Qual è il quadro della situazione nel paese? La società italiana è sotto i colpi dell’incrociarsi, in successione e in simultanea, di molteplici crisi.

Una polifonia convergente, dal Covid alla crisi climatica; dall’aumento dei costi dell’energia alla corsa dell’inflazione; dal rombo dei cannoni all’accentuarsi delle tensioni tra globale e locale; dall’evoluzione tecnologica, con l’affermarsi della robotica e dell’intelligenza artificiale, alla crisi delle identità contemporanee e il suo portato di ripiegamento nostalgico; dall’aumento del costo del denaro e dei mutui, al riesplodere dei rischi nel mondo bancario. La polifonia di crisi genera uno stato di tensione costante, un susseguirsi e sovrapporsi di fattori di pressione che inducono le persone a un incessante sforzo di adattamento e ridisegno delle proprie prospettive.

Una dinamica avvolgente in cui le persone vivono in una sorta di sindrome di Sisifo, in cui speranza di luce e nuvole all’orizzonte si rincorrono in un incedere randomico, che riduce le possibilità di progettazione e di visione di lungo periodo e che fa ripiombare le persone sull’istante, sulla necessità di cogliere il momento, di godere l’attimo. È quanto emerge dal rapporto scenariale sul paese Ipsos Flair 2023.

Fratture sociali e dinamiche in corso

Le dinamiche in atto nelle viscere della società italiana sono marcate da fattori spesso contrapposti e ossimorici. In crescita, in primo luogo, risultano le fratture sociali. Solo il 5 per cento del paese guarda con ottimismo verso il futuro e sente la propria posizione sociale ed economica in miglioramento. Le prospettive, tuttavia, non sono distribuite in modo omogeneo. A fronte di un 10 per cento del ceto medio che prevede un quadro di miglioramento ulteriore, fa riscontro, nei ceti popolari solo l’1 per cento. Di contro la quota della popolazione che prevede una diminuzione del proprio status ammonta al 34 per cento. Anche in questo caso il trend non è omogeneo e a fronte di un 9 per cento del ceto medio che ipotizza una riduzione delle proprie possibilità economiche, nei ceti popolari il calo ulteriore è previsto dal 34 per cento. L’ascensore sociale appare attivo solo per i ceti benestanti, mentre per i ceti popolari è in opera lo scivolo sociale.

Il quadro delle spinte e controspinte che agiscono nella realtà mostrano una società italiana che non è ripiegata, prona di fronte al futuro. Nuovi impulsi crescono. La crisi inflattiva e il caro energia sospingono le persone a essere sempre più attente a quanto spendono (43 per cento), a considerare lo spreco una perdita e non più un mero effetto collaterale del consumismo. Mentre la parsimonia si afferma come modello esistenziale quotidiano, le persone ricercano sempre di più un lavoro che le faccia sentire realizzate (88 per cento). Una spinta ben evidente in quei oltre due milioni di persone che hanno lasciato il lavoro lo scorso anno. Il tempo, lo spazio per sé e per le proprie aspirazioni, è divenuto sempre più un bene prezioso e per il 72 per cento dell’opinione pubblica oggi il tempo è il vero lusso.

Di fronte all’incedere della polifonia delle crisi e alla sindrome di Sisifo, crescono le spinte nostalgiche. Nostalgici pastiche che ruotano intorno all’idea idilliaca di un mondo di ieri migliore di quello di oggi (62 per cento). Infine, cresce la voglia di leggerezza (25 per cento), la voglia di riprendersi la vita, il desiderio di lasciarsi tutte le preoccupazioni alle spalle e divertirsi.

Spingere in avanti

La complessità della situazione determina un comportamento delle persone che possiamo riassumere con l’immagine del catenaccio all’italiana. Le persone non cercano di rifugiarsi in antri di resa, ma affrontano le vicissitudini, cercano di spingere in avanti, di non lasciar cadere le speranze e i sogni. Il domani diviene il frutto composito in cui troviamo tenacia e affaticamento, responsabilità e qualche egoismo, ricerca di comunanza e reticolarità e rigurgiti individualisti.

Un paese che di fronte al convergere delle crisi non vuole smettere di combattere, non vuole arrendersi, ma non dà neanche una fiducia illimitata a nessuno. Una società che non vuole rinunciare ai propri sogni, ma si adatta, si muove e sposta, strategicamente muta alcuni elementi del proprio scegliere e agire, cambia i paradigmi di consumo e politici, per riconquistare la via del cambiamento e del domani, nella certezza che la transizione resta, per ora, permanente.

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