Le concessioni balneari attuali possono essere prorogate solo fino al 31 dicembre 2013. Con due sentenze oggi il Consiglio di stato, il massimo tribunale amministrativo, ha messo in cantina la legge con cui il governo di Lega e M5s aveva prorogato le concessioni a privati delle nostre spiagge, tra l’altro a canoni irrisori, fino all’anno 2033. I giudici costringono per la prima volta la politica italiana di destra e sinistra, a rispettare una direttiva europea, la famigerata Bolkestein, ignorata per 15 anni. 

Nell’interesse dei cittadini

Il Consiglio di stato conferma quello che tutti sapevamo: cioè che l’Italia violava da anni il diritto europeo, ma aggiunge altro a proposito degli obiettivi di una aggiudicazione concorrenziale e trasparente dell’utilizzo delle coste italiane. 

«Il confronto concorrenziale, oltre ad essere imposto dal diritto Ue», scrivono, infatti, i giudici «è estremamente prezioso per garantire ai cittadini una gestione del patrimonio nazionale costiero e una correlata offerta di servizi pubblici più efficiente e di migliore qualità e sicurezza, potendo contribuire in misura significativa alla crescita economica e, soprattutto, alla ripresa degli investimenti di cui il Paese necessita». Come a dire che questa violazione nel nome dei pochi, sottraeva risorse, canali di sviluppo, e questo senza nemmeno contare la questione, ormai emergenziale, dell’erosione costiera.

Obbligo di riforma

I concessionari attuali potranno comunque partecipare alle gare che dovranno essere bandite, ma le attuali concessioni non potranno essere prorogate oltre il 31 dicembre 2023. Inoltre le sentenze obbligano il governo a mettere a punto quella riforma complessiva della materia da sempre rinviata. 

Dopo la decisione anche del governo Draghi di alzare le mani sulle concessioni balneari, servivano dunque i giudici del Consiglio di stato riuniti in adunanza plenaria per sopperire a una politica che finora aveva fatto solo gli interessi di una lobby e non quelli ribaditi dai giudici di tutti i cittadini.

«Abbiamo vinto»

È servito anche un primo cittadino, il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, che a dispetto di tutto, comprese sentenze avverse del Tar, e in nome delle promesse che aveva fatto per la tutela e la valorizzazione del litorale della sua città, ha deciso di andare fino in fondo e portare la questione fino al tribunale amministrativo più alto, chiedendo esplicitamente di affrontarlo in adunanza plenaria.

Perché la storia delle spiagge di Lecce spiega la politica italiana

La notizia delle sentenze del Consiglio di stato è arrivata a Salvemini mentre era a Parma per l’incontro dell’associazione nazionale comuni italiani con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Abbiamo vinto», dice, e insieme a lui finalmente ha vinto la legalità e l’interesse generale.

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