella giusta luce.

© Riproduzione riservata