La procura di Milano ha chiesto il fallimento per la società Visibilia fondata dalla ministra Daniela Santanchè e da lei amministrata fino alle dimissioni alla fine del 2021 e ha aperto un’indagine per falso in bilancio. La risposta di Santanchè è che lei non è indagata e che i nuovi soci pagheranno o rateizzeranno i debiti scaduti con l’agenzia delle entrate che ammontano a 984mila e rotti euro. Si tratta di un tentativo di minimizzare un’inchiesta che a prescindere dagli esiti, va molto più a fondo. Una faccenda che sta infastidendo non poco Giorgia Meloni.

Dopo l’esposto presentato dai soci di minoranza di Visibilia nel giugno scorso, la guardia di finanza ha analizzato i conti della società e nella sua informativa alla procura di Milano non prevede prospettive di continuità aziendale, anzi certifica lo stato di insolvenza per Visibilia Editore. In più ha chiesto di aprire l’indagine per sussistenza del reato di false comunicazioni sociali, contestando una contabilizzazione errata a partire dall’anno 2017, quando Santanchè era amministratrice e quando un unico membro del collegio sindacale, per due anni di fila, aveva dissentito sui conti aziendali, contestando tra le altre cose il valore di avviamento della società e i quello delle imposte anticipate.

I bilanci riscritti

L’analisi in mano alla procura include per ogni anno i risultati di bilancio rettificandoli sulla base delle criticità suggerite da quell’unico sindaco. Secondo i nuovi calcoli il patrimonio netto nel 2017 sarebbe stato meno della metà di quanto rappresentato nel bilancio approvato – 342mila euro contro 737 mila -, quello del 2018 risulterebbe inferiore di circa 400 mila, nel 2019 il patrimonio secondo la stessa analisi sarebbe stato sopravvalutato di oltre 300 mila euro e nel 2020 di 100 mila euro.

In tutti questi anni Santanchè era presidente e amministratrice delegata della società, oltre che prima azionista e oggi da quanto risulta dai documenti disponibili resta proprietaria dell’85 per cento della Visibilia concessionaria che controlla la Visibilia Editoriale Holding, azionista della società per cui la procura chiede il fallimento, oggi amministrata dal suo compagno.

In questi anni i revisori dei conti hanno chiesto ripetutamente, nel 2018, 2019 e 2020 di fare più attenzione al presupposto della continuità aziendale, mentre si accumulavano perdite e si annunciavano aumenti di capitale. Solo dal primo gennaio 2019 ad oggi l’ammontare degli aumenti di capitale, secondo i calcoli riportati dai documenti ufficiali, sono stati pari a 8,4 milioni di euro. Alcuni degli aumenti sono stati funzionali ai contratti firmati nel 2017 e nel 2021 per due diversi prestiti obbligazionari convertibili, con due società degli Emirati, Bracknor Investment Ltd e Negma (il primo era stato sottoscritto da Bracknor e poi ceduto a Negma, il secondo direttamente sottoscritto dalla seconda). Anche allora Santanchè era ai vertici.

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Nel bilancio del 2020, a cui i soci di minoranza autori dell’esposto hanno votato contro, si ricorda che dopo gli aumenti di capitale del 2016 e del 2017 il contratto con gli investitori degli Emirati «ha permesso e permetterà di stabilizzare la situazione della società rafforzandone la struttura patrimoniale e finanziaria». Non è andata così. Quello stesso bilancio ammette che il prestito obbligazionario ha causato «costi non previsti per fee, spese legali e oneri finanziari legati all’operazione con Bracknor Investment».

Nella loro denuncia i soci contestano commissioni pari a 165mila euro per il primo prestito e pari a 100 mila sul secondo e uno sconto di fatto sull’acquisto di azioni a loro danno. Soprattutto contestano l’utilizzo di un prestito obbligazionario trasformato da investimento a lungo termine a mezzo veloce di acquisto di azioni.

Il ruolo degli investitori esteri

Inoltre la guardia di finanza dà ragione ai soci di minoranza sul legame tra la ricerca di investitori esteri e il crollo del titolo della società. L’avvocato Antonio Piantadosi, che rappresenta Giuseppe Zeno e gli altri azionisti che hanno presentato l’esposto, spiega anche che è stato chiesto al collegio sindacale di indagare i rapporti tra Negma, Bracknor e le società del gruppo Visibilia, anche alla luce del fatto che Santanchè ha ricoperto ruoli in altre aziende che hanno emesso obbligazioni convertibili acquisite dalle società emiratine.

Tra queste ci sono Ki Group e Bioera. Nella Ki Group Holding Santanchè è stata consigliera e presidente e consigliera in Ki Group srl ed è stata presidente del consiglio di amministrazione di Bioera da metà 2017 a fine 2021, secondo quanto risulta dalle informazioni del registro delle imprese.

La cessione alla Visibilia editrice

Come se non bastasse, in questi anni Visibilia Editore, ha avuto rapporti costanti con le parti correlate, società di cui Santanchè è o è stata azionista. Fino all’ultima operazione straordinaria del 23 dicembre 2021, quando la Visibilia Editore Spa conferisce il ramo d’azienda operativo a Visibilia editrice (che prima si chiamava Ginissima e che è amministrata dal compagno di Santanchè). Gli asset passano di mano e vengono valutati poco più di 400 mila euro. Come è possibile che prima la valutazione fosse così diversa? Nel 2022 la Visibilia editore è costretta a coprire con il capitale sociale perdite per 3,5 milioni di euro e a quel punto anche i revisori che per anni hanno solo raccomandato di prestare più attenzione alla continuità aziendale si rifiutano di firmare i bilanci. I soci di minoranza negli ultimi sei mesi hanno chiesto spiegazioni a tutti: cda, collegio sindacale, Consob. Fino a che non si è arrivati in procura.

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