Costi più alti, progetti completati in ritardo e benefici reali molto al di sotto di quelli preventivati inizialmente. Tre regolarità che hanno portato lo studioso danese Bent Flyvbjerg a formulare una “legge ferrea” delle grandi opere. Legge che sembra si possa con buona approssimazione applicare anche a un altro ambito, quello dei grandi eventi e, tra questi, alle Olimpiadi.

Come tutte le leggi ammette qualche eccezione ma la regolarità del fenomeno è piuttosto chiara come si evince dalla letteratura scientifica sul tema. Forse è anche per questo che quella che una volta era una battaglia serrata per aggiudicarsi il diritto di ospitare il più noto evento sportivo sembra essersi fatta negli ultimi anni meno combattuta.

Non è tutto oro

È stato da poco pubblicato nella collana Temi di Discussione della Banca d’Italia il paper Non è tutto oro quello che luccica di Anna Laura Mancini e Giulio Papini che provano a fare il punto sugli effetti economici delle Olimpiadi invernali che si svolsero a Torino nel 2006.

I costi complessivi furono pari a circa 3,3 miliardi: poco più di un terzo della spesa (1.200 milioni) è riconducibile all’organizzazione dell’evento (tecnologia, trasmissione tv eventi, gestione impianti, eventi, ecc.), gli altri due terzi (2.100 milioni) sono costituiti da investimenti.

Oltre alle opere necessarie allo svolgimento dei Giochi, vennero realizzati nel territorio della provincia di Torino interventi – le cosiddette “opere connesse” - che avevano come obiettivo primario quello di trasformare l’evento olimpico in un’occasione di sviluppo e di promozione turistico-sportiva.

Opere di accompagnamento

Un ulteriore gruppo di interventi (“opere di accompagnamento”) attuati nelle restanti province piemontesi ebbe come finalità quella di evitare che il miglioramento del sistema turistico in atto nei territori che ospitano i Giochi mettesse fuori mercato gli altri territori piemontesi, in particolare le altre aree montane.

La quota largamente maggioritaria dei finanziamenti fu a carico del governo nazionale il cui contributo si attestò intorno ai 1.600 milioni; poco meno di 400 milioni furono erogati dagli enti locali mentre soggetti privati investirono all’incirca 100 milioni. Il comitato organizzatore introitò poco meno di un miliardo, di cui 420 milioni provenienti dagli sponsor, 470 dai diritti tv, 15 dalle licenze e 69 dalla vendita dei biglietti.

Nel lungo periodo

Quali sono stati gli effetti nel lungo periodo? I ricercatori di Banca d’Italia hanno confrontato l’evoluzione reale della Provincia di Torino con quella di un mix di altre Province italiane che nel periodo preolimpico era in termini socioeconomici assimilabile ad essa.

Sono stati analizzati i seguenti parametri: il valore aggiunto pro capite (escluso il settore industriale), il livello di occupazione, l’apertura al commercio internazionale, i flussi turistici, l’indebitamento degli enti locali, i prezzi delle abitazioni nel complesso e separatamente per le zone centrali e quelle periferiche di Torino.

L’unico effetto positivo riscontrato dai ricercatori è quello nel settore turistico: grazie all’evento olimpico gli arrivi e le presenze turistiche hanno fanno registrare un aumento medio annuo rispettivamente pari a 166mila e a 700mila unità.

Non si rilevano impatti in termini di incremento dell’attività economica (e l’effetto risulta di poco negativo qualora si consideri anche il settore manifatturiero) e neppure di apertura al commercio estero, peraltro già più elevata rispetto alle altre province italiane prima dell’evento. Non emerge alcun effetto significativo sul versante dell’occupazione. Vi è una ricaduta negativa sui prezzi delle abitazioni nelle aree centrali di Torino e nessun impatto nelle zone periferiche.

Un favore a Londra

Negli anni che precedono l’evento, l’indebitamento dei comuni che appartengono alla provincia si discosta verso l’alto fino a stabilizzarsi nel 2010 a un livello superiore di 300 euro pro-capite rispetto al valore atteso.

Nel complesso poche luci e molte ombre anche perché una parte, probabilmente rilevante, delle presenze turistiche non sono a livello nazionale aggiuntive ma sostitutive di altre che sono venute meno al di fuori della provincia esaminata.

Torna alla mente una vecchia copertina dell’Economist che, nel maggio del 2004, quando venne resa pubblica la short list delle città candidate ad ospitare le Olimpiadi del 2006, così titolò: “Fate un favore a Londra, assegnate le Olimpiadi a Parigi”. Alla prossima occasione meglio limitare l’entusiasmo e fare qualche conto in più prima di lanciarsi nell’avventura.

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