Non bisogna giudicare un libro dalla copertina. Sarete però scusati se, osservando il governatore del Baden-Württemberg Winfried Kretschmann, penserete di trovarvi di fronte a un leader di punta dell’Unione cristiano-democratica. Kretschmann è indubbiamente un politico di razza. Segni particolari: pragmatismo quasi merkeliano, capacità di interloquire con industria, parti sociali e associazioni meglio che con i puristi del suo partito, moderazione, schiettezza retorica, radicazione nei palazzi del potere.

Modello premiato

Da dieci anni guida uno dei Land più ricchi d’Europa, in testa alle classifiche di sviluppo sostenibile, Industria 4.0 e crescita demografica (BaWü, il nome trendy da cluster industriale, è cresciuto di 600mila abitanti nell’ultimo decennio). Ma il suo vero peso politico di è dato dall’appartenenza politica: Kretschmann è infatti l’unico governatore tedesco appartenente ai Verdi. Pur essendo rappresentati in tantissimi governi statali, dei Grünen solo Kretschmann è riuscito a irrompere nelle file dei primi ministri nel lontano 2010. Una vittoria ripetuta nel 2016 e con tutta probabilità il 14 marzo 2021, quando il Land andrà a elezioni. I sondaggi lo danno certo vincitore e prevedono un prosciugamento dell’elettorato Cdu a favore di questo verde tanto vittorioso quanto visto con sospetto dai suoi compagni di partito.

Il paradosso è evidente. Grazie a Kretschmann potrebbe infatti avverarsi il sogno di molti progressisti tedeschi: un governo rosso-verde con la Spd, escludendo partner difficili come liberali e Linke e spodestando la CduU dopo 68 anni di partecipazione di governo. D’altra parte, aver saccheggiato l’elettorato di destra non è propriamente un motivo d’orgoglio per un partito nato in opposizione alla palude della politica democristiana. La politica di Kretschmann, pur coerente con la linea governista dei Verdi, è piuttosto minoritaria nel partito. La presenza di Daimler e altri colossi economici in BaWü lo portano a rapporti stretti con l’industria automobilistica e posizioni piuttosto poco ambientaliste. Per salvare la coalizione, ad esempio, il governatore si è opposto al divieto di accesso per motori Euro5 nelle grandi città del Land, contraddicendo il proprio (altrettanto polemico) ministro dell’Ambiente.

Per non parlare poi dei litigi sulla politica industriale della repubblica federale, innescati dal Covid-19 ma latenti da qualche anno. A maggio 2020 le grandi case automobilistiche tedesche scorgevano l’oblio già palesato dai target ambientali della Commissione europea, Fridays for future, lo scandalo emissioni di Volkswagen e lo sbarco in Germania della “gigafabbrica” Tesla. Per fronteggiare la crisi, i rappresentanti del settore rilanciarono la proposta di un ecobonus, una sorta di ponte finanziato dallo stato per traghettare un’industria che impiega indirettamente milioni di persone verso le nuove sponde ecosostenibili. Critici e sostenitori della proposta sono i soliti noti. I sindacati, pur non opposti, chiesero che buona parte del finanziamento provenisse dagli azionisti e che i sussidi fossero legati all’elettrizzazione dell’offerta automobilistica. Kretschmann, invece, si disse a favore di estendere il sussidio anche ai veicoli Diesel, indicando la mobilità elettrica come ancora poco matura.

Apriti cielo. Compagni di partito, associazioni e rappresentati di Fridaysfor future si scagliarono immediatamente contro il verde con un’alacre campagna di discredito. Non che con Fff sia mai scorso buon sangue: nel 2019 Kretschmann si era detto perplesso dello sciopero protratto di studentesse e studenti, dicendo che non avrebbero dovuto lamentarsi nel caso di sanzioni disciplinari. Fff e altre associazioni ambientaliste, dal canto loro, ricambiano identificando nel governatore tutti quei rappresentanti dei Verdi imborghesiti e corrotti dal potere. Non a caso nelle elezioni del 2021 (sia in Baden-Württemberg che in Renania-Palatinato) vedranno liste “verde scuro”, critiche verso gli ambientalisti troppo “ammorbiditi”, contendersi il nuovo elettorato dei Verdi istituzionali. Pur registrano successi in città come Mannheim queste liste non dovrebbero però mettere in pericolo il trionfo elettorale dei Verdi.

Problemi di approccio

Quello fra Kretschmann e le giovani leve del movimento ambientalista è soprattutto un conflitto di approccio politico, ancor prima che generazionale. Qualche mese fa il settantaduenne aveva riassunto così la sua posizione: «Io governo, questo loro non l’hanno capito. Il Baden-Württemberg rappresenta lo 0,2 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica: cosa dovremmo fare da soli?». È anche vero che, nel sistema tedesco, i Land sono direttamente rappresentati al Bundesrat, il senato federale, e che le leggi sulla sostenibilità ambientale debbano essere lì approvate quando toccano competenze locali. Il Bundesrat è infatti l’unica istituzione dove i Verdi sono stati in grado di influenzare direttamente la politica federale – un’istituzione in cui la politica viene fatta in maniera silenziosa.

Non si può dire che, silenziosamente, anche Kretschmann non abbia fatto la propria parte. In questi dieci anni è riuscito a rompere il veto della Cdu sulla costruzione di nuovi parchi eolici, che pur generando ancora meno del 10 per cento del fabbisogno energetico del Land rappresentano ormai una fonte di energia competitiva. Utilizzando il raro strumento del referendum propositivo i Verdi del BaWü sono riusciti a imporre una legge per la protezione delle api e il divieto di numerosi pesticidi, anche stavolta superando l’opposizione del partner di governo. Kretschmann è anche riuscito a tagliare le emissioni del Land del 25 per cento in dieci anni, come promesso durante la campagna elettorale del 2010.

Fra gli obiettivi raggiunti e l’abile demolizione della Cdu, Kretschmann rappresenta un modello per i Verdi anche a livello federale. Non è certo un segreto che, allo stato attuale delle cose, il prossimo probabile governo sarà uno composto da Cdu e Verdi. A quel punto sarebbe qualcuno della stoffa di Kretschmann a installarsi a Berlino, qualcuno che credibilmente possa trattare con i democristiani perché con la capacità di annichilirne la base elettorale. Ma è proprio per questa prospettiva di governo che i Verdi guardano con un misto di fierezza e inquietudine al proprio “Merkel”: quanto dovrà moderarsi il partito per costruire un solido cammino verso la cancelleria? È possibile che una politica ambientalista a lungo termine passi dalla costruzione di un partito “di sistema”, centrista e ineluttabile nella formazione di coalizioni di destra o sinistra? E quanto di questa moderazione sarà realmente compatibile con gli obiettivi esistenziali dei Verdi? Tutte domande che potrebbero essere risolte con trionfi a tutti i livelli di governo, da Stoccarda fino allo scranno più alto della capitale. Solo allora si capirà se Kretschmann è effetto o concausa dello spodestamento della Cdu dal cuore dell’architettura politica tedesca.

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