Guardata da una certa distanza, per esempio dalle strade di Parigi e di altre città dove si è riacceso il conflitto sociale, l’Italia appare come uno strano paese. Il tema del lavoro e del reddito è tornato ad agitare il dibattito politico, ma all’insegna di una narrazione tossica che addossa le disfunzioni del sistema economico a chi si trova in una condizione di subordinazione sociale.

Il problema, per il governo, sono le lavoratrici e i lavoratori che hanno l’ardire di presidiare i loro luoghi di lavoro, pur di evitare la delocalizzazione imposta dalle decisioni di fondi finanziari; sono i percettori del reddito di cittadinanza, che devono alzarsi dal “divano”; sono le donne che non fanno figli e non riproducono forza lavoro autoctona; sono i migranti che, pur di migliorare la propria vita, la mettono a repentaglio migrando altrove.

Di contro, istituzioni e corpi intermedi sembrano ben disposti a continuare a tollerare l’assoluta libertà di movimento dei capitali a discapito del lavoro. Mentre i salari languono, il costo della vita sale, le attività chiudono.

Ma in quella che appare come una società desertificata dall’assenza di conflitti organizzati, acquiescente, incapace non solo di reclamare ma anche di sognare una “buona vita”, resiste, come il villaggio di Asterix nella Gallia occupata dai romani, un’esperienza di lotta: quella dell’ex Gkn di Campi Bisenzio.

9 luglio 2021

Da qualunque punto di vista la si guardi e la si provi a raccontare, questa storia ha dell’incredibile fin dai suoi esordi. Era il 9 luglio 2021, quando una mail sconvolse le ordinarie certezze di 422 operai.

Intorno alle 10 del mattino di quel venerdì, lo stabilimento era vuoto. Gli operai erano con le loro famiglie, qualcuno di loro stava attendendo quello che sarebbe dovuto essere l’ultimo turno di notte, prima di andare in pensione.

Erano soli, dunque, quando appresero del diktat aziendale di consumare ferie e permessi accumulati fino al 22 settembre, giorno in cui sarebbero scattati i licenziamenti.

Quel giorno i lavoratori non si fecero intimorire dalla security assoldata dal Fondo Melrose per impedire gli accessi nello stabilimento: una volta rientrati in fabbrica, diedero inizio a quella che sarebbe diventata la più lunga assemblea permanente che il movimento operaio del nostro paese abbia conosciuto nella sua storia.

Tanto si è scritto, altrettanto si è detto sulla storia della lotta degli operai dell’ex Gkn all’indomani di quel fulmine a ciel sereno. Ancora troppo pochi nel nostro paese, però, hanno realizzato che, come in un gioco dell’oca, parrebbe di essere tornati al punto di partenza. Con la differenza che i lavoratori e le lavoratrici oggi sono stremati, dopo venti mesi di lotta e sei mesi senza stipendio.

Ritorno al passato

L’ingresso in scena dell’ex advisor di Melrose ha sortito l’effetto di convincere una larga parte della popolazione che aveva solidarizzato con la lotta del suo avvenuto lieto fine. Allo stesso tempo, ha inaugurato quella che il Collettivo di fabbrica e i solidali avrebbero ribattezzato come la strategia della “rana bollita”: i continui rinvii al prossimo tavolo istituzionale e le rinnovate promesse di rilancio – puntualmente disattese – hanno sostituito l’attacco frontale, imprevisto e intollerabile del licenziamento collettivo via mail.

Il licenziamento collettivo comunicato allora, di fatto, è tuttora in corso, ma senza la spudorata arroganza di un fondo finanziario che, ancora oggi, rivendica con orgoglio il motto “Buy, improve, sell” sui propri canali di comunicazione.

Da sei mesi a questa parte i lavoratori e le lavoratrici di QF, la società subentrata al fondo nel dicembre 2021, non percepiscono lo stipendio. Dallo scorso dicembre 2022 non ricevono neppure i cedolini. In compenso, sono stati accusati di occupare abusivamente lo stabilimento dalla stessa proprietà aziendale che, in seguito all’accordo quadro sottoscritto lo scorso gennaio 2022, ha remunerato 21 dipendenti al giorno in rotazione per svolgere le mansioni di guardiania e sorveglianza, di altri 8 manutentori e del direttore di stabilimento.

