La caduta del governo Draghi non ha colto di sorpresa almeno metà del corpo elettorale italiano. Per il 48 per cento delle persone, infatti, la compagine governativa era giunta al capolinea. La campagna elettorale estiva si presenta breve e tutta in salita, con le macchine elettorali dei partiti che devono rimettersi in moto velocemente. Ma quali sono i motivi per cui, oggi, gli italiani votano per un partito? E quali sono i temi che attirano maggiormente gli elettori?

Le motivazioni

L’analisi dei motivi di scelta di un partito conduce a evidenziare, fra gli altri, almeno sette temi. Al primo posto c’è la capacità di un partito di essere attento ai problemi reali delle persone (23 per cento). Seguono a stretto giro il voto di appartenenza (il 22 per cento vota un partito perché ne condivide le idee) e il livello di onestà di una forza politica (21 per cento).

Al di sotto di questi tre temi, esistono altri fattori motivanti, come ad esempio la fiducia che riesce a ispirare il partito e il suo leader (19 per cento), il programma e le scelte politiche che propone per il futuro del paese (18 per cento), la capacità e la responsabilità nel governare il paese (17 per cento) e infine la propensione a fare gli interessi di tutti (16 per cento). Se queste sono le principali motivazioni che emergono dal corpo elettorale nel suo complesso, ci sono differenze di stimolo tra gli elettori di centrodestra, di centro e centrosinistra.

Per i primi, i principali fattori motivanti sono la fiducia nel partito o nel leader (29 per cento), l’onestà (28 per cento), la condivisione delle idee (26 per cento), l’attenzione ai problemi reali (22 per cento), la capacità di parlare in modo semplice e chiaro (18 per cento), la voglia di cambiare le cose (14 per cento) e l’essere contro la sinistra (13 per cento).

Per gli elettori di centrosinistra gli attrattori motivanti sono, innanzitutto, il programma (26 per cento), l’attenzione ai problemi reali (25 per cento), la condivisione delle idee (24 per cento), l’attenzione alle fasce più deboli (22 per cento) e la responsabilità nel governare (21 per cento). Gli elettori di centro mettono, invece, ai primi posti la condivisione delle idee (36 per cento) e l’attenzione ai problemi reali (32 per cento).

I temi del voto

Sul fronte dei temi driver del voto, oltre alla sempre imperante necessità su lavoro e caro prezzi (trasversali tra i diversi elettorati), abbiamo la lotta alla corruzione (22 per cento), la sicurezza (21 per cento), l’ambiente e la riduzione delle tasse (19 per cento), la richiesta di maggiore uguaglianza (18 per cento), l’immigrazione e la riduzione del precariato (12 per cento). Anche in questo caso l’agenda dei temi driver è differente tra i vari elettorati.

Per il centrosinistra in vetta troviamo l’ambiente (31 per cento), la lotta alle diseguaglianze (29 per cento), i diritti civili (23 per cento), l’antirazzismo (22 per cento) e la lotta alla mafia (19 per cento). Gli elettori di centrodestra, per parte loro, sono molto sensibili ai temi della sicurezza e delle tasse (27 per cento), l’immigrazione (26 per cento), la difesa dei valori tradizionali (17 per cento), le grandi opere e la difesa delle pensioni (16 per cento) e il no alla casta (13 per cento). L’elettorato centrista, infine, è attento a temi quali corruzione (32 per cento), ambiente e sicurezza (28 per cento) e grandi opere (18 per cento). Per il ceto medio basso e i ceti popolari l’attenzione si concentra su corruzione (29 per cento), tasse e sicurezza (24 per cento), lotta al precariato (18 per cento) e no alla casta (13 per cento).

Il ceto medio, invece, si concentra su ambiente (23 per cento), sicurezza (21 per cento), grandi opere (17 per cento), tasse e diseguaglianze (16 per cento). I temi e i motivi di voto sono come sempre frastagliati e articolati, in base alle convinzioni di ogni singolo, alla sua condizione sociale e alla sua cultura politica. Ma in questa campagna elettorale, dopo due anni di pandemia, sotto l’incedere della guerra, dell’inflazione, dell’aumento dei tassi di interesse e dei prezzi, sembra entrare in gioco un altro e ben più profondo driver di voto: quello del futuro, dell’Italia che saremo. Entra in gioco quello che potremmo definire il teorema di Churchill: «Il politico diventa uomo di stato quando inizia a pensare alle prossime generazioni invece che alle prossime elezioni».

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