Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza d'appello su Marcello Dell’Utri, del presidente del tribunale Raimondo Loforti, giudici Daniela Troja e Mario Conte


Passando adesso all'esame della telefonata intercorsa tra Dell'Utri e Mangano dall'utenza telefonica dell'Hotel Duca di York di Milano, in uso al Mangano, nel febbraio del 1980, e dunque nel periodo in esame in cui Dell'Utri si era allontanato dall'area imprenditoriale di Berlusconi, deve immediatamente rilevarsi che tale chiamata ha palesato la precisa volontà di Dell'Utri di non interrompere la consuetudine e la progettualità del rapporto intercorso con Mangano e soprattutto la permanenza del medesimo atteggiamento psicologico dell'imputato nei confronti di coloro che, come Mangano, erano collegati al patto mafioso di protezione concluso nel 1974 con "cosa nostra".

Deve rilevarsi che Dell 'Utri avrebbe avuto innumerevoli motivi per interrompere il rapporto con Mangano, peraltro nel periodo in cui quest'ultimo si era allontanato da Arcore (deve essere rammentato inoltre che Mangano era stato arrestato il 27 dicembre 1974, per espiare una pena definitiva relativa ad una condanna per truffa e scarcerato il 22 gennaio 1975 si era allontanato da Arcore) e Dell'Utri aveva smesso di lavorare per l'imprenditore Berlusconi per andare da Rapisarda.

Il rapporto, però, prescindeva da connotazione personali (quali ad esempio la risalente conoscenza ai tempi della squadra di calcio Bacigalupo di cui Dell'Utri era presidente e che Mangano seguiva per passione) ed aveva sullo sfondo il ruolo che a Mangano era stato assegnato da Bontade all'esito della riunione del 1974 e che Dell'Utri aveva promosso.

Deve essere rammentato che Mangano è stato assunto ad Arcore proprio su indicazione di Dell 'Utri e che detta presenza - a seguito delle decisioni prese alla riunione milanese del 1974 - ha assunto il significato di assicurare un presidio mafioso all'interno di Villa Casati al fine di proteggere l'imprenditore Silvio Berlusconi (fatto ormai accertato in modo definitivo a seguito della sentenza della Corte Cassazione, malgrado le dichiarazioni di diverso tenore rese dall'imputato il 26 giugno 1996 nel corso delle quali seppur ammettendo di avere fatto assumere Mangano ad Arcore ha negato che quest'ultimo aveva avuto il compito di proteggere Berlusconi ed i suoi familiari, dichiarando che doveva essere adibito solo all'allevamento dei cavalli ed alla cura delle piante).

Fin dalle spontanee dichiarazioni rese all'udienza del 29 novembre 2004 l'imputato ha sottolineato in maniera chiara che Mangano - a differenza di Cinà - non era suo amico (Dell'Utri: " Il Mangano non è mai stato un mio amico nel senso di frequentazione, un conoscente perché veniva lì come tanti tifosi e padri di ragazzi venivano a seguire le partite la domenica ( ... ) mentre per me il Cinà è stato un amico''). Tuttavia, ha sempre mostrato nei suoi confronti una assoluta cordialità che era sicuramente conosciuta da "cosa nostra" che, proprio per il rapporto che Mangano aveva con Dell'Utri, aveva revocato la condanna a morte che era stata decisa da Bagarella. Quest'ultimo, invero, aveva deciso di graziarlo proprio per la sua amicizia con Dell'Utri, a sua volta amico di Berlusconi, imprenditore in continua ascesa e che, in seguito, avrebbe manifestato anche una speciale versatilità anche nel mondo della politica: Mangano era dunque per il boss Bagarella ancora utile.

