L’Italia è un paese in deficit di felicità. Oscar Wilde ci ricorda che la felicità non è avere quello che si desidera, ma desiderare quello che si ha. Einstein sosteneva che se si vuole una vita felice, si deve dedicarla a un obiettivo. Ghandi sottolineava che la felicità nasce dalla coscienza di fare ciò che riteniamo giusto e doveroso, non dal fare ciò che gli altri dicono e fanno.

Sulla felicità si sono spesi fiumi di parole e ogni persona ha un proprio senso e valore della felicità. Nel corso degli ultimi tre lustri, dal 2011 a oggi, la quota di italiani che si sente molto o abbastanza felice è crollata dal 73 al 58 per cento, con un balzo all’indietro di 15 punti. Solo in Corea del Sud il decremento è stato maggiore, facendo segnare un -23 per cento (dal 71 al 48).

Meno felici

I tassi di felicità, secondo quanto emerge dal Global happiness 2024 di Ipsos che monitora 30 paesi al mondo, sono in arretramento in quasi tutti i principali paesi occidentali. Se dal 2011 al 2024 in Giappone, Stati Uniti e Francia si registra un calo del 13 per cento, in Svezia la caduta è del 12 e in Germania dell’11.

Differente è il quadro in Gran Bretagna dove la discesa è del 4 per cento, mentre in Spagna si registra un aumento dei tassi di felicità del 7 per cento (dal 63 al 70 di oggi). In crescita i tassi di felicità anche in Brasile (dal 77 all’81), Messico (dal 78 all’83) e Argentina (dal 68 al 73).

Complessivamente il nostro paese si colloca in fondo alla classifica di trenta paesi, precisamente al ventiseiesimo posto (vanno peggio solo Giappone, Corea del Sud e Ungheria). Ma quali sono gli aspetti che vanno meglio e generano felicità e quali invece alimentano la tristezza?

Figli e nipoti sono decisamente una fonte di felicità per l’81 per cento degli italiani. Va peggio, invece, la vita sentimentale. Ne sono soddisfatti il 52 per cento degli italiani, collocando il nostro paese al terzultimo posto nella classifica globale.

In Spagna i soddisfatti sono il 70 per cento, in Gran Bretagna il 63, in Francia il 61 e in Germania il 54. Penultimo posto in classifica globale per l’Italia sulla qualità delle relazioni con gli amici (63 per cento). In Gran Bretagna il tasso di positività delle relazioni amicali è all’81 per cento, in Spagna al 79, negli Usa al 77 e in Germania e Francia al 76.

La promessa tradita

Non vanno meglio i rapporti con i parenti (69 per cento di soddisfatti e quartultima posizione), la sensazione di sentirsi amati (63 per cento e penultima posizione), nonché il sentirsi apprezzati e ammirati (58 per cento e quartultima posizione).

Se lasciamo il quadro personale e rivolgiamo lo sguardo al quadro della dimensione sociale scopriamo che il 62 per cento degli italiani si dice soddisfatto del proprio lavoro (terzultimo paese). Il dato negli Usa è al 77 per cento, in Gran Bretagna al 75, in Spagna al 74 e in Francia al 70. Limitato anche il livello di appagamento per il tempo libero (63 per cento, terzultimo paese).

Lo scarto con gli Usa è ancora più grande rispetto al lavoro, con l’80 per cento degli americani soddisfatti per il tempo libero. In Gran Bretagna sono il 79, in Germania il 73 e in Francia il 72. Sui beni materiali posseduti la quota di appagati nel nostro paese è del 61 per cento (sestultima in classifica), mentre in Inghilterra si arriva all’83, negli Usa al 76, in Spagna al 75 e in Francia al 74.

Infine, sulla qualità della vita, si dicono soddisfatti il 61 per cento degli italiani (quintultimi), preceduti da francesi (68), spagnoli (75), americani (76) e inglesi (83). Lo sguardo lungo nei tre lustri ci ricorda che è finita la spinta propulsiva del consumismo e della sua promessa di felicità legata all’inarrestabile acquisto di beni.

Il significato della felicità

La fluidità esistenziale, le crescenti forme di indeterminazione e precarietà lavorativa ed esistenziale con cui si trovano a fare i conti parte delle persone, rendono complesso ritrovare il significato della felicità. La smania del desiderio e il consumismo di massa, diceva Bauman, hanno contribuito a far dimenticare il valore profondo del concetto di felicità.

«La felicità – per il sociologo – è uno stato mentale, corporeo, che sentiamo in modo acuto, ma che è ineffabile. Ciononostante, la caratteristica principale della felicità è quella di essere un’apertura di possibilità, in quanto dipende dal punto di vista con il quale la esperiamo».

La felicità è una sfida pienamente aperta nel nostro paese e presuppone la necessità di rimettere sui binari alcuni elementi basilari, fra cui svettano la qualità del lavoro e la sua stabilità, l’incremento delle forme e possibilità di condivisione e cooperazione con gli altri, per alimentare comunità aperte e non chiuse nella paura e nel rancore.

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