Nel corso degli ultimi anni i sentimenti verso l’immigrazione hanno subito una tendenziale evoluzione. Gli aspetti maggiormente respingenti hanno avuto un progressivo rallentamento, così come le sensazioni più retrive e negative hanno avuto un raffreddamento.

Nell’ottobre 2020, ancora in pieno periodo pandemico, le persone che auspicavano uno stop complessivo agli arrivi di migranti nel nostro paese assommava al 60 per cento della popolazione maggiorenne. Gli aperturisti accoglienti erano, invece, una sparuta minoranza (19 per cento). La restante quota del 21 per cento era incerta e ondivaga sul da farsi. A fine maggio 2023, quasi tre anni dopo, il numero delle persone favorevoli alla chiusura totale che non vuol sentir parlare di accoglienza sono scese al 41 per cento. Un calo secco di 19 punti percentuali, anche se restano sempre la maggioranza relativa dell’opinione pubblica.

Gli aperturisti, quanti pensano che si debba consentire l’arrivo di migranti e la possibilità di accoglierne almeno una parte, è aumentato di 14 punti, passando al 33 per cento. Anche il numero degli ondivaghi è cresciuto salendo dal 21 al 26 per cento. Il rallentamento dell’astio duro e puro verso i migranti è segnalato anche da un altro dato: il confronto tra favorevoli e contrari al reato di clandestinità. Sempre a fine 2020 gli italiani che sostenevano a gran voce l’arresto degli immigrati clandestini erano il 43 per cento. Tre anni dopo la pulsione repressiva ha smorzato la sua intensità e i favorevoli sono scesi al 36 per cento, con un calo significativo di sette punti percentuali.

Le aree sociali e politiche in cui sono intercorsi i mutamenti sono quelli di Fratelli d’Italia (si passa dal 71 per cento del 2020 al 57 per cento di oggi), di Forza Italia (dal 45 per cento al 26 per cento) e di M5s (dal 31 per cento al 28 per cento). Tra le fila della Lega, invece, il tema è ulteriormente cresciuto, passando dal 70 per cento al 74 per cento). I segmenti sociali che restano maggiormente favorevoli alla linea dura contro i migranti sono il ceto medio-basso (38 per cento), i liberi professionisti e i lavoratori autonomi (42 per cento), i cattolici osservanti (43 per cento), le persone che vivono nelle aree rurali (45 per cento), i residenti a nord est (51 per cento), a nord ovest (41 per cento) e a centro nord (42 per cento), nonché le persone di età compresa tra i 31 e i 50 anni (47 per cento).

Cambiamento emotivo

Il mutamento intercorso negli ultimi tre anni coinvolge anche l’aspetto emozionale, ovvero le sensazioni che gli italiani provano di fronte al fenomeno migratorio e alle persone immigrate. In questo caso il quadro è più contraddittorio. Da un lato, calano in modo considerevole la disponibilità solidale nei confronti dei migranti (si scende dal 44 per cento del 2020 al 33 per cento di oggi), la commiserazione (dal 27 per cento al 17 per cento) e la disponibilità al sostegno (dal 27 al 20 per cento). Dall’altro lato, scendono anche le spinte più negative e repulsive. La rabbia passa dal 24 per cento al 10 per cento; l’ansia dal 23 per cento all’11 per cento; la sensazione di disturbo dal 17 per cento all’11; la repulsione dal 9 al 6 per cento. Restano stabili indifferenza (sempre al 6 per cento) e disinteresse (sempre intorno al 5 per cento).

Le ragioni

Il tema immigrazione, sovrastato, prima dal Covid e dalla guerra in Ucraina, oggi dal caro vita e dal caro mutui, è lentamente scivolato in un secondo livello di stato di tensione. I dati mostrano una diminuzione della dimensione acuta di avversità e una riduzione della contrapposizione polarizzante. Tutto questo, però, non ci conduce a una dimensione di mutamento di orientamento generalizzato verso l’immigrazione.

Il tema è andato solo sotto la cenere di altri fuochi più caldi, ma resta sempre acceso e pronto a riesplodere. Il calo delle spinte solidaristiche mostra anche che una parte delle dimensioni e delle posizioni di apertura e inclusione erano più il frutto di un posizionamento ideologico, anziché una reale e perdurante disponibilità ad accogliere chi viene.

Il capitolo immigrati resta, non a caso, uno tra dei fattori di alert nella mappa dei rischi futuri per il paese (con un terzo del paese che lo segnala come argomento cui prestare la massima attenzione). Lo stesso stop netto ai flussi migratori, pur in riduzione, permane maggioritario nell’anima profonda dell’Italia. Il tema, pertanto, resta una brace calda nelle viscere della società, in particolare in alcune zone del paese come il centro nord, nei ceti popolari e medio bassi, nonché nei centri rurali.

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