Secondo il presidente della Assocontact Paolo Sarzana, nelle società di telemarketing lavorano 40mila persone. Supponendo che facciano una telefonata ogni 10 minuti, questo esercito rompe le scatole a due milioni di italiani al giorno per convincerli, prevalentemente, a cambiare gestore telefonico o fornitore di elettricità. Si può vivere così?

Eppure due forze oscure perpetuano questa roba incivile. La prima è terribile: la difesa dei posti di lavoro. Chi chiede di essere lasciato in pace si sente subito rispondere che vuole mandare sul lastrico 40mila famiglie. La seconda sono le grandi società di servizi, mandanti dell’osceno fenomeno: costringono milioni di clienti a passare dall’una all’altra per arrotondare con questo insensato carosello i propri bilanci. Quattro anni fa l’allora Garante per la privacy Antonello Soro fece una denuncia precisa: «Fare marketing in questo modo rende la vita insopportabile: le persone vengono chiamate a qualsiasi ora sui propri cellulari e ad orari canonici sul telefono fisso». Soro chiese una nuova legge, toccando il punto dolente: «L’introduzione di una più puntuale responsabilità del committente tutelerebbe in modo adeguato i cittadini». Già, perché quando qualcuno protesta i mandanti si dichiarano vittime e parlano di casi isolati. Mentre in realtà sono loro che alimentano un business nel quale hanno un interesse evidente e si guardano bene dall’eliminare dal gioco i più scorretti.

La legge del 2018

L’11 gennaio 2018, a Camere sciolte, il governo Gentiloni riuscì a farsi approvare una legge che finalmente introduceva due obblighi per il telemarketing. Il primo è l’obbligo per chi fa telemarketing di chiamare da numeri riconoscibili dal prefisso apposito 0844 o comunque da numeri riconoscibili e richiamabili per fermare lo scandalo dei molestatori che ti chiamano senza che tu sappia chi ti ha chiamato. Questa norma viene sistematicamente violata, tanto da spingere l’Agcom (autorità delle comunicazioni), a un anno e mezzo dalla sua approvazione a fare una surreale delibera di diffida agli operatori a rispettare «senza indugio» la legge. Un appello accorato, senza sanzione.

La seconda novità della legge n. 5 del 2018 è la facoltà di iscrivere al Registro delle opposizioni, cioè alla lista dei numeri che non si possono chiamare per offerte commerciali, tutti i telefoni, compresi i cellulari. Il Registro delle opposizioni è di per sé una presa in giro. Dice Rosario Trefiletti, presidente del Centro consumatori Italia: «C’è una patologia furbesca sottovalutata, si affibbiano ai cittadini contratti non richiesti attraverso veri e propri raggiri. L’unica soluzione sarebbe il ritorno alla modalità precedente: era il cittadino che avallava preventivamente la richiesta di contatti con gli operatori e non viceversa». Accontentiamoci comunque del Registro delle opposizioni. Ovviamente la legge del gennaio 2018 prevedeva un decreto attuativo, e il decreto attuativo dopo tre anni ancora non c’è. Quindi la legge è rimasta lettera morta.

In Italia la tutela dei furbetti funziona così. Lo schema di decreto attuativo ha avuto il prescritto parere dell’Autorità per le comunicazioni il 19 aprile 2019, poi quello del Garante per la privacy il 30 aprile, poi quello del ministro per la Pubblica amministrazione il 18 giugno. Nel frattempo è stato formato apposito tavolo istituzionale con le associazioni di categoria «per evidenziare le criticità interpretative e tecniche». Proprio così: il parlamento fa le leggi e le lobby evidenziano. Alla fine il Consiglio dei ministri ha varato il decreto il 17 gennaio 2020 e il 13 marzo il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli lo ha mandato al Consiglio di stato per il prescritto parere. Il Consiglio di stato decide che il decreto è fatto male e comunque Patuanelli non ha trasmesso il parere della Pubblica amministrazione di dieci mesi prima, onde per cui «sospende l’espressione del parere in attesa degli adempimenti di cui in motivazione». Con queste aziende telefoniche ed elettriche, questi politici e questa burocrazia la banda del telemarketing vincerà sempre.

© Riproduzione riservata