Le prossime elezioni europee rischiano di diventare anche la partita personale per la sopravvivenza di Manfred Weber. La prospettiva personale del presidente del Partito popolare europeo è tutt’altro che rosea per ragioni molto più nazionali che europee. In primis, il rischio di compromettere la propria credibilità nell’esclusione della destra estrema di AfD, che nei sondaggi rosicchia consensi all’ala più conservatrice della Cdu. 

La scommessa di Weber per continuare a essere indispensabile nonostante i suoi colleghi tedeschi gli stiano sfilando il terreno sotto i piedi è rischiosa: diventare il punto di riferimento della destra estrema, per avere la possibilità di essere il playmaker della prossima maggioranza nel parlamento europeo, quando i popolari avranno grandi difficoltà a trovare una maggioranza. Uno scenario che i conservatori tedeschi vorrebbero evitare con tutte le forze, per non compromettersi di fronte all’elettorato tedesco. 

Il cavallo su cui i conservatori hanno infatti pensato di puntare è Ursula von der Leyen. Sembra ormai pressoché certo che lo Spitzenkandidat del Ppe sarà la presidente uscente della Commissione europea, non il presidente del partito. In questo contesto, per avere ancora voce in capitolo, Weber ha bisogno di poter disporre di un rapporto preferenziale con la destra estrema: di qui l’impegno che il bavarese ha profuso negli ultimi mesi a coltivare il rapporto con l’esponente finora più di successo del mondo conservatore europeo, Giorgia Meloni.

Una partita più grande

Le sue progressive aperture al governo di destra-centro italiano gli sono in realtà costate la disapprovazione del mondo conservatore tedesco, da cui tecnicamente dipende. Weber, nello specifico, è della Csu, il gemello bavarese della Cdu nazionale: il suo leader è Markus Söder, il governatore della Baviera e capo di partito. Già a settembre, quando nonostante il sostegno a Meloni Weber non aveva tagliato il cordone ombelicale che collega Forza Italia al Ppe, Söder non era stato assolutamente tenero: «Non è compito del Ppe e dei partiti borghesi aprire la strada a governi di destra nazionalista», aveva detto in quell’occasione. 

Söder in autunno deve affrontare le elezioni regionali nel suo Land: il risultato è scontato, visto lo strapotere del partito regionale, da sempre difensore delle peculiarità del Freistaat. Ma a Söder vengono attribuite ambizioni nazionali almeno dal 2021, quando per ottenere la candidatura alla cancelleria del partito conservatore aveva sfidato il leader della Cdu, Armin Laschet. Nel 2025 si torna al voto, e i conservatori sono sì in vantaggio, ma devono concretizzare i sondaggi favorevoli che attualmente li collocano tra il 27 e il 31 per cento, a quasi dieci punti di vantaggio dai socialdemocratici: l’uomo migliore per questa missione sembra più Söder che Friedrich Merz. 

L’ultrafalco dell’ala più liberista della Cdu aveva conquistato la guida del partito dopo la débâcle delle elezioni di settembre 2021, ma da allora il gradimento nei suoi confronti resta contenuto. Della sua opposizione in parlamento non si ricordano tracce indelebili, anzi. E così, nonostante Söder continui a sostenere di non essere a disposizione per la candidatura alla cancelleria in quanto il compito della sua vita «è la Baviera», il suo nome continua a circolare nei salotti politici di Berlino. 

Il rischio AfD

I due sottolineano in ogni occasione possibile quanto lavorino bene insieme, ma i prossimi mesi non saranno facili per i cristianodemocratici. All’orizzonte ci sono elezioni regionali in Germania orientale dove AfD rischia di diventare primo partito con un vantaggio consistente sugli altri partiti. Nel fine settimana ha fatto scalpore un sondaggio di Bild, secondo cui in Germania est, con l’esclusione di Berlino, AfD è il partito che piace di più, con il 26 per cento dei consensi. 

Anche a livello nazionale, ormai, il partito di estrema destra nei sondaggi è terzo partito, a pochi punti percentuali dai socialdemocratici e sopra i Verdi. Nella sua storia, la Cdu (e la Csu, che in molte questioni è ancora più rigida della Cdu) si è sempre posta come obiettivo la costruzione di un limite invalicabile, il cosiddetto “muro di fuoco”, Brandmauer, verso destra. 

Va contestualizzata in quest’ottica il giudizio durissimo che hanno dato negli ultimi mesi sia Söder che Merz delle manovre di avvicinamento di Weber nei confronti di Meloni e dei suoi alleati. Finora, AfD è stata ostracizzata da tutto il resto dell’arco parlamentare e chi ha osato prendere in considerazione l’idea di usufruire dell’appoggio del partito ha subito le conseguenze delle sue decisioni. Un esempio su tutti è quello di Thomas Emmerich, il candidato liberale che per un giorno nel 2020 è stato governatore della Turingia con l’appoggio degli estremisti. 

Le tensioni nazionali si riflettono sulla strategia europea: se decidessero di assecondare i nuovi rapporti che Weber sta tessendo con la destra estrema, Söder e Merz comprometterebbero la loro credibilità nella contrapposizione con AfD, decisiva di fronte all’elettorato tedesco. Una ragione in più per non compromettersi puntando su un candidato ormai indifendibile dal punto di vista delle frequentazioni assidue con Meloni & co. e per affidarsi alla mano di von der Leyen, presidente di comprovata fede europeista, quanto più lontana da sospetti estremisti di qualsiasi tipo. In un’elezione in cui il gruppo di destra nazionalista rischia di raggiungere tanti consensi quanti il Ppe, una caratteristica fondamentale.

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