- Chi si aspettava una rivoluzione del settore autostradale, non quella minacciata da Toninelli - revoca immediata della concessione -, ma una seria quanto necessaria riforma del comparto, è rimasto deluso.
- La parte finanziaria dello stato, attraverso Cassa depositi e prestiti (Cdp), che deterrà il 51 per cento di Aspi, prevarrà certamente.
- Mentre il ministero della Mobilità sostenibile spogliato di ogni competenza, privo di una dirigenza competente – come dimostra il pasticcio della gara per il rinnovo della concessione a Gavio – e subalterno a quello dell’Economia.
Quella che attende Autostrade per l’Italia (Aspi) è una vera e propria rivoluzione: sì, ma alla rovescia. Chi l’avrebbe mai detto che lo stato italiano, per togliersi la macchia di aver privatizzato la concessione più importante del paese, quasi 3 mila chilometri di rete su 6 mila chilometri complessivi, dovesse sborsare 9,1 miliardi di euro ai responsabili della tragedia del ponte Morandi per subentrare nella gestione di Aspi? Rappresentanza inutile Eppure è proprio così, con lo stato che



