Mentre in Italia le posizioni dei partiti sull’Europa sono molto variabili (e sono cambiate molto speso anche nel tempo), in Germania, con l’eccezione di AfD, la consapevolezza che l’Europa abbia portato per lo più benessere e ricchezza è ben radicata
In Italia, l’Europa è un tema piuttosto sensibile. Sicuramente più di quanto lo sia in Germania, dove il sentiment pro Europa è sempre stato piuttosto diffuso. Anche perché, con l’eccezione di AfD, nessun partito è mai entrato in rotta di collisione con l’idea che un’Unione tra stati facesse l’interesse dei cittadini europei e tedeschi più di una Berlino che agisse in solitaria. In Italia, i partiti non esitano a indicare l’Europa (e la Germania, concepita spesso come motore occulto dietro le iniziative di Bruxelles) come matrigna ostile che non solo non viene incontro a Roma, ma fa di tutto per ostacolarla. In generale, se si fa l’eccezione del Pd e di alcuni altri partiti di centro e di estrema sinistra, tutti le altre formazioni tendono a percepire l’Unione europea come organismo altro, non come comunità più grande a cui appartenere.
È anche interessante osservare come anche le posizioni di questi partiti siano mutate negli anni: la Lega, per esempio, aveva un animo profondamente federalista negli anni Novanta e si sentiva più legata al continente che all’Italia. Oggi è tutto il contrario e Bruxelles viene spesso indicata come gigante burocratico che vieta, danneggia e in generale fa figli e figliastri. Anche Silvio Berlusconi ha avuto i suoi dissensi con l’Europa e con Berlino, ai tempi: oggi la sua Forza Italia è membro riconosciuto e stimato del Ppe e sicuramente la forza più europeista del governo di destra che è al potere. Stessa traiettoria per il Movimento 5 stelle: nel momento dei V-Day e del debutto rivoluzionario, le simpatie per Bruxelles erano contenute, per usare un eufemismo. Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, due figure di primo piano in quel periodo, erano andati a Strasburgo di persona per manifestare contro l’Europa insieme ai gilet gialli. Poi, in pandemia, Giuseppe Conte è tornato da un Consiglio europeo con in tasca 207 miliardi di euro del Pnrr (anche in questo caso, “ottenuti” da Bruxelles e da Angela Merkel, almeno nella narrazione del M5s) e l’approccio è cambiato ancora. Oggi i Cinque stelle, invece, sono di nuovo in polemica con le politiche di “riarmo” dell’Unione. Anche Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni ha avuto i suoi momenti di grande polemica con l’Ue, mentre oggi la premier si propone come elemento complementare ma non del tutto omogeneo all’Europa. Mediatrice con Trump per conto del continente, ma non membro della coalizione dei volenterosi, pronta a lottare per ottenere un posto da commissario per il suo Raffaele Fitto, ma timida a prendere posizione sull’aumento delle spese di difesa.
Nella popolazione, probabilmente a qualche livello questa narrazione, che continua dagli anni Novanta, ha fatto presa, e i sondaggi lo confermano. Nel 2022, il 45 per cento degli italiani ha un’immagine positiva dell’Unione europea, il 38 per cento neutra e solo l’8 per cento negativa (per i tedeschi le cifre erano 63 per cento, 24 per cento e 9 per cento). A marzo del ’25, l’eurobarometro rivelava che la maggior parte degli italiani pensa che appartenere all’Ue sia un bene, ma c’è un 31 per cento di cittadini che ritiene il contrario. Una percentuale che fa dell’Italia lo stato con il tasso più alto di euro-scontenti, pari solo a quello della Repubblica ceca.
Insomma, le posizioni della politica – e anche il modo in cui si affrontano le elezioni europee, spesso interpretate più come uno scontro interno che come una competizione continentale – e il racconto di certe dinamiche europee (una su tutte, il famoso “asse franco-tedesco” da cui gli italiani tendono a sentirsi esclusi) da parte della stampa creano un combinato disposto che, nonostante qualche timido miglioramento, tende ad allontanare dall’Europa gli italiani.
