Etf o fondi?

Ho problemi molto forti con la mia banca ad acquistare quello che voglio perché allo sportello cercano di dirottarmi sui loro prodotti e quello che vorrei acquistare io mi dicono che è troppo pericoloso come mi è capitato con un Etf (un fondo d’investimento low cost, ndr) per cui per acquistarlo dovrei avere secondo loro un profilo più “spinto”. Non mi pare nulla di così pericoloso in confronto a quello che mi propone la banca. Cosa posso fare?

Mario G.

Gentile Mario, molti risparmiatori mi raccontano storie di questo tipo e ascolto spesso anche sfoghi di bancari sul punto. Tipo questa testimonianza reale: “io sono dipendente in una filiale di banca. Qui è uno schifo perché si lavora con budget mensili su prodotti finanziari (sia assicurativi che risparmio gestito) pressanti e opprimenti. Ma non solo.

La follia totale è che si sono inventati il servizio di consulenza evoluta che il cliente paga sull’intero patrimonio in giacenza sulla filiale con il problema che comunque i prodotti collegati (polizze vita, fondi, gestioni patrimoniali..) hanno comunque costi di ingresso, gestione, uscita. Se i clienti sapessero…”

Questo fenomeno è conosciuto come “mal di budget” ovvero la pressione che chi lavora dentro banche e reti riceve per collocare i prodotti più costosi e diversi sindacati bancari (da Fabi alla First Cisl) sono da tempo sul piede di guerra ma senza grandi risultati. E se ne è parlato anche recentemente nella Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario presieduta da Carla Ruocco con i soliti proclami di “fari accesi” e “indagini in materia”.

Dall’inizio del 2018 con l’entrata in vigore della normativa europea Mifid 2 a cui tutti gli intermediari e consulenti finanziari (anche italiani) devono obbligatoriamente attenersi tutto si sarebbe dovuto quasi risolvere con il cliente messo al centro del nuovo sistema solare del risparmio e trasparenza e tutela a livelli cosmici.
Qualcosa evidentemente non funziona (e non solo in Italia) perché a essere realisti bisogna osservare che nei bilanci delle banche italiane il 60-70 per cento dei profitti arriva proprio dalle commissioni sul wealth management (fondi, polizze, certificati, gestioni…) e i banchieri non vogliono certo rinunciare a questa fonte inesauribile.

Questa è la ragione per cui se un risparmiatore invece che un fondo vuole comprare un Etf (un fondo indicizzato che replica un indice) viene trattato quasi come un contrabbandiere di plutonio e si sente dire che gli Etf sono “pericolosi e speculativi” che è una baggianata, visto che esistono Etf di tutte le categorie, hanno costi di gestione spesso di un decimo rispetto a quello dei fondi anche perché non retrocedono nulla alle banche e reti (ed è la ragione per cui per alcune sono viste come fumo negli occhi). Ed esistono Etf come fondi di ogni tipo e se si confrontano a parità di categoria lo strumento più rischioso è 90 volte su 100 il fondo.
Tornando a lei signor Mario come consiglio vale sempre quello fra i più conosciuti in Borsa: votare con i piedi. Quando non si è contenti o convinti di una banca come di una società quotata se non si possono cambiare le cose si girano i piedi dall’altra parte e si va da un’altra parte.

Il caso H2O

Su consiglio del promotore della banca avevo acquistato dei fondi della società di gestione H2O che sembravano il meglio del mercato con performance stratosferiche ottenute nel tempo.

Con la pandemia qualcosa è sfuggito e sono prima crollati anche più del 50 per cento e poi qualche mese dopo mi è stato spiegato dal mio promotore che una parte importante dei titoli contenuti nel fondo (circa il 30 per cento) erano invendibili e quindi venivano separati in un altro comparto del fondo non liquidabile. Insomma sono rimasto con il cerino in mano.

Dopo un anno la situazione della parte illiquida è rimasta uguale e nessuno mi dice nulla. Oltre al danno della potenziale perdita c’è quella che non posso disporre dei miei interi risparmi. Che cosa sta succedendo? Posso fare causa alla banca o alla società di gestione?


 Paolo

Caro Paolo, questa vicenda ha certo diversi punti oscuri compreso il fatto che le autorità di controllo soprattutto francesi e inglesi non hanno mostrato grande capacità di gestire questa situazione. Erano stati il quotidiano Financial Times e un parlamentare inglese a evidenziare ben prima che il caso scoppiasse nella primavera del 2020 che c’era qualcosa che non quadrava nella gestione degli illiquidi di questa boutique di fondi anglo-francese ma si è intervenuti troppo tardi e quando il latte era versato.

Originariamente l’operazione di sistemazione degli “illiquidi” doveva essere conclusa nel 2021, poi è stata rinviata nel 2022 a data da destinarsi.

Recentemente la società di revisione Kpmg ha avvertito che i conti di 6 dei fondi di H2O Asset Management sono "impossibili da certificare", citando una serie di incertezze di valutazione e violazioni delle regole. Molti dei problemi di questa società (i cui fondi in Italia sono stati collocati da Azimut, Banca Generali, Bper, Bnl Bnp Paribas, Fineco, IWBank, Mediolanum e Widiba solo per citare le realtà più grandi) nascono dagli investimenti del gestore e fondatore di H2O Bruno Crastes nelle società di Lars Windhorst, considerato una delle figure più enigmatiche della finanza europea.

I fondi H2O erano stati massicciamente proposti da molte banche e reti italiane nonostante l’elevata volatilità storica e la fortissima leva finanziaria per le performance molto elevate registrate nel passato. Prodotti anche molto generosi di commissioni per chi li colloca. 

Per capire se può contestare alla sua banca questo investimento va ricostruito in che peso le sono stati consigliati e qual era il suo profilo di rischio.
Nel caso l’Arbitro per le Controversie Finanziarie decide su controversie che hanno ad oggetto la violazione da parte degli intermediari degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza che la normativa pone a loro carico quando prestano servizi di investimento e il servizio di gestione collettiva del risparmio.  

Il soggetto collocatore (banca o rete) ha degli obblighi di verifica dell’adeguatezza e in alcuni casi anche dell’appropriatezza dell’operazione rispetto al profilo di rischio del Cliente e possibili contestazioni da parte della clientela, con conseguenti richieste di reintegrazione dei danni subiti.
In Francia un gruppo di risparmiatori, assicuratori e consulenti patrimoniali rimasti incastrati (Collectif Porteurs H2O) si è rivolto al Tribunale per “cercare di chiarire in modo costruttivo la responsabilità in un caso che ha danneggiato un gran numero di professionisti e privati, in Francia e all'estero”.

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