Le sfide del cambiamento climatico, le disuguaglianze insopportabili, le pandemie, l’instabilità geopolitica. Il rischio è che la cooperazione si sgretoli proprio quando è più indispensabile. In questo percorso l’Europa può e deve avere un ruolo
Alla Conferenza di Siviglia sul finanziamento allo sviluppo, a causa dell’affaticamento visibile del sistema delle Nazioni unite e dell’affievolimento dello spirito di solidarietà verso i paesi più poveri, nessuno, realisticamente, si aspettava risultati straordinari.
Tuttavia, l’assenza degli Stati Uniti, segno evidente del loro disimpegno dal multilateralismo e della scelta di privilegiare la forza alle regole condivise, ha incitato i partecipanti a uno sforzo supplementare.
In particolare, a Siviglia si è iniziato a discutere di come reinventare la cooperazione internazionale. Una cooperazione che altrimenti si sgretolerebbe proprio quando è più indispensabile: nessuno può farcela da solo di fronte al cambiamento climatico, alle disuguaglianze insopportabili, alle pandemie, all’instabilità geopolitica.
Nuovi protagonisti
Diversi paesi del Sud sono esplicitamente favorevoli alla reinvenzione della cooperazione. Non da oggi chiedono – e in parte ottengono – voce forte nei fori internazionali; insistono sull’allineamento della cooperazione alle loro priorità nazionali; tentano di creare nuovi spazi e istituzioni.
Ma quello che forse oggi stanno intravedendo è la possibilità di diventare protagonisti di un vasto movimento che ridefinisca regole e pratiche della cooperazione internazionale. Senza di ciò, il rischio è che diano vita a un multilateralismo parallelo che difficilmente potrà generare i beni pubblici globali di cui tutti abbiamo un bisogno urgente, a cominciare dall’Europa.
E l’Europa appunto? Che può fare per trasformare la crisi attuale in una svolta che rilanci e ripensi la cooperazione? Il suo ruolo non è scontato, anzi. Se non vuole ridursi a spettatrice subordinata delle dinamiche altrui deve rafforzare la sua autonomia e le sue alleanze, entrambe intimamente legate.
Due dimensioni sono indispensabili per la sua legittimità esterna e coesione interna.
Il ruolo dell’Europa
Da un lato, deve fare una scelta politica precisa e capire che il suo profilo di attore globale potrà continuare a essere credibile solo alleandosi ai paesi del Sud. Deve quindi porre la cooperazione internazionale tra le sue priorità politiche. L'Europa rimane il principale contributore di aiuti pubblici allo sviluppo, ma non basta. I fondi destinati all’azione esterna dell’Unione devono aumentare ed essere coordinati attorno a un obiettivo preciso: costruire alleanze con i paesi del Sud.
Inoltre, deve agire affinché questi abbiano accesso a risorse pubbliche e private per sviluppare politiche pubbliche sostenibili e protette dalle speculazioni e dalle crisi del debito ricorrenti.
D’altro lato, deve “mettersi in gioco” e ridefinire la natura delle sue relazioni nella cooperazione. La sfida sta nel dimostrare che è pronta a trasformare non solo il modo in cui finanzia, ma anche il modo in cui decide, ascolta e agisce. L’impegno europeo più forte del dopo Siviglia dovrebbe essere appunto questo: trasformare i partenariati in alleanze strategiche con il Sud, costruite congiuntamente e basate su obiettivi e interessi reciproci di transizione ecologica, digitale e sociale.
Un salto di qualità
L’Europa non parte da zero perché, sotto certi aspetti, la sua azione di cooperazione sta già mutando. Al suo cuore vi è il Global gateway, lo strumento cardine per le infrastrutture e per catalizzare gli investimenti privati verso il sud. Ma ora serve un salto di qualità: lo strumento concepito unilateralmente per essere un buon partner deve trasformarsi in una piattaforma per decidere insieme ai paesi del Sud l’agenda prioritaria, i criteri di valutazione e di rischio dei progetti.
Un passo chiaro in questa direzione (auspicato dagli autori di questo articolo nel paper Europe’s strategic role in global development) dimostrerebbe con i fatti che costruire soluzioni comuni è possibile, che l'Europa ha compreso il messaggio del Sud, che è disposta ad agire non come un finanziatore “premuroso”, ma come un partner strategico per costruire un sistema internazionale più equo e sostenibile per tutti.
L’Europa ha ancora la possibilità di scegliere. Può illudersi che i propri interessi di competitività e di sicurezza siano raggiungibili entro i propri confini e accettando la subalternità verso le “grandi potenze”; oppure può aprirsi verso il Sud e promuovere un nuovo equilibrio multipolare fondato anche sulla cooperazione. Il bivio è adesso.
Stefano Manservisi, già direttore generale alla cooperazione e lo sviluppo della Commissione europea
Mario Pezzini, già direttore del Centro di sviluppo Ocse, Forum disuguaglianze e diversità
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