Dieci proposte per correggere una misure che la politica sta cercando di peggiorare invece che di migliorare. 

Il paradosso è questo: mentre i partiti litigano su come cambiare il reddito di cittadinanza, rifinanziato nell’ultima bozza di legge di bilancio, ma anche reso molto più condizionato, il comitato scientifico incaricato dal ministero del lavoro guidato da Andrea Orlando ha analizzato tutti i meccanismi dell’assegno e ha prodotto una relazione di ottanta pagine che propone una serie di interventi specifici e molto più attinenti alla realtà che i dati sui beneficiari ci consegnano. 

L’offerta “congrua”

Il punto fondamentale della proposta sta nella definizione di “lavoro congruo”. Nell’ipotesi prevista finora dalla legge di bilancio infatti il beneficiario del sostegno perde il diritto all’assegno nel momento in cui riceve due offerte di lavoro e le rifiuta, prima erano tre, ma queste offerte devono essere appunto per un “lavoro congruo”.

Nella prima bozza circolata della manovra si imponeva ai beneficiari del reddito di cittadinanza di dover accettare alla seconda offerta impieghi su tutto il territorio nazionale.

Il comitato scientifico, presieduto da Chiara Saraceno, definisce queste disposizioni palesemente assurde e inutilmente punitive per lavori spesso a tempo parziale e con compensi modesti. 

Contemporaneamente, però, allarga invece la soglia della retribuzione accettabile per considerare l’offerta di lavoro “congrua” considerando anche l’orario di lavoro e quindi anche le occupazioni part time e in particolare propone di ritenere accettabili tutte le offerte con un orario di lavoro pari al 60 per cento delle previsioni dei contratti collettivi di lavoro.

Contratti più brevi

Sempre per allargare le maglie della offerta congrua, il comitato propone anche di considerare contratti a tempi più brevi. Oggi una offerta di lavoro è considerata congrua solo se ha una durata di almeno tre mesi. La proposta è quella di abbassare il limite ad almeno un mese “per incoraggiare persone spesso molto distanti dal mercato del lavoro ad iniziare a entrarvi e fare esperienza”.

I problemi della disponibilità immediata

C’è poi il problema di gestione dell’assegno è una misura a favore di persone in difficoltà ai margini del mercato del lavoro ma spesso anche con grossi problemi sociali e per la quale quindi sarebbe necessario un coordinamento tra servizi sociali, comuni, centri per l’impiego. Il problema della mancanza di una gestione del percorso di inserimento lavorativo e cioè di una mancanza di servizi adeguati peraltro è più grave dove c’è un più alto numero di persone in condizione di bisogno.

Anche per questo il comitato  propone di cambiare anche la definizione di immediata disponibilità: se una persona ha soprattutto problemi di esclusione sociale non ha senso ritirarle l’assegno se non dà subito la disponibilità a lavorare. Per questo l’idea è che l’immediata disponibilità valga solo per le persone che dopo essere state indirizzate ai centri per l’impiego e ai servizi sociali siano state preso in carico dai centri per l’impiego.

L’impossibilità di risparmiare

Anche le condizioni imposte per la spesa sono irrazionali, secondo il comitato scientifico. Attualmente infatti il beneficiario del reddito di cittadinanza è obbligato a spendere tutto l’assegno entro il mese successivo in cui l’ha ricevuto. Inoltre i prelievi in contanti dalla carta del reddito di cittadinanza sono limitati a cento euro per singolo. Questa visione, scrive il comitato nella sintesi della sua proposta, non solo impedisce ai poveri di risparmiare, ma “suggerisce anche una visione dei beneficiari come potenzialmente incapaci o irresponsabili solo perché poveri”.  Per questo viene proposta l’abolizione dell’obbligo di spesa e contemporaneament la riduzione dei vincoli.

Uno dei problemi maggiori dell’attuale assegno è che esclude strutturalmente i beneficiari stranieri, tra i più poveri, che non risiedono in Italia da almeno dieci anni. Il comitato propone di dimezzare il periodo di residenza a cinque anni.
 

LaPresse

Allargare i benefici per le imprese

L’attuale formulazione della misura prevede che le imprese che assumono i beneficiari del reddito ottengano un beneficio fiscale ma è limitato alle assunzioni a tempo indeterminato. Secondo gli esperti incaricati dal ministero del lavoro questa condizione ha disincentivato il ricorso delle imprese che infatti è minimo. Di conseguenza la proposta è quella di allargare i benefici fiscali alle imprese anche nel caso si tratti di contratti a tempo indeterminato con orario parziale e o a tempo determinato ma con orario pieno e per la durata di almeno un anno.

Senza base scientifica

L’importo del reddito di cittadinanza è in media di cinquecento euro. Per calcolarlo vengono prese in considerazione le caratteristiche del nucleo famigliare e il livello di reddito. Tuttavia la scala utilizzata finora per calcolare gli importi della misura per cui abbiamo speso circa 10 miliardi di euro e spenderemo ancora un miliardo l’anno fino al 2029, secondo il comitato, «non ha alcuna base scientifica e non viene impiegata in nessun altro paese europeo».

Le conseguenze sono note: vengono penalizzate famiglie numerose e con minori rispetto a quelle di adulti e di piccole dimensioni: un’altra assurdità.

Con la legge di bilancio Draghi accontenta tutti tranne i sindacati

Dare peso ai bambini

Per questo la proposta presentata oggi prevede: di equiparare il peso dei minori a quello degli adulti nel calcolo, aumentare il tetto che oggi è indipendente dal numero dei componenti della famiglia, e prevedere un tetto superiore nel caso ci sia un componente disabile. Infine non togliere l’assegno a tutta la famiglia se c’è un solo componente che non rispetta gli obblighi.

Vengono proposti anche dei correttivi per il contributo all’affitto che ancora una volta non tiene conto del numero dei componenti della famiglia e che invece dovrebbe essere modulato al crescere del nucleo famigliare.

Il peso del patrimonio

Oggi il patrimonio di una famiglia viene utilizzato solo come criterio per decidere se si ha diritto all’assegno oppure no, con un meccanismo on – off. Se si ha un patrimonio di 6mila euro per una famiglia di un solo componente si perde il diritto all’assegno. Contemporaneamente se si è sotto quella soglia, si ottiene l’assegno senza che il livello di patrimonio influisca sul suo importo.

La nuova proposta prevede di considerare il patrimonio, assieme a reddito, contribuisca a calcolare la capacità di spesa della famiglia, ma contemporaneamente prevede di considerare almeno 4mila euro come cuscinetto di emergenza senza che questo deposito di liquidità influisca sull’esclusione dalla misura di sostegno.

Oggi «non conviene lavorare»

Ultimo, ma non ultimo, il comitato scientifico scrive nero su bianco che oggi a un beneficiario del reddito «conviene non lavorare». Questo perché se un beneficiario guadagna da un lavoro cento euro, gliene vengono tagliati 80 di assegno. Di fatto il reddito da lavoro viene tassato implicitamente dell’80 per cento. Per correggere questa distorsione, il comitato propone di accompagnare le persone nel mercato del lavoro rendendo i due redditi cumulabili, considerando per la decurtazione dell’assegno solo il 60 per cento del reddito da lavoro fino a quando non si arriva alla soglia della no tax area cioè 8174 euro per i lavoratori dipendenti e 4.800 per gli autonomi.

© Riproduzione riservata