L’inchiesta sul sistema di potere di Fratelli d’Italia a Terracina, provincia di Latina, non riguarda seconde linea del partito di Giorgia Meloni. Punta in alto e coinvolge l’europarlamentare ed ex portavoce della leader conservatrice: Nicola Procaccini, già sindaco e assessore della città. Procaccini è uno delle figure in ascesa in Fratelli d’Italia, molto vicino a Meloni, che si fida moltissimo di lui. Solo che ora l’indagine della procura di Latina svela «una mercificazione della res publica», definizione della giudice Giorgia Castriota, che ha firmato l’ordinanza di arresto per alcuni degli indagati.

Procaccini è tra gli indagati senza tuttavia essere oggetto di misure preventive a differenza di altri coinvolti nel sistema. Dai documenti dell’indagine emerge anche il tentativo di Procaccini di bloccare l’inchiesta con pressioni sulla guardia costiera. Ma anche il trattamento riservato a una funzionaria comunale troppo zelante su alcune pratiche, che ha pianto dopo aver ricevuto un duro richiamo da Procaccini.

Sono mezza città

Secondo la tesi della procura il comune era cosa loro, i politici lavoravano per gli interessi dei concessionari balneari amici, con la compiacenza di funzionari complici o minacciando quelli non asserviti. Alcuni concessionari erano già noti nelle pagine dell’inchiesta di Roma ribattezzata “mafia capitale” su Massimo Carminati, l’ex esponente dei Nuclei armati rivoluzionari che aveva messo in piedi un sistema di corruzione pervasivo. Concessionari che nel frattempo avevano trasferito i loro interessi da Ostia a Terracina con sindaca Roberta Tintari, «onesta e capace», almeno a sentire in campagna elettorale Giorgia Meloni. I pm l’accusano di corruzione e altri reati. Sono coinvolti anche altri politici, funzionari comunali, a disposizione di alcuni concessionari. Poi c’è l’ex vicesindaco Pierpaolo Marcuzzi, già arrestato a gennaio scorso, sospeso dal partito ma assunto da Procaccini in Europa come suo assistente. Su Marcuzzi, per esempio, c’è una telefonata intercettata in cui parlava con un imprenditore balneare elemosinando voti in cambio di informazioni in merito alle assegnazioni delle concessioni. Quello che emerge, nell’indagine che coinvolge 49 persone e tre società, è la subalternità al potere dei balneari, richiesta di voti, rivelazioni di informazioni riservate, manomissione dei bandi, distruzione di atti, illegittime sanatorie edilizie, opere pubbliche su aree demaniali marittime.

Accadeva così che i soldi pubblici venivano distribuiti senza gare. Per esempio quando c’è stata la necessità di erogare un contributo da 80mila per il servizio di salvataggio collettivo sulle spiagge. Una parte degli uffici si oppone perché è una cifra sopra soglia ed è dunque da affidare tramite una gara. I soldi dovevano andare alla cooperativa Mare e Monti di Mario Avelli (ma gestita da Marcello Masci e Fabio Minutillo). Riunioni, incontri e parole alla presenza anche di Procaccini. Era il 2019 e il fedelissimo di Giorgia Meloni era già parlamentare europeo, tuttavia il suo feudo elettorale non lo perde mai di vista, segue ogni questione.

In un’intercettazione agli atti, Procaccini spiega perché c’è tanto interesse a sbloccare la situazione in stallo dopo il rifiuto degli uffici alla richiesta di non fare un bando. Dice Procaccini alla sindaca di Terracina, Roberta Tintari, sostenuta da Fratelli d’Italia: «Questi sono mezza città di Terracina (…) qui parliamo di voti veri, se questi si mettono contro su questa cosa diventa un problema». Mancava poco al voto per le comunali.

L’impegno mostrato dai politici, per la giudice, è finalizzato a ingraziarsi il consenso dei balneari «per la riconferma alle nuove elezioni amministrative». La soluzione è l’erogazione di 48mila euro alle associazioni sindacali di categoria che sarebbero stati poi girati a Mare e Monti. A marzo 2020 l’imprenditore Marcello Masci, gestore dalle cooperativa e coordinatore provinciale del gruppo “Cambiamo con Toti”, schiera la sua lista a sostegno della meloniana candidata a sindaco. Il patto è servito, secondo la tesi dei magistrati. Fatti che configurano, per gli inquirenti, una turbativa del procedimento di assegnazione dei soldi pubblici. Procaccini, dopo la notizia dell’indagine sul suo conto, si è difeso: è pronto a chiarire ogni cosa, perché lui, dice, non ha commesso alcun reato. E però a differenza di altri politici di rango inferiore (consiglieri comunali arrestati o solo indagati) Meloni non ha ancora sospeso l’amico Procaccini.

