«Ma perche protestare davanti al municipio, se possiamo entrarci?»: questa è la domanda che si è posto Karim durante un’occupazione del municipio di Erlangen. Karim Abu-Omar è un professore universitario alla Friedrich-Alexander-Universität Erlangen-Nürnberg, dove gestisce il dipartimento di Salute pubblica e Sport. Uno scienziato con un passato in sociologia, membro di Extinction Rebellion, movimento fondato sulla base di teorie scientifiche sul cambiamento sociale, oltre che climatico: si è unito al movimento ai suoi albori, due anni fa. Oggi mi accoglie nel suo studio (zeppo di trofei e libri) nel tipico outfit dell’attivista ribelle tedesco: una classica felpa nera con lo slogan, e il sorriso di chi riconosce un alleato a prima vista. Un sorriso che, nonostante la pacatezza con cui Karim affronta le mie domande, si allarga e non sa nascondere la soddisfazione quando mi racconta che tanti altri attivisti del movimento climatico si stavano ponendo la stessa domanda quel giorno. Infatti, poi hanno deciso di entrare. No, non è di occupazione che si tratta. Non sono entrati di forza sfondando le linee della polizia come quello sciamano seminudo a Washington. Gli attivisti stanno entrando nelle sedi di governo attraverso una lista elettorale: la Klimaliste.

La lista accoglie attivisti da tutti i background: Fridays for Future, Extinction Rebellion, Parents for Future, Scientists for Future e tutti gli altri spinoff del movimento climatico (in Germania in particolare ci sono anche gli Architetti per il Futuro e gli over-60 per il Futuro, tra gli altri). Una coalizione che ha saputo superare le baruffe e rivendicazioni sui metodi, le diverse definizione di non-violenza, sugli obbiettivi dei diversi movimenti, sulle ideologie, gli antifascismi, e i vari anticapitalismi. Si sono riuniti attorno ad un punto fisso: rispettare il limite degli 1,5 gradi di riscaldamento globale. Un obiettivo semplice, che ormai dagli Accordi di Parigi di cinque anni fa avrebbe dovuto essere contenuto in tutti i programmi elettorali. Esasperati dall’attesa di azioni concrete da parte della politica, i giovani attivisti hanno deciso di prendere in mano il proprio futuro.   

Concorrenza ai Verdi

La domanda è perché fondare un nuovo partito, quando in Germania esistono i Verdi, che quest’anno sono anche in rotta per il governo a Berlino. Parlando con Karim, un esponente del partito, apprendiamo che molti dei giovani che si sono uniti alla Klimaliste sono stati mossi dalla disillusione nei confronti della politica climatica dei Verdi. Una delle cause più lampanti è l’ecocidio avvenuto pochi mesi fa nella foresta di Danneröder, in Assia. La deforestazione in Assia, che ha visto i Verdi non contrapporsi in maniera troppo esplicita e finire per accomodare gli interessi della crescita economica e della lobby dell’auto piuttosto che la protesta dei giovani ambientalisti, ha spezzato il partito.

Tanti giovani hanno abbandonato la speranza che i Verdi potessero essere la voce delle nuove generazioni in parlamento. «È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso» dice Karim. Poche settimane dopo la deforestazione sono state presentate le candidature della Klimaliste in otto comuni della regione di Assia.  

Intanto nella regione del Baden-Württemberg, attualmente governata dai Verdi che sono riusciti all’ultima tornata elettorale a strapparla ai democristiani, il governatore Winfried Kretschmann, in piena campagna elettorale prima del voto regionale della prossima primavera ha accusa la Klimaliste di spaccare l’elettorato ecologista e rubare percentuali importanti ai Verdi. 

Il partito per il clima si è spaccato: due candidate della hanno infatti ritirato la propria candidatura sei settimane prima delle elezioni e hanno convinto anche la fondatrice della lista, la ventenne Sandra Overlack, a ritirarsi. Overlack spiega la propria motivazione in termini strategici: la sola presenza della Klimaliste aveva spinto tre degli partiti nella regione a dichiarare fedeltà all’obiettivo di non far crescere la temperatura di oltre un grado e mezzo. Dopo a questa presa di posizione, secondo Overlack, non c’era più alcuna ragione di esistere per la Klimaliste, essendo quell’obiettivo ciò che li distingueva dagli altri partiti. Rimarrebbe poi il rischio di sottrarre voti preziosi ai partiti progressisti. Per il momento alcuni candidati della lista rimangono in corsa, ma non è chiaro quale possa essere il loro destino nelle prossime settimane.

Superare a sinistra

La lista però ha già contribuito a radicalizzare il discorso pubblico sulla politica verde: ponendosi come “radicali del clima” hanno reso i Verdi i nuovi moderati, e i partiti che attingono allo stesso bacino elettorale sono stati costretti ad adattare la loro posizione di conseguenza. È uno dei pilastri della strategia dei movimenti ambientali, specialmente Extinction Rebellion: spostare la finestra di Overton, la gamma delle opinioni considerate accettabili, attraverso una proposta più radicale di qualsiasi opzione precedentemente presente nel discorso pubblico.

Questa mentalità pragmatica distingue la Klimaliste dagli ambientalisti che ancora protestano le istituzioni “da fuori”: gli altri attivisti credono nell’azione dal basso, nella politica grassroot, dal basso, e sono scettici riguardo all’azione delle istituzioni presenti. In breve, si tengono stretta la loro ideologia, e non scendono a compromessi. Oggi vedono la Klimaliste come un passo verso la svendita dell’ambiente in cambio dei voti, come hanno visto fare ai Verdi (che pure sono nati da un movimento di protesta).

Eppure non è tutto bianco o nero: c’è chi prende la Klimaliste come un’opportunità per dare una svolta attivistica alla politica. Karim non ha cambiato idea, nonostante l’apertura dei partiti progressisti sul limite al riscaldamento globale. Nella sua città, la Klimaliste ha ottenuto un’espansione delle piste ciclabili e l’installazione di pannelli solari per diversi edifici pubblici e supermercati. La mentalità pragmatica del partito è il loro punto di forza e Karim ha una visione chiara di come attuare la transizione ecologica a livello municipale.

Lui e i suoi colleghi sostengono che una politica climatica non adeguata alle singole realtà territoriali non può che causare controsensi e disastri come quello avvenuto nella foresta di Dannenröder. Invece, la struttura della Klimaliste, anche a livello nazionale, è orizzontale: «abbiamo mantenuto la configurazione anti-gerarchica dell’attivismo grassroot». È una grande famiglia di partiti climatici che raccoglie molte formazioni attive a livello locale e tre che si muovono a livello nazionale, e per ora tutti mantengono un alto livello di autonomia, inclusività nel processo decisionale e diffidenza verso la gerarchia. Tanto che la sezione berlinese della lista ha reinventato pure il nome, chiamandosi “Radicali del clima”. Come gestire in prospettiva questa gerarchia orizzontale a livello nazionale non è chiaro a nessuno, per il momento, ma la Klimaliste è determinata a mantenere il carattere grassroot del movimento.

Uno degli argomenti più discussi è capire come diventare un partito nazionale: il carattere peculiare della lista per ora non agevola una presa di posizione netta. Prima di diventare un partito nazionale sarà un anno pieno di assemblee plenarie per la Klimaliste. L’auspicio è di non incorrere nello stesso destino dei Verdi.

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