La procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine sugli extraprofitti delle aziende del settore energetico. Sulla questione Verdi e Sinistra Italiana avevano presentato un esposto che ipotizzava i reati di evasione fiscale e frode per le «tasse non pagate dai colossi energetici».

La procura, secondo quanto riportano fonti legali, nell'ambito dell'apertura dell'indagine ha chiesto alla Guardia di Finanza un'informativa.  Lo stesso presidente del consiglio, Mario Draghi, come ricorda l’esposto, durante la conferenza stampa del 4 agosto, aveva denunciato che in diversi casi l’acconto del 40 per cento da versare entro il 30 giugno non era stato pagato. Il governo si aspettava di avere 10 miliardi e se ne è trovato solo uno. Per Verdi e Sinistra Italiana una chiara «evasione del 75 per cento». Il problema non riguarda solo chi ha versato, ma anche quanto.

Il ricorso

Se da una parte Verdi e Sinistra italiana chiedono che le imprese onorino i loro obblighi verso lo stato, dall’altra una ventina di compagnie dell’energia, da Api alla municipalizzata di Roma Acea, hanno fatto ricorso al Tar per non pagare. Il tribunale è previsto che si esprima l’8 novembre, prima che le aziende debbano saldare, il 30 dello stesso mese. Nonostante non considerino legittima la norma, sia Api sia Acea in questo caso sono due società che hanno comunque versato l’acconto come previsto dalla legge ma, da quanto riferisce Draghi, non è per tutte così.

Per alcune aziende, ha spiegato Repubblica qualche settimana fa, pesa la paura di quanto accaduto con la “Robin Tax”. Il rischio addotto dalle aziende è che, anche qualora avessero ragione, non verrebbe restituito quanto versato come accaduto con l’articolo 81, commi 16-18, del Dl 112/2008. Il legislatore aveva introdotto un’addizionale Ires per i settori petrolifero ed energetico, dopo anni venne dichiarata illegittima, ma la Corte costituzionale decise di “escludere da tale illegittimità il passato, ossia le addizionali già corrisposte”. 

Il caso Eni

In questa situazione si inserisce la richiesta di chiarimento sulla tassa sugli extraprofitti chesta all’agenzia dell’entrate da Eni. Sia Eni, sia Enel, due delle principali partecipate dello stato, hanno pagato l’acconto e nessuna delle due compagnie ha deciso di fare ricorso. Il Cane a sei zampe invece ha deciso di chiedere chiarimenti alle entrate per definire la somma da versare, e il risultato finale è che la cifra è quasi triplicata. La compagnia ha visto crescere a dismisura gli utili a seguito dell’aumento dei prezzi di petrolio e gas e di conseguenza quelli che lo stato individua come extraprofitti. Le circolari dell’Agenzia delle Entrate hanno perciò precisato la base imponibile e il contributo del gruppo guidato da Claudio Descalzi è salito da 550 milioni a 1,4 miliardi complessivi. Adesso la Guardia di finanza e la procura potranno intervenire per fare luce su chi, tra società che producono e vendono elettricità,  gas e prodotti petroliferi, stia pagando e quanto.

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