Secondo i dati del rapporto annuale Svimez, il lockdown è costato ogni mese quasi 48 miliardi di euro, di questi quasi dieci al Sud dove, inoltre, sono stati persi circa 280mila posti di lavoro per una riduzione nei primi tre trimestri pari al 4,5 per cento, il triplo rispetto al Centro-Nord. Il Pil del Mezzogiorno, secondo le stime Svimez, risulterebbe a fine 2020 addirittura al di sotto del suo picco minimo del 2014, e inferiore di 15 punti percentuali rispetto al 2007. Una vera e propria mazzata per un territorio che per la sanità «era già zona rossa prima della pandemia», spiega il direttore dell'associazione Luca Bianchi.

Una situazione figlia «di un mix drammatico di inefficienze e distorsioni» che, a causa della seconda ondata, ha portato al tracollo un territorio dove ha incrociato «un tessuto produttivo più debole, un mondo del lavoro più frammentario e una società più fragile». Il reddito di cittadinanza, si legge nel rapporto, ha, inoltre, avuto un impatto «scarso se non nullo sul mercato del lavoro». Un quadro tragico dove specie l'occupazione femminile è stata letteralmente spazzata via con un calo dell'80 per cento di quella creata tra il 2008 ed il 2019. Il crollo peggiore in termini di Pil si registra in Basilicata dove il calo è stato del 12,9 per cento, ma anche in Molise e Puglia le perdite sono elevate risultate elevate e hanno registrato una diminuzione rispettivamente dell’11,7 per cento e del 10,8.

Anche l'auspicata ripresa per il 2021, secondo lo Svimez, sarà «a due velocità» con un forte differenziale Nord/Sud: 4,5 per cento contro 1,2 per cento. Va comunque segnalato che le previsioni dell’associazione segnalano una riduzione lievemente minore del Pil delle regioni meridionali rispetto a quello di quelle settentrionali: rispettivamente -9,0 per cento e –9,8 per cento. Un dato che comunque non giustifica il gap previsto per il 2021. Per quanto riguarda il 2022 le previsioni confermano il trend di disuguaglianza fra le due aree del paese con un aumento del Pil del nord del 5,3 per cento e del 1,4 per cento per quanto riguarda quello del sud.  

L’intervento di Conte

 Di fronte ai dati presentati da Svimez, il premier Giuseppe Conte ha parlato apertamente di una «vera emergenza sociale» causata dal virus nel sud Italia. Il primo ministro ha poi aggiunto: «Questa crisi ha colpito tutti ma non tutti nello stesso modo» e ha anzi messo in luce l'aumento del divario tra le diverse aree del paese a causa di «diseguaglianze strutturali». Conte ha assicurato «attenzione costante» verso il mezzogiorno che deve essere «motore di ripresa» perché «rafforzando il Sud, lo abbiamo specificato più volte, rafforziamo l'intero paese». Da questo punto di vista l'occasione da non perdere è quella del Recovery plan, ma non solo. Il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, ha infatti, parlato di 140 miliardi messi a disposizione «per i prossimi sette anni». I fondi sono necessari per mettere in campo una «strategia di sistema e investimenti per il rilancio». Anche perché bisogna «evitare la voragine occupazionale» data da una crisi che «non è un cigno nero ma un acceleratore di dinamiche già esistenti» che vanno assolutamente cambiate.

© Riproduzione riservata