È composta da 109 articoli la legge di Bilancio 2024, depositata in Senato il 30 ottobre, con due settimane di ritardo rispetto all’approvazione in Consiglio dei ministri: un rinvio su cui hanno pesato le tensioni nel governo, in particolare tra Lega e Fratelli d’Italia. Nel testo della manovra, su cui la maggioranza non presenterà emendamenti, ci sono capitoli dedicati alla sanità, alle pensioni, alla famiglia, alla revisione della spesa.

Tra le novità c’è il bonus nido, che sale per i nuovi nati con un fratello under 10, ma anche l’addio all’Iva al 5 per cento sui prodotti per l’infanzia e l’igiene femminile. Per comuni e regioni è prevista una spending review da 600 milioni l’anno. In questo articolo vediamo cosa cambia in tema tassazione, con il taglio del cuneo fiscale e l’arrivo di tante imposte “nascoste”.

Taglio del cuneo nel 2024

La manovra conferma il taglio del cuneo con una proroga della misura attuale per tutto il 2024. Il governo replica il sistema entrato in vigore nel secondo semestre del 2023, con lo sconto del 7 e 6 per cento – rispettivamente per i redditi fino a 25mila e 35mila euro – sulle ritenute in busta paga per invalidità, vecchiaia e superstiti. Il taglio non è però strutturale, essendo stato rifinanziato solo per il 2024: una mossa criticata dai sindacati, oltre che dal Pd e dal M5s.

Quello del taglio sul cuneo è un processo avviato dal Mario Draghi nel 2022, quando furono stabiliti sconti contributivi al 2 e 3 per cento. Il testimone è poi passato a Meloni, che ha confermato la misura con le stesse percentuali per poi innalzarle agli attuali livelli. La riduzione dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori aumenta in media di 100 euro il netto mensile in busta paga.

L’Irpef passa a tre aliquote

La manovra delinea la prima fase della riforma fiscale del governo, che mira a «una semplificazione del sistema tributario e una redistribuzione del carico fiscale». Un elemento cardine del provvedimento è la revisione dell’Irpef, contenuta in un apposito decreto legislativo: se il passaggio dal 2022 al 2023 aveva comportato il taglio da 5 a 4 aliquote, dal 1° gennaio si passerà a 3 sole aliquote (con effetti sulla dichiarazione dei redditi 2025).

Le novità si concentrano sui primi due scaglioni di imponibile, che si fonderanno in uno (da zero a 28mila euro): l’attuale primo scaglione confluirà nel secondo, con annesso cambio di aliquota verso il basso, dal 25 al 23 per cento. Il terzo e quarto scaglione resteranno identici agli attuali, da 28mila a 50mila euro con aliquota al 35 per cento e oltre i 50mila euro con prelievo al 43 per cento.

Dietrofront sulla tampon tax

Niente più Iva al 5 per cento per i prodotti per l’infanzia e per la cosiddetta tampon tax: la manovra prevede che latte in polvere e altre preparazioni per l’alimentazione dei bimbi, così come assorbenti, tamponi e coppette mestruali, siano soggetti all’Iva al 10 per cento. È invece confermato il congelamento per altri sei mesi di plastic e sugar tax, introdotte con la manovra 2020 e mai entrate in vigore, che dovrebbero scattare da luglio 2024.

«Dopo un attento monitoraggio abbiamo deciso di non rinnovare la misura perché non ha sortito gli effetti sperati. Quando le cose non funzionano non si rinnovano», ha detto la premier Meloni. In effetti la riduzione dell’imposta non ha fatto diminuire i prezzi, dato che i commercianti, in mancanza di controlli, non hanno trasferito il beneficio ai consumatori.

Negli ultimi anni varie associazioni hanno condotto una battaglia contro la tampon tax, ottenendo l’abbassamento dell’Iva dal 22 per cento (come per i beni ordinari) al 5 per cento. A intervenire per primo era stato Draghi, che portò l’imposta sugli assorbenti al 10 per cento, seguito un anno fa da Meloni, che decise di dimezzarla ancora. Con il passo indietro del governo l’imposta peserà per 15 euro l’anno, con un aumento di circa 7,50 euro a persona.

Fumare costa caro

Aumentano anche le accise su sigarette, tabacco e prodotti da fumo. Da gennaio 2024 l’incremento sarà di 10-12 centesimi a pacchetto per le sigarette. Dal 2026 crescerà il peso fiscale sul tabacco riscaldato, anche se i pacchetti di questi prodotti già dal prossimo anno costeranno 10 centesimi in più.

Per quanto riguarda la tassazione sul tabacco trinciato, invece, gli esperti stimano incrementi di circa 30 centesimi di euro per busta. Un discorso a parte va fatto per le sigarette elettroniche, sia per i liquidi con nicotina sia per quelli senza, per cui c’è un piano di aumenti (dell’1 per cento annuo) nel 2025 e nel 2026.

Cambiano i fringe benefit

Per il 2024 la soglia di esenzione fiscale dei fringe benefit (benefici accessori di cui godono i lavoratori, come buoni pasto e telefono aziendale) passa da 258 a 1.000 euro per tutti i lavoratori dipendenti e a 2mila euro per quelli con figli a carico, «compresi i figli nati fuori dal matrimonio, i figli adottivi o affidati».

Da una parte la misura favorisce indistintamente i lavoratori, dall’altra ridimensiona l’incremento previsto dal decreto Lavoro che, per i lavoratori con figli, aveva portato il tetto esentasse a 3mila euro. L’esenzione riguarderà le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro «per il pagamento delle utenze domestiche dell’energia elettrica e del gas, delle spese per l’affitto della casa e per gli interessi sul mutuo».

Pignoramenti più veloci

Il capitolo della manovra dedicato alla lotta all’evasione fiscale cambia le regole per i pignoramenti dei conti correnti da parte dell’Agenzia delle entrate, che diventerà più mirato. Nella prima bozza circolata dopo il Consiglio dei ministri del 16 ottobre, una norma prevedeva che dal 2024 il fisco, in caso di cartelle esattoriali non pagate, potesse accedere direttamente ai conti correnti.

Il 26 ottobre il governo ha puntualizzato che la notizia «secondo la quale in legge di bilancio sarebbe presente una misura che consentirebbe all’Agenzia delle entrate di accedere direttamente ai conti correnti per recuperare le imposte non pagate è totalmente priva di fondamento», la manovra «si limita a prevedere la possibilità di utilizzo di strumenti informatici per efficientare strumenti già esistenti».

L’idea di fondo della norma smentita sarebbe stata quella di consentire all’Agenzia delle entrate di riscuotere la cifra dovuta in tempi più rapidi, superando il meccanismo in vigore – in realtà più invasivo – per cui l’ex Equitalia poteva bloccare i conti con il risultato, per il contribuente insolvente, di non poter più effettuare alcuna operazione.

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