Scouting industriale dal basso

Intanto, nell’indifferenza delle istituzioni politiche, il Collettivo di fabbrica ha avanzato una sorprendente controffensiva: oltre alle azioni pubbliche dei lavoratori e delle lavoratrici (in novembre è stato occupato il Consiglio comunale di Firenze) e all’ininterrotta mobilitazione del territorio (con una consultazione popolare che in appena dieci giorni raccoglie quasi 17mila voti a favore di una fabbrica pubblica e socialmente integrata), alla fondazione di un’associazione di promozione sociale (la SOMS Insorgiamo) che si ispira alle lotte operaie del passato per riscoprire strumenti di mutuo soccorso da attivare all’interno dei luoghi di lavoro (l’art. 11 dello Statuto dei diritti dei lavoratori), viene avviata una nuova attività di scouting industriale dal basso, che anche grazie al lavoro del comitato tecnico-scientifico e della Rete italiana delle imprese recuperate riesce a intercettare una nuova proposta di core-business per la reindustrializzazione dell’ex Gkn.

Il 20 dicembre 2022, in occasione del comitato di proposta e verifica che coinvolge la regione ma viene lasciato deserto dalla proprietà, il comitato tecnico scientifico composto da ricercatori e ricercatrici solidali di tutta Italia presenta un piano di reindustrializzazione incentrato sulla produzione di cargo-bike, pannelli fotovoltaici e batterie senza l’utilizzo di terre rare e a smaltimento ordinario.

Il 9 gennaio 2023 al tavolo con la regione si presenta anche la start-up che ha presentato la proposta di reindustrializzazione. Mentre la vertenza procede, sono in corso i tavoli interlocutori con il movimento cooperativistico, Banca Etica e nuovi potenziali investitori per reperire i capitali che dovrebbero servire ad avviare il piano, se mai desse esito positivo la verifica in corso dell’attendibilità tecnico-industriale della nuova tecnologia. In tal caso saremmo di fronte a un’anticipazione su piccola scala della tanto decantata transizione ecologica, per di più condotta da una cooperativa di lavoratori e lavoratrici in lotta da oltre un anno e mezzo.

Siccome il tempo è il tiranno invisibile contro cui devono lottare ogni giorno gli assediati, lo scorso marzo è stata lanciata anche una campagna internazionale di raccolta fondi a sostegno della creazione della cooperativa che potrebbe realizzare il piano e della sua capitalizzazione da parte dei futuri soci lavoratori.

In meno di due settimane l’obiettivo minimo di 75mila euro è stato raggiunto: ora che la soglia dei 120mila euro raccolti è vicina, si punta almeno a doppiarlo entro inizio maggio e a scrivere una nuova pagina di questa storia incredibile. Ai lavoratori e alle lavoratrici dell’ex Gkn restano poche settimane, dunque, per tentare il futuro.

La vera politica

Questa storia racconta che il nostro paese abbonda di politica, intesa in senso ampio come cura in comune della vita, personale e collettiva. Se non ce ne rendiamo conto, è perché ci ostiniamo a cercarla dove latita o, nel migliore dei casi, dove i testimoni sopravvissuti alla democrazia gassosa del nostro tempo hanno reciso ogni connessione con i territori, le istanze, le storie e le persone che pretendono di rappresentare.

Il collettivo di fabbrica è partito dalla situazione di Campi Bisenzio per occuparsi del paese intero. Quello che è avvenuto non è l’ennesimo episodio di “ribellismo dal fiato corto” o di “militanza da tastiera” o “a km 0”: oltre ai lavoratori e alle lavoratrici direttamente coinvolti, che contribuiscono anche a scrivere leggi e a chiedere commissioni parlamentari d’inchiesta sul modus operandi dei licenziamenti mascherati, decine e decine di professionisti e di accademici da tutta Italia hanno ritrovato il senso del proprio lavoro, mettendo a disposizione di questa lotta il proprio tempo libero e le proprie competenze, in pieno spirito mutualistico.

Patrimonio comune

Senza bisogno di mobilitare la parola “sinistra”, gli slogan di questa lotta sono diventati patrimonio comune di un intero paese, anzitutto perché parlano anche alla vita materiale di chi, altrove, combatte le proprie battaglie, personali o collettive.

Del resto gli operai dell’ex Gkn non si sono mai accontentati di parlare della loro vertenza mentre la portavano avanti. Chi chiedeva «Come state?» ai lavoratori in piazza si sentiva rispondere: «E voi? Voi come state?». Un interrogativo semplice quanto scomodo, capace di mobilitare senza rassicurare: la nostra lotta è anche la vostra, non illudetevi che non lo sia.

«Per questo, per altro, per tutto» è lo slogan che ha sempre fatto da sfondo all’appello del collettivo di fabbrica a convergere con altre lotte. Lo hanno ribadito in fabbrica, nelle assemblee pubbliche convocate nella città che li ha visti insorgere, nelle strade e nelle piazze in cui si sono ostinati a convergere, a sostegno di altre lotte: «Non dipende tutto da noi, ma dipende da noi tutti».

Queste parole non sono mai state vere come oggi, a pochi giorni dalla fine della raccolta fondi internazionale per ridare un futuro all’ex Gkn. E un futuro alle lotte per il lavoro.

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