Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà alcuni stralci del libro “C'era una volta il pool antimafia” edito da Zolfo Editore


Alla inattesa collaborazione di Tommaso Buscetta fecero poi seguito quelle di Salvatore Contorno, Antonino Calderone e Francesco Marino Mannoia, per restare alle più importanti. E anche questi “uomini d’onore”, passati dalla parte dello Stato, ci hanno consentito di “spiare” all’interno di Cosa nostra.

Le dichiarazioni di Contorno hanno integrato quelle di Buscetta, che risultavano comunque un po’ datate perché quest’ultimo era dovuto scappare dalla Sicilia per rifugiarsi in Brasile, dove solo ogni tanto, e spesso incomplete e frammentarie, gli giungevano notizie sui parenti e sul progredire della mattanza dei “perdenti”.

In particolare, Salvatore Contorno già aveva fornito al dottor Ninni Cassarà, dirigente della Squadra mobile della Questura, informazioni sulla mafia, trasfuse nel rapporto dalla copertina rossa “Michele Greco + 161”, dove il “pentito” veniva indicato come “prima luce”, perché Contorno era stato il primo a “illuminare” il fitto buio nel quale erano celati fatti e avvenimenti accaduti in Cosa nostra negli anni precedenti.

Come è notorio, Contorno decise di collaborare soltanto dopo essere stato rassicurato sulle “buone intenzioni” di Giovanni Falcone, con il quale chiese di incontrarsi, e dei suoi colleghi, dei quali avrebbe potuto fidarsi.

“Totuccio” Contorno, soprannominato Coriolano della Floresta (come il protagonista del romanzo I Beati Paoli), affiliato alla “famiglia” di Santa Maria di Gesù di Stefano Bontate, fu prodigo di informazioni sul conto dei più autorevoli aderenti a Cosa nostra negli stessi termini in cui si era espresso Tommaso Buscetta.

Contrabbandiere di sigarette e poi trafficante di droga insieme ai cugini Grado, killer al servizio della sua “famiglia” sino all’omicidio di Stefano Bontate, la sua deposizione nel Maxiprocesso risultò di fondamentale importanza e viene ricordata anche per le vivaci reazioni degli avvocati per lo “slang” dialettale con il quale si esprimeva, così “stretto” da essere quasi incomprensibile anche per chi conosceva il dialetto palermitano.

Dopo avere scontato la pena irrogatagli, Contorno ebbe diverse vicissitudini, tornò in carcere, si trasferì negli Usa, rientrò temporaneamente a Palermo, come avrò modo di raccontare.

© Riproduzione riservata