Tutte le città sono Europa
Di recente, il municipio di Marienplatz a Monaco si è illuminato di blu e ha esposto la bandiera dell’Europa. Ogni anno, il 9 maggio si celebra la Giornata dell’Europa, in segno di pace e unità nel continente. In tale occasione si ricorda l’anniversario della "Dichiarazione Schuman" del 1950, che pose le basi per la cooperazione europea. Anche a Vienna, piccole bandiere europee adornavano i tram.
Ma qual è oggi il rapporto dei tedeschi con l’Europa e con l’Unione europea? Per rispondere, partiamo da alcuni fatti: la Germania è uno dei sei membri fondatori dell’Ue (insieme a Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) e, con circa 83 milioni di abitanti, è anche il paese più popoloso dell’Unione. Inoltre, la Germania rappresenta la più grande economia dell’Ue
Uno sguardo ai numeri: secondo l’indagine Eurobarometro della Commissione europea, nell’autunno 2024 più della metà dei tedeschi (66 per cento) si sentiva legata all’Unione europea. Barbara Gessler, rappresentante della Commissione europea in Germania, ha dichiarato lo scorso anno a proposito dell’umore dei cittadini tedeschi: «I risultati nazionali dell’attuale sondaggio Eurobarometro mostrano che il 49 per cento dei tedeschi ha fiducia nell’Unione europea, con un aumento di 2 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Il 41 per cento dei tedeschi e il 44 per cento dei cittadini dell’Ue hanno un’opinione positiva dell’Ue. Vogliamo rafforzare questa tendenza positiva nei prossimi mesi, mostrando alle persone che l’Ue è il livello giusto per affrontare i problemi economici e di sicurezza».
In Germania, quindi, la maggior parte dei cittadini ha una percezione positiva dell’Ue, vista anche come garante di pace e prosperità. Soprattutto da quando con Trump c’è stato un nuovo presidente americano, si desidera un’Europa forte e unita. Su questo punto, anche i partiti sono in gran parte concordi. Con una sola eccezione: l’AfD, che chiede regolarmente l’uscita della Germania dall’Ue. I membri del partito considerano l’Ue un «progetto fallito» e la criticano ripetutamente, accusandola di essere la causa di tutti i mali. Nei circoli dell’AfD, sembra si sia dimenticato che la Germania non è mai stata così prospera, economicamente e a livello di politica estera, come in un’Europa unita. Nonostante le crisi globali degli ultimi anni.
Durante la sua prima visita ufficiale all’Ue, il nuovo cancelliere Friedrich Merz ha sottolineato che anche i partner più piccoli dell’Ue possono contare sulla Germania. Subito dopo la sua elezione, ha viaggiato in Francia e Polonia per incontrare i leader locali. L’Ue continua dunque ad avere un ruolo importante, anche per il nuovo governo.
Naturalmente, esistono anche forti critiche, per esempio sui temi della migrazione e della gestione della sofferenza della popolazione civile a Gaza. Su quest’ultimo punto, i 27 Stati membri sono profondamente divisi su come dovrebbe reagire l’Unione europea.
Tornando alla Germania: come già detto, è uno dei sei paesi fondatori dell’Ue. Ma anche lì si dimentica a volte un documento fondamentale dell’Europa unita. In Italia, invece, si sa subito di cosa si sta parlando: si tratta del Manifesto di Ventotene.
Fu scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni. I tre uomini lo redassero in segreto su carta da sigarette, poiché all’epoca erano detenuti come oppositori del regime fascista di Mussolini sull’isola di Ventotene. L’isola si trova a circa 60 chilometri dalla terraferma. Da Napoli si può raggiungere in traghetto. Oggi è una meta turistica molto apprezzata. Ma la storia a cui è legata Ventotene sembra quasi essere dimenticata all’estero.
I tre autori del Manifesto provenivano da schieramenti politici diversi. Ma li univa l’idea che l’Europa, per diventare pacifica, dovesse superare lo stato nazionale. In uno dei momenti più bui della storia, il Manifesto di Ventotene pose le fondamenta di ciò che oggi è l’Unione Europea. L’idea che ne scaturì era quella di creare una federazione di stati europei, come garanzia di pace interna ed esterna, uguaglianza e solidarietà. Oggi il Manifesto di Ventotene è considerato uno dei testi fondativi dell’Unione europea.
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