Non è in alcun modo significativo l'assunto della difesa secondo la quale il contenuto della conversazione intercorsa tra Mangano e Dell'Utri era privo di valore atteso che i due interlocutori avevano parlato di "un argomento di nessuna rilevanza ai fini dell'imputazione (la vendita di un cavallo)" , atteso che da un lato il contenuto del dialogo contiene riferimenti e frasi che assumono invece un preciso significato al fine di provare la permanenza dell'atteggiamento dell'imputato e la sua prosecuzione dei rapporti con i soggetti con i quali aveva concluso il patto di protezione; dall'altro che il tono del dialogo ha lasciato trasparire una continuatività dei contatti tra i due interlocutori ed una progettualità comune non dissimile a quella che era esistita nel 1974.

Dell'Utri, invero, si era rivolto al Mangano con un tono tipico di rapporti, per usare le stesse parole della Corte di Cassazione di "natura consuetudinaria e progettuale" ( pag. 108), e che appartiene a coloro che non hanno mai interrotto i loro rapporti (Dell 'Utri : "Chi mi disturba? lo stavo lavorando qua, per cui ... Dov'è, dov'è?"; Mangano : "Sono in albergo. Ha telefonato Tony Tarantino?"; Dell'Utri: "Mah, ieri c'ho parlato. Avevo telefonato io, però"; Mangano: "Oggi doveva telefonare per darci l'appuntamento per me"; Mangano: "Esatto, mi disse che alle quattro mi chiamava"; Mangano: "Alle 4. lo invece, siccome forse lui deve andare fuori, comunque ... "; Dell'Utri: "eh") e che intendono costruire progetti comuni (Mangano : "Eh, ci dobbiamo vedere?: Dell'Utri: "Come no? Con tanto piacere"; Mangano: "Perché io le devo parlare di una cosa ... "; Dell'Utri:" Benissimo"; Mangano: "Anzitutto un affare"; Dell'Utri: "Eh beh, questi sono bei discorsi").

Il frammento del dialogo che rileva, al fine di poter affermare che l'allontanamento per un periodo peraltro di gran lunga inferiore al quadriennio indicato dalla Corte di Cassazione, dall'area imprenditoriale berlusconiana è stato del tutto insignificante sulla permanenza del reato già commesso, è quello in cui Mangano ha indicato Berlusconi come il datore di lavoro (''principale'') di Dell'Utri in un periodo (1980) in cui quest'ultimo era formalmente alle dipendenze di Rapisarda. Per Mangano, che ha dimostrato di avere mantenuto i contatti con Dell'Utri e che era messo a parte da quest'ultimo anche delle vicissitudini del fratello Alberto e della società in cui lo stesso Dell'Utri aveva lavorato con Rapisarda, Berlusconi in quel momento (1980) era ancora il "principale" di Dell'Utri (Mangano: "Ne hai tanti di soldi. Non buttatevi indietro"; Dell'Utri: "No, no, non scherzo! Sono veramente in condizioni di estremo bisogno"; Mangano: "Vada dal suo principale! Silvio!").

Sempre nel corso della medesima conversazione, i due interlocutori hanno fatto riferimento a Cinà e a luoghi soliti di incontro ( "Mangano: "va bene a che ora ci vediamo'"; Dell'Utri: "Quando dice lei''; Mangano: "No, va bene"; Dell'Utri: "Dov'è lei. Al solito in Via Moneta"'; Mangano: "Eh si"; Dell'Utri: "(..) e allora telefona a Tonino (nel corso del suo interrogatorio del 26 giugno 1996 Dell'Utri ha identificato "Tonino" nell'amico Gaetano Cinà affermando che la trascrizione del nome era inesatta e che lui ed il Mangano avevano parlato di "Tanino" Cinà).

Orbene, emerge con tutta evidenza che Dell'Utri, seppur nel periodo in cui si era allontanato professionalmente da Berlusconi, aveva continuato ad avere contatti con Mangano e Cinà, non mostrando alcun comportamento indicativo della volontà di porre fine all'esecuzione dell'accordo interrompendo in primo luogo i contatti con i soggetti che di quell'accordo erano stati i protagonisti.

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