Cos’hanno in comune un ex commissario europeo, un rapper, un proprietario di bordelli col titolo nobiliare comprato e l’epidemiologo-deputato più controverso della Germania? Sono tutti passati dalle forche caudine di Kurt Krömer, anzi l’interrogatorio, considerato l’arredamento da stazione di polizia del suo studio. Il titolo Chez Krömer potrebbe suggerire un programma tranquillo e accogliente con gli ospiti. Ed è anche vero che Krömer utilizza spesso un format molto domestico: nei suoi spettacoli all’Admiralspalast di Berlino invita spesso politici in quella che è una versione immaginata della propria casa famigliare. Si tratta però di una famiglia allo sbando, squallida come può esserlo soltanto la città popolare e ubriacona del dopo-muro, dove il trascinato accento berlinese è ulteriormente sbavato dalla birra a buon mercato.

Il format

È proprio quest’atmosfera da rovine del socialismo che Krömer ripropone su Rbb, la televisione del Land di Berlino e unica gamba della televisione pubblica tedesca all’est oltre all’Mdr, l’emittente con sede a Lipsia. È impossibile separare Chez Krömer dalla sua origine orientale, almeno per i superbi stranieri e tedeschi occidentali che hanno quotidianamente a che fare con gli “indigeni” della capitale. La formula settimanale della trasmissione è una stanca routine, condotta con lo stesso fatalismo che lo stereotipo associa a una delle città col più alto rischio di povertà nel paese. Nella mezz’ora scarsa di riprese, Krömer rivela il proprio ospite dalla propria squallida scrivania, estraendone il dossier da un cumulo di carte bisunte («Vediamo un po’ cosa ci ha lasciato oggi il gatto sullo zerbino» è la frase-mantra).

Dopo l’annuncio si rivolge al malcapitato, relegato nella sala interrogatori alle sue spalle, verificando se sia pronto al calvario in arrivo. Da stagione a stagione è diventato sempre più difficile giocare sull’anonimato della piccola rete, ma capita ancora che la vittima ignori completamente ciò che sta per succedere – è in questa fase, normalmente, che essa comunica confusione per lo strano set-up dello studio. A questo punto Krömer, alla seconda sigaretta della serata e vestito in un perfetto blazer di plastica anni Novanta, sblocca le cinque serrature dietro a quale il prigioniero (ops, l’ospite) è incarcerato, si siede al tavolino e inizia l’intervista. Galateo vuole che le prime fasi siano un’introduzione del proprio interlocutore, normalmente un fulmineo upper cut che dà il tono al resto della conversazione: «Signor Palmer, nel 2022 i Verdi non la vogliono più candidare come sindaco di Tübingen. È qui da me per fare un tour d’addio?» - «Signor Kühle, Lei sa perché è qui oggi? Perché in Turingia facendovi votare dalla destra radicale avete fatto proprio un bel bordello. Ne é fiero?».

Gli americani lo chiamerebbero roasting, ma ciò implicherebbe un impegno molto poco berlinese. La premessa di Chez Krömer non è infatti quella di un’umiliazione pubblica, né di dare dei fulminei schiaffi a personaggi pubblici che nel corso della propria carriera hanno giocoforza accumulato un catalogo di imbarazzi. La trasmissione di Krömer è un lento crogiolo, un’inerte, dolorosa decostruzione di personaggi pubblici abituati a dominare lo schermo (televisivo o digitale) con arroganza. L’indirizzario del comico è un gran varietà del trash ed ego dirompenti, personalità cardine del panorama culturale tedesco di successo perché abili nell’interpretare un ruolo ben definito – Oettinger, l’ex commissario europeo divenuto gran lobbista; il “principe” Marcus von Anhalt, arricchito con i soldi delle case chiuse e maestro di lifestyle cafone su Instagram; Philipp Amthor, giovanissimo deputato Cdu profilatosi come fiero fustigatore delle sinistre –.

Tutti campioni dell’interpretazione e dell’artificio la cui sicurezza deriva proprio dal saper abilmente manipolare l’opinione pubblica, sfruttando le idiosincrasie dei propri medium: giornalisti affamati di sentenze, utenti Twitter amanti della polarizzazione, paparazzi conniventi. Per loro è quindi tanto più sconvolgente quando Krömer inizia allegramente a inchiodarli alle loro stesse contraddizioni, rifiutandone gli stratagemmi comunicativi. Quando intervista membri della destra radicale li interrompe spesso, impedendogli di adottare quei framing con cui riescono a riportare tutto il discorso all’immigrazione clandestina (incidentalmente, nell’Afd gli scandali per finanziamento indebito abbondano). Gli arricchiti vengono interrogati sulle ambigue origini delle loro fortune, specialmente quando cercano di passarsi per self-made man. Leggendaria poi la domanda posta ad Amthor, noto principe del foro: «Lei ha detto di avere dei dubbi costituzionali sul matrimonio gay. È più omofobo o giurista?».

Rompere il format

Potrebbe sembrare banale, ma non lo è in un paese in cui i talk show sono soprattutto duelli di abilità comunicativa fra una manciata di soliti noti. A prescindere dal canale, la maggioranza dei giornalisti televisivi tedeschi raramente contesta i propri ospiti, preferendo metterli in difficoltà ponendogli di fronte invitati irritanti o facendo i finti tonti. Nulla a che fare con l’inquisizione tabagista di Krömer, che per questo è anche premiato da milioni di visualizzazioni su YouTube.

Krömer incarna lo spettatore stanco di dover stare al gioco di fronte alle frasi fatte di politici e al narcisismo degli dèi minori dello star system. Lui se ne infischia dell’imparzialità e di essere bipartisan, massacra tutti ma è apertamente disgustato da una buona metà dei suoi ospiti. In una trasmissione in cui invita «amici e stronzi», è sempre chiarissimo chi è chi. Con i primi discute della propria depressione clinica, del proprio passato da alcolista (vero), delle difficoltà di avere una vita normale in un momento storico e in un paese che sono tutto fuorché normali. Per i secondi, il suo ruvido umorismo berlinese si arma di tendenzioso disprezzo. Che la televisione pubblica avesse un disperato bisogno di franchezza lo ha capito anche il tabloid Bild, che da anni progetta una sorta di Fox News tedesca in cui non serve mantenere una facciata di finta equidistanza. Lo hanno forse intuito anche i Verdi, che hanno programmato la prima intervista dopo l’annuncio della candidatura alla cancelleria su una televisione privata. È probabile che questa tendenza aumenterà la polarizzazione del paese, ma non date la colpa a Krömer. Lui, nella sua piccola sala interrogatori berlinese, colpisce a destra e manca.

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