La proposta di Fratelli d’Italia prevede l’obbligo di laurea per gli amministratori e la possibilità per i creditori di rifarsi su tutti i proprietari. Ma il testo non piace al settore e neanche a chi l’ha proposto. L’introduzione del revisore condominiale rischia di far salire i costi per tutti. E dopo la frenata della Lega, Bignami fa dietrofront: «Senza un confronto fermiamo la legge»
Stretta sui bilanci condominiali, fine dei pagamenti in contanti, amministratori laureati con un elenco ufficiale. E la possibilità per i fornitori in credito di rivalersi su tutti i proprietari. Sta facendo molto discutere la riforma dei condomìni presentata il 17 dicembre da Fratelli d’Italia, 13 anni dopo la formulazione della normativa vigente. Il disegno di legge presentato alla Camera – 17 articoli in tutto, con Elisabetta Gardini prima firmataria – ha provocato qualche polemica tra gli operatori del settore e forti tensioni nella maggioranza di governo.
Amministratori esperti
Il ddl intende dare l’addio alla figura «ormai anacronistica del condòmino-amministratore privo di qualsivoglia formazione»: è tempo di introdurre una figura professionale riconosciuta, con responsabilità concrete e reali poteri di intervento. Niente più vicini di casa che organizzano le assemblee in cortile o in soggiorno, insomma. Agli amministratori condominiali non basterà più il diploma di scuola superiore, ma servirà un titolo di laurea almeno triennale. L’unica eccezione riguarderebbe periti, geometri e ragionieri già in attività.
Nei condomìni più grandi (con almeno 20 interni) scatterà poi l’obbligo di nominare un revisore condominiale «terzo e indipendente che certifichi il rendiconto condominiale redatto dall’amministratore». E se non provvederà il condominio, la nomina verrà fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno dei condòmini. Inoltre, al ministero delle Imprese sarà istituito un albo per amministratori e revisori. Un modo per ridurre la possibilità di controversie condominiali, che da sole rappresentano il 35 per cento delle cause civili.
Morosi quasi salvi
Un altro punto controverso è quello relativo ai debiti. In caso di morosità nel pagamento dei contributi condominiali, «i creditori potranno agire sulle somme disponibili sul conto corrente condominiale per l’intero credito vantato e, in via sussidiaria, sui beni dei condòmini», che manterranno un diritto di regresso nei confronti dei morosi. In sostanza, i ritardi dei pagamenti verrebbero coperti da chi è in regola, che poi potrebbe rifarsi su chi non ha pagato.
Per contrastare l’evasione fiscale, saranno invece aboliti i passaggi di denaro in contanti: ogni spesa o versamento per la gestione del palazzo dovrà «transitare obbligatoriamente sul conto corrente del condomino, postale o bancario, per consentire la massima tracciabilità», recita il testo del ddl. A ciò si aggiunge la detraibilità delle spese condominiali in sede di dichiarazione dei redditi, una misura che mira ad abbassare l’impatto del carico fiscale sui proprietari di casa e incentivare la regolarità nel pagamento delle rate.
Nessun entusiasta
La proposta di riforma preoccupa però gli amministratori, che prevedono oneri più alti per tutti. L’Anammi, l’Associazione nazional-europea amministratori d’immobili, ha lanciato l’allarme sostenendo che «il testo renderebbe ancora più onerosa la nostra attività», senza fornire soluzioni realistiche ai problemi di conduzione degli edifici. E «inserire nella gestione del bilancio una seconda professionalità significa aumentare le spese per i condòmini», ha notato il presidente Giuseppe Bica.
La proposta di legge targata FdI – che ha tra i firmatari nomi di peso del partito, tra cui i deputati Augusta Montaruli e Marco Osnato – ha infiammato gli animi nella maggioranza. La Lega, in particolare, non ci sta: «Niente nuove norme e nuova burocrazia per i condomìni e per gli inquilini che adempiono al loro dovere», ha detto il 18 dicembre il vicepremier Matteo Salvini. «La riforma bis del condominio presenta evidenti criticità e non è condivisa da noi».
Parole prese al balzo da Pd e 5 stelle: «Ancora una volta è la Lega a esprimere criticità che non solo condividiamo, ma riteniamo gravissime: questa riforma andrà a penalizzare le persone puntuali nei pagamenti», ha osservato Ubaldo Pagano (Partito democratico). Polemico anche il leader del M5s Giuseppe Conte, che ha rispolverato i toni dell’antipolitica: «Fratelli d’Italia pretende la laurea per gli amministratori. Ma allora chiediamo la laurea anche per i politici e per i presidenti del Consiglio?».
Un copione già visto
Il partito della premier ha così optato per una mezza marcia indietro. Per il capogruppo alla Camera, Galeazzo Bignami, sarebbe «una proposta come tante che vuole tutelare i condòmini onesti da gestioni non corrette. È indispensabile un confronto tra tutti i soggetti interessati in grado di costruire una posizione di buon senso. Altrimenti la legge non potrà proseguire il suo iter». La stessa Gardini ha annunciato la creazione di tavoli tecnici con professioni e associazioni per migliorare il testo.
Di fatto a ripetersi è un copione che si è visto più volte negli ultimi mesi, anche con norme inserite nella legge di Bilancio: prima la fuga in avanti di un partito della maggioranza, seguita dalle critiche degli altri due, spesso su spinta di qualche gruppo di pressione; poi un passo indietro del governo, caparbiamente smentito a parole ma evidente nei fatti. Quindi la trattativa tra i leader e un accordo di compromesso finale, che alla fine si è sempre trovato. Almeno fino a oggi.
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