Nel 2022 l’Italia ha dovuto spendere, a causa dei rincari del gas, 80 miliardi di euro in più rispetto all’anno prima. Una cifra enorme, equivalente a quanto servirebbe per fare l’intera transizione energetica al 2030 nel settore elettrico. E, naturalmente, il boom delle quotazioni delle commodity energetiche ha lasciato un segno profondo nella struttura dei consumi.

Gli ultimi dati pubblicati da Terna, la società guidata dall’ad Giuseppina Di Foggia che gestisce la rete elettrica di trasmissione nazionale, rivelano infatti alcune novità sorprendenti. A maggio i consumi di elettricità sono diminuiti del 6,3 per cento. Nei primi cinque mesi dell’anno il calo è stato del 4,5 per cento mentre il Prodotto interno lordo è in crescita.

È un evento straordinario, perché c’è sempre stata una correlazione molto forte tra fabbisogno di elettricità e Pil, un punto di aumento dell’uno equivale a circa un punto di aumento dell’altro. Quindi c’è un disaccoppiamento tra i due indicatori, un fatto inedito. A che cosa è dovuto? La spiegazione più convincente è che di fronte a un rincaro significativo dei prezzi dell’energia subito nel 2022 (le quotazioni di gas ed elettricità sono quasi decuplicate) imprese e famiglie italiane non hanno potuto fare altro che ridurre i consumi, tagliando gli sprechi, aumentando l’efficienza e non solo.

A prima vista questa novità sembra una buona notizia: non solo abbiamo più produzione elettrica con le rinnovabili (a maggio in Italia hanno coperto il 43 per cento della richiesta), ma consumiamo di meno. Ma il calo della domanda nasconde una zona grigia: il grosso della richiesta di elettricità fa capo alle imprese, circa il 75-80 per cento e, in aggiunta, molte aziende hanno non solo ridotto gli sprechi aumentando l’efficienza, ma hanno anche dovuto tagliare i consumi utili e diminuire la produzione. E questa non è una buona notizia per l’Italia.

L’indice mensile di Terna sui consumi elettrici industriali (Imcei) mostra infatti che nel 2022 la siderurgia ha abbassato i consumi del 10 per cento, la meccanica del 15-20 per cento, i metalli non ferrosi del 30 per cento. In altre parole, molte delle industrie più energivore hanno dovuto rivedere le proprie attività . La speranza è che l’improvvisa e inedita impennata dei prezzi dell’energia non abbia effetti pesanti sul tessuto economico, come è accaduto con la crisi finanziaria del 2008-2009, ma che al contrario venga riassorbita rapidamente: lo vedremo nei prossimi mesi.

Siccità

Un altro fenomeno da sottolineare, legato ai cambiamenti climatici, ha caratterizzato il 2022, gettando un’ombra sul futuro: la siccità ha provocato un crollo della produzione dell’idroelettrico del 40 per cento e ha anche costretto in luglio le centrali a gas a lavorare di meno per la mancanza di acqua per il raffreddamento.

Va ricordato anche che nel mese di maggio del 2023, secondo i dati Terna, la produzione idroelettrica ha fatto registrare una crescita significativa, pari a circa il 34 per cento in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Ma in futuro nuovi periodi di grave siccità potrebbero verificarsi ancora.

In questo quadro assume un’importanza decisiva lo sviluppo delle rinnovabili. Nella proposta di aggiornamento del Pniec, il Piano nazionale integrato energia e clima, inviata dal ministero dell’Ambiente alla Commissione europea, si indica come obiettivo al 2030 che l’energia prodotta da fonti rinnovabili copra almeno il 65 per cento dei consumi finali nel settore elettrico, in sintonia con il Documento di descrizione degli scenari 2022 messo a punto da Terna e Snam.

Nel 2022 l’installato di fotovoltaico ed eolico è aumentato di oltre tre Gigawatt ma il target è di installarne 75 entro il 2030. Se andiamo avanti così, raggiungeremmo l’obiettivo vent’anni dopo. Quindi dobbiamo accelerare, mettere nuova capacità di energie rinnovabili a un ritmo di 8-10 Gigawatt all’anno. Non solo con i pannelli fotovoltaici sui tetti, ma soprattutto con i grandi impianti a terra, che costano cinque volte di meno nell’arco della loro vita e quindi contribuiscono di più ad abbassare la bolletta.

Per questo è necessario che il paese si dia una pianificazione energetica e metta in atto tutte le misure necessarie per indirizzare gli investimenti in quella direzione. Il Piano di sviluppo decennale di Terna è già disegnato per abilitare 80 Gigawatt di potenza addizionale, le aree dove installare i nuovi impianti sono già state individuate e ci sono richieste di connessione per oltre 300 Gigawatt. Come direbbe il celebre dottor Frederick von Frankenstein interpretato da Gene Wilder: si può fare!

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