«Le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente». È la sintesi della sentenza emessa giovedì dalla Corte di giustizia europea e che riguarda l’annosa questione dell’applicazione della direttiva Bolkestein sulle concessioni balneari. L’Italia rischia di ricevere una multa per infrazione delle direttive europee.

La sentenza arriva per dirimere una vertenza tra il comune di Ginosa, in provincia di Taranto, e l’Agcm, l’agenzia italiana per la concorrenza, che aveva notificato l’infrazione al comune che nel dicembre del 2020 aveva prorogato le concessioni del demanio marittimo fino al 2033, come effettivamente era stato indicato da una legge del governo italiano del 2018. Ma «i giudici nazionali e le autorità amministrative sono tenuti ad applicare le norme pertinenti di diritto dell’Unione, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale non conformi alle stesse».

Punti di vista

Gli stabilimenti che gestiscono pezzi di terreno demaniale insomma non possono diventare delle rendite senza limite ma «devono essere oggetto di procedura imparziale e trasparente». La questione era già stata per altro affrontata dal Consiglio di stato che nell’ottobre del 2021 aveva decretato la decadenza di tutte le concessioni balneari a partire dal 2024.

Eppure la sentenza di giovedì ha aperto a diverse interpretazioni per cui, anche chi ha sempre difeso la lobby degli stabilimenti come la Lega, oggi per bocca dell’ex ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio può twittare «La Corte europea dà ragione a quello che diciamo da anni».

«Nel 2021 eravamo andati a Bruxelles per trattare con la Commissione l’applicazione della Bolkestein sulle nostre coste con la possibilità di mettere delle clausole che salvaguardassero il nostro sistema, dei bandi fatti con criteri sociali», racconta Enzo Amendola, allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio di Draghi con delega agli affari europei. «Le pressioni però furono per non fare quest’accordo e aspettare la sentenza del Consiglio di stato, sentenza che alla fine è stata molto peggiore – dice Amedola – perché era auto applicativa ovvero diceva semplicemente: dovete fare le gare».

La questione è aprire le concessioni al libero mercato ma «dire che dalla Svezia vengono a colonizzare le nostre spiagge vuol dire non conoscere il mercato. Il nostro sistema di imprese turistiche balneari dall’Emilia-Romagna alla Toscana è solido».

Il dito e la luna

«Personalmente questa sentenza non costituisce una sorpresa e credo di poter sostenere neanche per il governo». Così la pensa il sindaco di Lecce Carlo Salvemini, la cui decisione nel 2018 di bandire per la prima volta delle gare sulle concessioni del proprio comune portò alla famosa sentenza del Consiglio di stato. «L'unico risultato di questo ostinato tentativo di differire ulteriormente il termine previsto già dal Consiglio di stato per la messa a gara delle concessioni demaniali marittime in scadenza ha prodotto come esito solo quello di aver perso due anni».

Totalmente opposta la lettura invece della Lega che sembra guardare il dito invece della luna. Secondo Centinaio la sentenza infatti «conferma che l'eventuale applicazione della direttiva sulla concorrenza anche alle concessioni balneari italiane passa per la verifica della scarsità delle risorse a livello nazionale, non solo o non tanto a livello locale. Una scarsità che, di fronte a 8mila chilometri di coste, è evidentemente inesistente. Quindi: niente scarsità, niente Bolkestein».

Fa eco Salvini «È un grande successo per l’Italia e che ci permette di tutelare migliaia di famiglie e di imprese balneari. La nuova mappatura delle spiagge sarà fatta dal Mit e, come sempre, verranno utilizzati criteri di buonsenso».

Il tavolo tecnico

Nella sentenza infatti, secondo la Lega, si afferma per la prima volta che il criterio per l’applicazione della direttiva a 2006/123, la famigerata Bolkestein, è che il bene in questione sia “scarso e limitato”. Quindi, dicono fonti governative, se effettivamente le coste italiane risultassero non eccessivamente coperte da stabilimenti, il bene risulterebbe ancora disponibile e non ci sarebbe l’obbligo di applicare la direttiva.

Più prudente Fratelli d’Italia che per bocca del capogruppo in Commissione attività produttive Gianluca Caramanna dice: «La sentenza di oggi della Corte di giustizia Ue sui balneari è da leggere attentamente. Se da un lato ribadisce alcuni princìpi già noti, dall'altro conferisce piena legittimità e rafforza l'utilità del lavoro impostato dal governo con il tavolo tecnico, che sarà chiamato a breve a predisporre la mappatura delle aree demaniali».

Le parole d’ordine del governo è quella di fare un tavolo tecnico per fare una mappatura delle concessioni e dei beni demaniali e poi si vedrà. 

«Finora il governo nazionale ha escluso i comuni da qualunque tavolo di confronto – riflette però il sindaco di Lecce Salvemini – si è ritenuto che fosse assolutamente imprescindibile la voce dell'associazione dei balneari che sono i soggetti direttamente interessati e non anche coloro che a livello locale hanno la responsabilità della gestione del territorio. Mi auguro che adesso il governo cambi idea».

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