Abbiamo bisogno di un nuovo strumento per salvare le piccole banche, le stesse che finora hanno fatto resistenza alle operazioni di acquisizione e accorpamento e  che non dovendo rispondere ai requisiti prudenziali per le banche di importanza sistemica hanno gestioni un po’ più allegre. 

Il governatore della Banca d’Italia non ha usato queste parole, ma mai prima di ora era stato cosi chiaro su quella che ormai da quasi due anni è diventato un pallino per la Banca d’Italia. 

Salvato il salvabile della stagione delle popolari, con da ultimo l’intervento del Mediocredito centrale guidato da Bernardo Mattarella sulla Popolare di Bari, restano delle isole di resistenza ai piani di Via Nazionale, in particolare una manciata di piccoli istituti del Centro Sud che per mantenere i poteri locali non vogliono sentire di aggregarsi e sui cui bilanci l’autorità di vigilanza si arrovella. Visco ha citato «alcune banche, meno proattive e connotate da carenze manageriali», la cui sostenibilità è messa a repentaglio e a cui è stato chiesto di «valutare con tempestività ogni azione volta al superamento delle criticità, incluse ipotesi di aggregazione con altri intermediari». Finora piani, come quello di un’aggregazione sotto il cappello della Banca del Mezzogiorno del Mediocredito centrale non hanno avuto gli effetti sperati. Ora, però, il conto potrebbe ricadere sul sistema bancario nel suo complesso.

Un nuovo strumento

A novembre, infatti, scadono i termini per ricorrere al fondo istituito per liquidare le banche con un attivo totale inferiore ai cinque miliardi di euro, ha ricordato il governatore intervenendo al congresso dell’Associazione bancaria italiana. «A pochi mesi da questa scadenza si pone l’esigenza di individuare nuovi strumenti in grado di finanziare la ristrutturazione degli intermediari più fragili, prevenendone ove possibile la crisi e le conseguenti potenziali esternalità negative sull’intero settore». 

Visco ha proposto la creazione di un veicolo finanziario da parte del «sistema bancario» finanziato a condizioni di mercato, con il contributo di soggetti pubblici. 

Problemi di risoluzione

La situazione è aggravata dallo stallo sull’Unione bancaria e dalla mancanza di regole comunitarie per la risoluzione ordinata delle banche medio piccole. In assenza di regole, la probabilità che ci rimettano i depositanti – risparmiatori è ovviamente più elevata.

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Se il ministro dell’Economia, Daniele Franco, e il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, hanno proseguito nella usuale e comprensibile richiesta di realizzare in Europa garanzia comune dei depositi, Visco per ruolo si è attenuto al pragmatismo. In mancanza di un accordo politico, al momento non in vista, i lavori dell’Eurogruppo si concentreranno sui meccanismi di risoluzione delle banche e in particolare di quelle medio piccole che al momento in caso di crisi di solvibilità sarebbero destinate alla liquidazione. Ma i tempi sono lunghi. I ministri Ue hanno invitato la Commissione a presentare una proposta ma tutto l’iter legislativo al massimo si concluderà per l’inizio del 2024. Nel frattempo, ha ricordato Visco, i dati dell’Eba dicono che un numero significativo di intermediari non sarebbe attualmente in grado di essere sottoposto a un bail-in minimo dell’8 per cento del passivo delle banche senza far pagare i depositanti.

Sui bilanci delle banche maggiori, invece, i crediti deteriorati non destano particolari preoccupazioni. Tuttavia, di fronte al «rischio concreto» di una contrazione dell’economia, Banca d’Italia suggerisce prudenza nelle politiche «di distribuzione degli utili e degli accantonamenti».

Il rialzo dei tassi dei tassi di interesse dovrebbe essere positivo sulla redditività degli istituti di credito e in media compensare l’aumento dei crediti deteriorati. Piuttosto le incertezze si concentrano su quello che in Europa è considerato il circolo vizioso tra istituti di credito e debito dello stato. «Un calo dei corsi dei titoli di Stato italiani si riflette direttamente sul patrimonio di vigilanza anche quando le corrispondenti perdite non sono contabilizzate nel conto economico», ha dichiarato Visco. «Considerando lo stock di titoli iscritti a bilancio al valore di mercato alla fine dello scorso maggio è possibile stimare che un aumento di 100 punti base lungo l’intera curva dei rendimenti porterebbe a una riduzione del rapporto tra capitale di migliore qualità e attivi ponderati per il rischio di circa 20 punti base». 

Da qui gli apprezzamenti del governatore per l’idea dello scudo anti spread della Bce, con sottolineatura non secondaria del fatto che il picco di 250 punti di spread toccato a metà giugno tra titoli di stato italiani e tedeschi non corrisponde ai fondamentali delle rispettive economie. Un argomento su cui nel board della Banca centrale europea non tutti al momento concordano. 

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