I trend sono già evidenti. Molte delle trasformazioni che possiamo notare sono legate al grande e incontrollabile fattore di cambiamento derivante dal calo demografico
Gli ultimi dati sul mercato del lavoro in Italia sono arrivati nello stesso giorno in cui l’Istat ha certificato lo stop della crescita del Pil nel quarto trimestre dello scorso anno. E sono dati che mostrano anch’essi, almeno in superficie, una occupazione ferma.
Ma è importante non restare in superficie per poter notare alcuni elementi interessanti che ci raccontano di come sta cambiando il lavoro in Italia e confermano alcuni trend che si osservano ormai da molto tempo. Molte delle trasformazioni che possiamo notare sono legate al grande e incontrollabile fattore di cambiamento derivante dal calo demografico.
Questo comporta una forza lavoro che invecchia sempre di più e un numero di occupati che tende a concentrarsi in modo crescente nella fascia d’età degli over 50. Con la complicità delle riforme pensionistiche degli ultimi quindici anni, le persone sono poi rimaste al lavoro di più rispetto alle generazioni precedenti e anche questo ha contribuito ad ammassare nella coda della vita lavorativa una quota sempre crescente di occupati.
Basti pensare che solo negli ultimi 12 mesi il numero degli occupati over 50 è cresciuto di 378mila mentre quello degli under 35 è diminuito di 159mila. Se poi prendiamo l’ultimo decennio gli ultracinquantenni sono cresciuti di 2,7 milioni mentre gli under 35 di soli 350mila.
Tempo indeterminato
Questo spostamento spiega in parte la forte crescita degli occupati a tempo indeterminato, l’altro grande fenomeno che si osserva negli ultimi anni. Sappiamo infatti che l’incidenza di contratti permanenti è maggiore con la crescita dell’età e questo ha comportato una quota maggiore di occupati con questa tipologia contrattuale che ha toccato a dicembre 2024 un nuovo record.
Parallelamente diminuiscono gli occupati a tempo determinato, anche a causa del rallentamento dell’economia che porta le imprese a non rinnovare i contratti scaduti e a non trasformarli. Ma il tema anagrafico non è solo legato alla demografia.
Da almeno dodici mesi, infatti, si assiste ad un rallentamento dell’occupazione giovanile con i tassi di occupazione in calo sia nella fascia 15-24 anni sia in quella 25-34 anni e con un contestuale aumento dell’inattività. Questo è anch’esso un primo segnale dell’inversione di tendenza del ciclo economico e che pesa di più sui giovani proprio per le condizioni meno stabili e quindi per l’esposizione maggiore (con contratti a termine e tirocini) alle fluttuazioni di mercato.
Forti polarizzazioni
Chiaramente questo discorso pecca di eccessiva genericità e va completato ricordando che il mercato del lavoro italiano sconta forti dinamiche di polarizzazione che tendono ad esplodere nelle fasi di crisi.
Polarizzazioni tra profili con maggiori competenze e quindi occupazioni di qualità che riescono a ovviare alle difficoltà strutturali di giovani e donne nel mercato del lavoro, e profili più deboli che pagano per primi i costi dell’economia in crisi e del calo di fiducia delle imprese.
I primi sono sempre più cercati dalle aziende che sentono tutto il peso della crisi di offerta derivante dal calo demografico, e vengono quindi assunti con contratti a tempo indeterminato anche molto prima rispetto a quanto accadeva fino a pochi anni fa.
I secondi rischiano di restare intrappolati nella gabbia del lavoro povero, con continue immersioni temporanee nel lavoro irregolare che è in crescita, senza grandi possibilità di uscire da questa condizione. Si tratta di tendenze che ormai sono visibili da diversi trimestri e che paiono poco considerate perché ci si concentra su una dimensione macro del mercato del lavoro che è innegabilmente positiva nel suo complesso.
Ma l’Italia non può permettersi, ultima com’è nelle classifiche europee sull’occupazione, di accontentarsi di un generale andamento positivo trainato da fenomeni spesso esogeni e quindi molto fragile. Occorre ricominciare a parlare delle criticità strutturali del mercato del lavoro guardandole con occhi nuovi, magari superando certe categorie ideologiche che funzionavano in un contesto in cui il problema si concentrava molto sul lato della domanda. Una crisi dell’offerta pone problemi più profondi, difficilmente risolvibili da politiche a breve termine o da qualche debole incentivo. Chi ha a cuore il mondo del lavoro e anche il futuro delle imprese italiane dovrebbe riporre lo sguardo su questi problemi alla ricerca di soluzioni nuove.
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