Papa Francesco ha nominato l’economista Jeffrey Sachs membro ordinario della Pontificia accademia delle scienze sociali, prestigioso consesso di accademici in cui siedono, fra gli altri, anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi, e la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, quest’ultima nominata il mese scorso.

La scelta di Sachs, direttore del Center for Sustainable Development della Columbia University e responsabile della commissione Covid-19 per la rivista Lancet, non è sorprendente. Da anni fornisce consulenze alla Santa sede su sviluppo sostenibile, crisi climatica e politiche contro la povertà, e il papa gli ha informalmente affidato il compito di impostare una riflessione economica in linea con la visione francescana, aspramente critica verso gli eccessi del capitalismo.

Sachs è stato uno degli autori principali dell’enciclica “climatica” Laudato si’ del 2015 e da allora è stato onnipresente nei dibattiti economici e sociali nell’orbita vaticana, esprimendosi più o meno su qualsiasi argomento. Negli ultimi anni ha visitato il Vaticano in media un paio di volte al mese, secondo il National Catholic Reporter. Nel 2018 ha dichiarato che lui, ebreo, ha trovato nella dottrina sociale della chiesa la sua «bussola morale».

Giusto qualche giorno fa Sachs ha illustrato in un discorso all’università Cattolica di Milano il suo «nuovo paradigma economico» che si erge sui pilastri della transizione ecologica e dell’inclusione sociale. Ha criticato la «democrazia del denaro» e l’«etica dell’accumulo» che sono alla base del modello capitalistico dominate, spiegando che il problema, in ultima analisi, va cercato nella separazione del pensiero economico dalle «tradizioni profonde della saggezza antica».

La “shock therapy”

In estrema sintesi: quando la scienza economica ha divorziato dalla concezione aristotelica del bene comune ha generato meccanismi distruttivi e ha aumentato a dismisura le disuguaglianze. Negli ultimi decenni questa dinamica ha avuto un’accelerazione: «Negli ultimi quarant’anni le nostre società, insieme alla distruzione dell’ambiente, sono diventate ingiuste», ha detto Sachs. 

Molti economisti, in effetti, hanno contribuito a questo processo di separazione. Uno, ad esempio, è Jeffrey Sachs, che è stato l’ideatore della “shock therapy” che nel 1989 ha portato la Polonia dal dirigismo sovietico al liberismo sfrenato in un battito d’ali. L’idea era che una transizione “scioccante” avrebbe generato danni e squilibri nel breve periodo e prosperità nel futuro, ma un passaggio graduale sarebbe stato «un disastro totale», come ha scritto allora in un memorandum al governo polacco.

L’economia polacca è effettivamente cresciuta in modo notevole, ma a quindici anni di distanza è diventato evidente che il modello selvaggiamente deregolamentato di Sachs aveva creato disuguaglianze strutturali nella società, e chi si è trovato dalla parte sbagliata della rivoluzione si è subito rivolto al populismo conservatore in cerca di protezione. Non proprio il modello sociale preferito dal papa degli ultimi che tuona contro il capitalismo arraffone. E anche Aristotele non lo indicherebbe come esempio di eudaiomonia.

Un altro punto di tensione fra l’ortodossia di Sachs e quella della chiesa riguarda il controllo della popolazione e la contraccezione, perni della «salute riproduttiva» con cui Sachs intendeva raggiungere i Sustainable Development Goals fissati per eradicare la povertà.

Idolo dei media di Pechino

Tralasciando le obiezioni scientifiche mosse in questi anni ai progetti di sviluppo che Sachs ha concepito e tentato di replicare, con esiti fra l’inconcludente e il disastroso, in giro per il sud del mondo, l’economista di riferimento di Francesco è anche un instancabile filantropo e difensore dei diritti umani che si è trovato spesso a fare il difensore d’ufficio della Cina di Xi Jinping. Ha attaccato Donald Trump per la sua crociata contro la Cina, poi ha fatto lo stesso con Joe Biden, spiegando che l’America deve cooperare, non competere, con la Cina e la tragedia politica nella tragedia sanitaria del Covid-19 è stata la mancanza di solidarietà e coordinamento con Pechino.

Quando gli hanno chiesto della repressione degli Uiguiri, che il dipartimento di Stato americano ha qualificato come genocidio, lui ha risposto che anche gli Stati Uniti violano sistematicamente i diritti umani, cosa che l’ha reso una celebrità presso i media del regime cinese.

La posizione filocinese di Sachs converge in un certo senso con quella del Vaticano, che ha rinnovato l’accordo  – i cui termini rimangono segreti – con il regime sulle nomine dei vescovi e la gestione della chiesa patriottica, ed evita accuratamente ogni increspatura con Pechino.

Proprio su questo punto il Vaticano ha raggiunto il massimo livello di tensione con l’amministrazione Trump. Ma un conto sono gli accordi politici, incastonati in una dottrina realista che anima da secoli la politica estera vaticana, un altro è l’apologia di una dittatura da parte di un economista che da anni si pronuncia sulle questioni fondamentali del nostro tempo come se avesse sempre in tasca una bolla papale in bianco, da riempire di contenuti a piacere.

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