Gli italiani spendono meno, riducono gli acquisti non necessari e provano a risparmiare anche sui beni di prima necessità, perché l’inflazione ha gonfiato molto di più i prezzi rispetto alle buste paga. Va così ormai da due anni, anche se di recente il carovita ha un po’ rallentato la sua corsa.

Non è solo questione di redditi, però. Anche la ricchezza delle famiglie ha perso valore. Secondo i dati raccolti da Banca d’Italia e Istat, nel 2022 il patrimonio complessivo degli italiani ha subìto un calo del 12,5 per cento rispetto al 2021 al netto dell’inflazione. Un dato certo non positivo, ma lo scenario peggiora ancora se si considera che anche in termini nominali la ricchezza si è sgonfiata dell’1,7 per cento. È la prima volta dopo tre anni di crescita, segnala il rapporto.

Il complesso delle attività preso in considerazione dallo studio comprende le case d’abitazione e di vacanza, e i titoli (dai Btp alle azioni ai fondi). Se si confronta il valore complessivo di questi beni, (cioè 10.421 miliardi) con il reddito disponibile, si scopre che il rapporto a fine 2021 era pari a 8,7, mentre l’anno successivo è arrivato a quota 8,1. Il livello del 2022 è il più basso dal 2005, quando ha preso il via l’indagine.

Italia in coda

Notizie ancora meno incoraggianti per il nostro paese arrivano dal confronto internazionale. La ricchezza delle famiglie, al netto dell’inflazione, si è infatti ridotta in rapporto al reddito disponibile tra il 2021 e il 2022 per tutti i paesi presi in considerazione dal rapporto, cioè i principali stati del continente più Usa e Canada. Solo in Italia però questo indicatore ha raggiunto il livello del 2005.

In sostanza negli altri paesi presi esaminati dalla ricerca, il rapporto patrimonio/redditi, originariamente più basso rispetto a quello italiano, è andato crescendo negli anni esaminati, mentre nel nostro paese è rimasto più o meno stabile.

Misurata in rapporto alla popolazione, la ricchezza media delle famiglie italiane alla fine del 2022 era pari a 176 mila euro, il valore più basso nel confronto internazionale. Regno Unito, Germania e Francia, per dire, hanno una ricchezza media che supera i 200 mila euro, gli Stati Uniti oltre 400 mila euro.

Aggrappati alla casa

A giudicare dai numeri del rapporto, è il mattone, una volta di più, a salvare i conti degli italiani. Nel 2022 il valore delle abitazioni ha fatto segnare l’aumento più consistente dal 2009, più 2,4 per cento. Nel suo complesso la ricchezza non finanziaria ha raggiunto i 6.317 miliardi, con un progresso del 2,1 per cento a prezzi correnti. Il dato sugli immobili è però in qualche modo già vecchio, perché riflette un mercato che nel corso del 2023 ha fatto registrare una netta frenata.

L’anno scorso, infatti, le compravendite immobiliari sono diminuite (meno 10,3 per cento per le abitazioni nel terzo trimestre del 2023) e anche i prezzi, se si fa la media delle abitazioni nuove e di quelle esistenti, si sono mossi poco, più 1,2 per cento nell’arco di nove mesi, ultimo dato disponibile.

Sull’andamento del settore pesa ovviamente la forte crescita dei tassi d’interessi che ha portato i costi dei mutui immobiliari fuori dalla portata di gran parte della popolazione. In queste settimane è arrivato il segnale di una prima inversione di marcia. Ancora troppo poco, però, per innescare una vera ripresa del mercato.

Borsa giù

Se gli immobili, almeno nel 2022, hanno fatto da salvagente alla ricchezza nazionale, è invece andata decisamente peggio sul fronte finanziario. Qui le attività si sono ridotte del 5,2 per cento, spiega il rapporto di Bankitalia e Istat, per effetto del calo del valore delle riserve assicurative, meno 146 miliardi, delle azioni, meno 101 miliardi e delle quote di fondi comuni, meno 94 miliardi.

Con le Borse in calo, gli italiani, quelli in grado di risparmiare qualcosa, hanno preferito lasciare i loro soldi fermi sul conto corrente e infatti i depositi bancari sono aumentati di 15 miliardi. La crescita registrata nel 2022 è però nettamente inferiore a quella dei tre anni precedenti, pari in media a 80 miliardi nei dodici mesi.

Nel corso del 2023 è arrivata l’inversione di rotta: la liquidità accantonata in banca dagli italiani è diminuita mese dopo mese, in parte perché, visto il calo del valore reale delle buste paga, i risparmi sono stati utilizzati per far fronte agli acquisti, anche di prima necessità, mentre d’altra parte l’aumento dei tassi ha reso più attraenti i rendimenti dei titoli di stato.

E infatti, come nota il rapporto, già nel 2022 sono aumentati di 22 miliardi i titoli di debito emessi dalle amministrazioni pubbliche, cioè perlopiù Btp e Bot, di proprietà delle famiglie.

A caccia di Btp

Nell’anno appena trascorso il flusso d’investimento dei piccoli risparmiatori verso i titoli di stato si è fatto ancora più consistente, come segnalano le statistiche più recente della Banca d’Italia. La categoria “altri residenti”, che corrisponde in massima parte alle famiglie, possedeva a fine ottobre del 2023 circa 320 miliardi di obbligazioni pubbliche, oltre 100 miliardi in più rispetto a inizio anno.

Questo dato è destinato a crescere ancora per effetto anche del collocamento, previsto a fine febbraio, del Btp Valore, su cui punta il Tesoro a caccia di liquidità per far fronte a esigenze di cassa sempre più stringenti.

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