Nel suo viaggio di ottobre 2023 in Mozambico, Giorgia Meloni dedicò una manciata di battute all’agricoltura del Paese africano. Una sorta di preambolo per quello che sarebbe stato uno dei progetti pilota del Piano Mattei, presentato in parte durante il summit Italia-Africa di fine gennaio scorso a Palazzo Madama. In realtà, al centro dei colloqui di ottobre con il presidente mozambicano Filipe Nyusi non c’era l’agricoltura, ma l’energia, tanto da spingere la premier a dichiarare che il «fiore all’occhiello» della cooperazione tra Italia e Mozambico «è il settore energetico, soprattutto grazie alla presenza sul territorio dell’Eni». 

Il Mozambico è ricco di risorse naturali come carbone e titanio, ma è il gas a renderlo così attraente per gli investimenti esteri. Nonostante il boom del settore idrocarburi negli ultimi dieci anni, l’Onu colloca il Mozambico tra le ultime dieci posizioni per indice di sviluppo umano, con un declassamento di due posizioni fra il 2015 e il 2021. Con una diversificazione economica molto limitata, rimane particolarmente dipendente dagli aiuti allo sviluppo e dall’industria del fossile.

Sono i distretti di Mocímboa da Praia e Palma ad ospitare le principali attività estrattive. Qui, al largo delle coste mozambicane, si trova il bacino di Rovuma. Al momento l’unico progetto realizzato e operativo è la piattaforma galleggiante di produzione e liquefazione Coral South Flng di Eni, che esporta gas da novembre 2023, mentre già si parla della sua duplicazione con la piattaforma Coral North Flng.

Rivalità tra colossi e insurrezione armata

Nella stessa area ma sulla terraferma, ad agosto 2019 la multinazionale francese TotalEnergies ha iniziato a costruire – grazie alle competenze ingegneristiche dell’italiana Saipem – il progetto Mozambique Lng, destinato a liquefare ed esportare il gas di Rovuma. La rivalità tra Eni e TotalEnergies a Cabo Delgado non è entrata mai nel vivo: il 26 aprile 2021, il colosso d’Oltralpe ha infatti interrotto i lavori per Mozambique LNG invocando la “forza maggiore”, a causa dell’insurrezione armata che infiamma la regione.

Guidata dal gruppo noto come Ahl al-Sunnah wa al Jamma’ah, la rivolta è iniziata nel 2017 ma è solo dopo tre anni che ha catturato l’attenzione degli investitori esteri. Fra agosto 2020 e marzo 2021 gli insorti hanno preso il controllo di Mocímboa da Praia e di Palma, costringendo alla ritirata l’esercito mozambicano.

A maggio 2023, un rapporto sui diritti umani a Cabo Delgado, commissionato da TotalEnergies a Jean-Christophe Rufin, ex-ambasciatore francese in Senegal e tra i fondatori di Medici senza frontiere, afferma che, nella provincia economicamente più povera del Mozambico, il senso di frustrazione diffuso tra le comunità impattate dall’espansione dell’industria estrattiva sia tra i fattori su cui possono far leva gli insorti. L’ex-ambasciatore osserva poi che i progetti estrattivi potrebbero diventare l’obiettivo di attacchi terroristici. Anche il ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, interpellato dall’associazione ReCommon attraverso un’istanza di accesso agli atti, conferma la presenza di un “conflitto ancora in corso”, aggiungendo che gli attacchi contro gli investimenti stranieri non sono tuttavia “sistematici”.

Dopo mesi di calma apparente, nella seconda parte del 2023 gli assalti sono aumentati. Il ministero francese degli Affari esteri ha diramato una comunicazione in cui “sconsiglia fortemente” di recarsi a Mocímboa da Praia e Palma. E, fatto ancora più clamoroso, la Confederazione delle associazioni economiche di Cabo Delgado bolla il progetto di Total come “portatore di sventura e insicurezza”.

Quanto accade non fa che aumentare le preoccupazioni per la sicurezza dell’area in vista della ripresa dei lavori per Mozambique Lng, fortemente voluta da Total. Una partita ancora aperta che riguarda da vicino l’Italia, soprattutto sul fronte finanziario.

Battaglia legale per conoscere gli atti

In un contesto così precario, è difficile che le banche possano concedere prestiti per la realizzazione del progetto senza il coinvolgimento delle agenzie di credito all’esportazione (Eca). Queste agenzie emettono garanzie, cioè un’assicurazione pubblica a beneficio di aziende multinazionali o di banche commerciali. Se qualcosa va male, le Eca rimborsano le aziende oppure le banche che hanno prestato capitali per i loro progetti esteri. In entrambi i casi con soldi pubblici.

L’Eca italiana è Sace, controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze. Tra il 2016 e il 2022, Sace ha emesso garanzie per la realizzazione di progetti oil&gas per 15,1 miliardi di euro, risultando il primo finanziatore pubblico di energia fossile in Europa. Tra questi progetti ci sono Coral South Flng di Eni, con una garanzia di 700 milioni di euro, e Mozambique Lng con 950 milioni di euro, per cui Sace dovrebbe coprire i prestiti per le operazioni di Saipem, tra cui quello di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) del valore di 650 milioni di euro.

Con una battaglia legale iniziata a giugno 2021, l’associazione ReCommon richiede l’accesso alle informazioni ambientali e sociali su cui si basa la valutazione di Sace per le garanzie in favore di Eni (Coral South) e Saipem (Mozambique). A marzo 2023 il Consiglio di Stato, dopo aver rigettato la domanda di sospensiva, ha respinto definitivamente l’appello di Sace contro la pronuncia del Tar del Lazio di maggio 2022, che riconosceva a ReCommon il diritto di accesso ai documenti. Il Tar ha quindi nominato un Commissario ad acta, individuato a maggio 2023 dalla Prefettura di Roma, per consegnare i documenti a ReCommon per conto di Sace, ma a distanza di 8 mesi tutto tace.

Per Mozambique Lng si tratta di due rapporti sul monitoraggio ambientale e sociale prodotti tra la prima valutazione di giugno 2017 e l’approvazione della garanzia da parte del cda di Sace il 30 settembre 2019, quando la situazione sul terreno andava peggiorando. È lecito attendersi che, dall’entrata in vigore della “forza maggiore”, ne siano stati realizzati altri.

Grazie una speculare richiesta di accesso agli atti, Cdp ha confermato l’esistenza di «potenziali impatti ambientali per la biodiversità e per i rischi di inquinamento marino» e dei rischi legati a «diversi atti di violenza di gruppi armati». D’altra parte, la valutazione di Cdp sui rischi ambientali e sociali per Mozambique Lng si basa su quella eseguita da Sace, che «ha comunicato a Cdp che il documento non è suscettibile di ostensione», confermando che l’agenzia italiana continua ad opporre resistenza al giusto corso della giustizia amministrativa, quasi che avesse qualcosa da nascondere .
A novembre 2023, il Parlamento dei Paesi Bassi ha deciso di mettere sotto scrutinio il coinvolgimento di Atradius – corrispettivo olandese di Sace – nell’operazione. L’ostruzionismo legale dell’agenzia italiana, il suo operato e quanto accade in Mozambico sembrano invece passare inosservati al Mef, al ministero degli Esteri e al Parlamento italiano, sebbene in ballo ci sia molto di più dell’utilizzo di soldi pubblici per progetti così impattanti: un rapporto non predatorio con la popolazione del Mozambico, proprio come vorrebbe il Piano Mattei.

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