«Mi ha fatto piangere»

C’è un’altra storia che coinvolge Nicola Procaccini. Riguarda il rilascio di una licenza alla Oasi Sea Park di Luca Rasi. Al comune di Terracina c’è una funzionaria abituata a fare il suo dovere seguendo le regole e i codici. Si chiama Graziella Falovo, e quando la società chiede al suo ufficio il rilascio della licenza trova una dipendente pignola, che spiega agli interessati che la domanda andava presentata al comune di Roma e non di Terracina. La genesi di questo episodio racconta tanto del sistema Terracina. Ne parlano, mentre sono sotto intercettazione, il consigliere comunale Davide Di Leo e la sindaca Roberta Tintari perché anche in un’altra vicenda analoga la funzionaria era stata troppo zelante. «Gli ha fatto compilare 3 volte la pratica e gli ha fato spendere senza motivo 850 euro e l’ha chiamata Nicola... gli ha fatto un culo come un secchio a Graziella che poi dice che si è messa a piangere e non me ne frega nulla», dice Di Leo alla sindaca, il 18 dicembre 2019.

Procaccini è parlamentare europeo, ma quando la situazione si ingarbuglia fornisce indicazioni e dispensa consigli, ma soprattutto interviene sul territorio che un tempo aveva amministrato da sindaco. Le pressioni non sono solo riferite dai due, i pm hanno interrogato la dipendente del comune e ha confermato tutto.

«L’ho presa molto male e mi misi a piangere al telefono con Procaccini, un pianto di rabbia e di sfogo perché dopo tanti anni di servizio non mi era mai capitato che un politico mi trattasse così». Procaccini le aveva chiesto le ragioni del mancato rilascio, di velocizzare la pratica e aveva voluto parlare con un’altra funzionaria dicendo che da quel momento la pratica sarebbe passata a lei. Ma la dirigente Claudia Romagna non solleva dall’incarico Falovo, anzi, il giorno dopo le fa trovare un mazzo di rose rosse.

Per gli inquirenti questa condotta configurerebbe il reato di induzione indebita, uno dei reati contestati a Procaccini. Con le pressioni confermate da Falovo, dalle conversazioni tra consigliere e sindaca, e da un’altra funzionaria che aveva assistito alla telefonata incriminata tra Procaccini e Falovo.

Procaccini e i controlli

Procaccini ha tentato di ostacolare l’indagine in corso. Nel 2019, quando la capitaneria di porto aveva iniziato a chiedere documentazioni al comune di Terracina. «Gli indagati hanno posto in essere plurimi tentativi di ostacolare le indagini», scrive la giudice. L’obiettivo era ottenere il trasferimento della comandante Emilia Denaro e dell’ufficiale Samuel Sasso. Per farlo tentano di organizzare incontri con il comandante Federico Giorgi e con il procuratore di Latina, Carlo Lasperanza, senza risultati. Procaccini si muove e incontra il comandante Giorgi, l’incontro viene videoregistrato, Procaccini si lamenta degli ufficiali che «stanno facendo le pulci», e si mostra a conoscenza dei contenuti degli atti d’indagine.

Il 27 gennaio 2020 il fedelissimo di Meloni ottiene un incontro con il procuratore aggiunto Carlo Lasperanza lamentando l’eccessiva operosità investigativa. La giudice scrive che «gli indagati si sono finanche serviti dell’intervento dell’europarlamentare Nicola Procaccini, il quale ha provveduto a contattare soggetti appartenenti ad altre istituzioni (...) nella vana speranza di delegittimare e paralizzare le operazioni investigative condotte dagli ufficiali Denaro e Sasso».

La ricerca di voti

Infine l’ossessiva ricerca di voti. Anche di questo vive il sistema Terracina dei Fratelli d’Italia. «Oggi abbiamo giunta e chiedo informazioni», assicurava Marcuzzi, l’assistente di Procaccini, all’imprenditore Giampiero La Rocca, prima di chiedere sostegno elettorale. Siamo nel novembre 2019.

«Sto in cerca di voti, devo fare il consigliere comunale. Anche tu inizia a fare un po’ di campagna elettorale che qua mi servono i voti a me eh! Dici a tutti come consigliere vota Marcuzzi, vota Marcuzzi, Marcuzzi, Marcuzzi, quando te alzi la mattina prega per Marcuzzi». La risposta è chiara: «Eh eh lo sai che non ci stanno problemi...», risponde La Rocca, condannato per furto e rissa, viene presentato con due pagine di segnalazioni di polizia per ricostruirne «il complesso profilo criminale». La Rocca non risulta concessionario, le concessioni erano formalmente intestate a terzi, ma erano comunque riconducibili a lui.

© Riproduzione riservata