La sfida ambientale è il più grande tema del nostro tempo. Ma alle parole devono seguire i fatti. L’Europa su questo è il continente più avanzato e può svolgere un ruolo decisivo come stimolo e guida per il resto del mondo (anche dal punto di vista tecnologico).

È un tema, peraltro, che segna ormai la divisione fra destra e sinistra, come confermato dal recente voto del Parlamento europeo sulla legge per il ripristino della natura: voto che ha visto la maggioranza Ursula spaccarsi e un centro-destra «all’italiana», con il partito popolare europeo insieme ai sovranisti, sconfitto, di poco, da una larga coalizione progressista (socialisti, liberali, verdi, sinistra e alcuni popolari).

Ebbene la conversione ecologica richiede investimenti e spese, anche in misura maggiore di quanto fatto finora: sia per le politiche sociali volte a mitigarne gli effetti, sia per le politiche industriali, sia infine per le politiche di adattamento, dei territori e delle comunità, ai cambiamenti che già ci sono. È necessaria cioè una politica espansiva, keynesiana, volta alla salvezza dell’ambiente e alla sua sostenibilità sociale: questa è oggi la prima questione economica con cui fare i conti, quella da cui discendono tutte le altre. È necessario fare debito, per intenderci: proprio in nome delle generazioni future.

Se tale è il quadro, come interpretare la recente decisione della Bce di continuare ad alzare i tassi (dal 3,75 al 4%)? L’anno scorso, un qualche aumento dei tassi era in fondo comprensibile, visti i livelli bassissimi (anzi, negativi) cui si trovavano, il riaccendersi dell’inflazione e le decisioni adottate dalla Federal Reserve a partire da marzo 2022, rispetto alla quale la Bce non può distanziarsi troppo, in un regime di libera circolazione dei capitali (pena la svalutazione dell’euro). Oggi però l’inflazione sta frenando.

E infatti negli Stati Uniti la Federal Reserve ha deciso di fermare i rialzi. In Europa, invece, la Bce resiste alle obiezioni confermando che il suo obiettivo prioritario, da statuto, è far scendere l’inflazione al 2%. Ebbene, è ora di prendere atto che questo mandato della Bce non è più sostenibile (letteralmente). Non soltanto rappresenta un freno alla crescita economica ma rende anche molto più difficile la conversione ecologica, facendola costare di più.

Il mandato della Bce va ridefinito alla luce delle nuove sfide, ecologiche (e con esse sociali e industriali), che abbiamo di fronte; come parte di una più ampia strategia di riforma dell’Europa. Tutte le forze progressiste dovrebbero porre il tema al centro della loro agenda, in vista delle elezioni europee. Altrimenti le politiche ambientali rischiano di naufragare. Naufragherebbe con esse l’Europa, preda delle forze sovraniste che negano la crisi ambientale.

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