La segretaria del Pd, Elly Schlein, la chiama «tassa Meloni sulle bollette», mentre per Pier Luigi Bersani è «un trasferimento forzoso di utenti trattati come pacchi postali». Dopo il Consiglio dei ministri che lunedì ha confermato la fine del mercato tutelato per l’energia, l’opposizione ha chiesto di insistere con una proroga, anche se furono proprio i dem, con i 5 stelle, a votare il Pnrr e la «liberalizzazione in materia di vendita di energia elettrica». Sulla nuova linea del Pd si è attestato anche il leader della Lega, Matteo Salvini, che ha smentito la decisione presa poche ore prima dal suo governo: «Conto di rimediare a un errore che ci siamo trovati sul tavolo», ha detto il vicepremier.

Se finora, con il mercato tutelato, una decina di milioni di consumatori per l’energia elettrica e circa 6 milioni per il gas hanno pagato la bolletta sulla base di prezzi decisi da Arera, l’authority di settore, le tariffe fissate dallo stato finiranno il 10 gennaio per il gas e il 1° aprile per l’elettricità. Il passaggio a un mercato libero, in cui i fornitori si contenderanno i clienti, sarà in realtà graduale: chi alla scadenza non sceglierà subito un fornitore passerà per tre anni a un regime intermedio ancora regolato da Arera. Ma con il passaggio al nuovo regime i prezzi sono davvero destinati a crescere, come suggerisce l’inedito “fronte” composto da Lega, Pd e M5s?

Bollette più alte?

Per Schlein, con il passaggio al libero mercato avrebbero «prezzi meno convenienti più del 60 per cento delle famiglie italiane». Per il segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, «ci sarà un aggravio impressionante di spesa sulle famiglie: il 117 per cento in più per l’elettricità e il 50 per cento in più per il gas». Ma come stanno davvero le cose?

L’Autorità di regolazione per l’energia, responsabile di fissare trimestralmente i prezzi tutelati, ha reso noto che «nel 2022, per la prima volta dall’avvento della liberalizzazione delle forniture ai clienti domestici, il mercato libero ha registrato valori inferiori al servizio di maggior tutela». Lo scorso anno, ha notato Carlo Stagnaro sul Foglio, il prezzo medio pagato sul mercato libero è stato di 282 euro al megawattora contro i 402 dei clienti tutelati. Una buona notizia, quindi, per chi aveva scelto nuovi fornitori, che dopo la crisi del Covid e la guerra in Ucraina ha pagato bollette più basse perché legate a un prezzo fisso.

Ma la cosa potrebbe non ripetersi nel 2024, come suggeriscono i dati del 2023 (oltre che del 2019 e del 2020). Nella prima metà dell’anno, per chi è già passato al mercato libero i costi sono stati maggiori. Secondo Arera, il 95 per cento degli italiani che ha aderito al nuovo regime per ora paga di più, contro il 5 per cento che spende meno. «Fino a poco fa i dati erano diversi: tra il 2021 e il 2022 il mercato libero è stato più conveniente di quello tutelato, con un risparmio anche del 30 per cento», dice Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, società di consulenza in campo energetico e ambientale. Cosa accadrà il prossimo anno è invece difficile da prevedere.

10 milioni di famiglie?

Con l’addio alla maggior tutela, per la leader del Pd si tocca «la carne viva di 5 milioni di famiglie, 10 milioni di utenze», mentre secondo Giuseppe Conte «si rischia di aggravare le difficoltà economiche di 12 milioni di famiglie». Numeri ancora diversi ha dato Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa verde, che ha parlato di «un bagno di sangue per 6 milioni di famiglie, che subiranno aumenti vergognosi». Ma quali sono i veri numeri di chi dovrà passare al mercato libero?

Sono circa 15 milioni le utenze, pari al 30 per cento del totale, ancora legate al mercato tutelato: 9 milioni per le forniture di luce e 6 per quelle del gas. Cifre che però non corrispondono a 15 milioni di famiglie, dato che alla stessa famiglia sono intestate utenze per più servizi. È quindi corretto prendere in considerazione 9 milioni di famiglie. «Di queste, non tutte dovranno scegliere un nuovo fornitore di energia elettrica e gas. Circa metà dei nuclei, cioè 4,5 milioni, non passeranno al mercato libero avendo al loro interno membri “vulnerabili”: over 75, disabili e indigenti», continua Tabarelli.

Un mercato tutelato?

In quello che viene chiamato mercato “tutelato”, le tariffe sono fissate da Arera e sono uguali per tutti i clienti. Nel mercato libero, invece, chi fornisce energia decide i prezzi offrendo sconti e vantaggi, oltre a tariffe bloccate per diversi mesi. Sono quindi più volatili i prezzi in libero mercato o in mercato tutelato? Se in teoria nel mercato tutelato il consumatore è meno esposto ai rischi di rincari legati alla volubilità dei prezzi delle materie energetiche, di fatto il prezzo viene aggiornato ogni tre mesi e quindi i rincari ricadono sul consumatore. In libero mercato, invece, i fornitori offrono anche contratti a prezzo fisso.

Una valutazione del settore non può quindi prescindere dalla distinzione tra contratti a prezzo fisso e a prezzo variabile. Se nel 2022 la maggioranza di chi aveva deciso lo switch al mercato libero aveva optato per il prezzo fisso (il 90 per cento contro il 10 del variabile), nei primi mesi del 2023 c’è stato un rovesciamento: il 90 per cento ha scelto il prezzo variabile a fronte dell’11 per cento del fisso.

Nel 2023 le offerte per il gas a prezzo variabile nel mercato libero sono più alte rispetto a quello tutelato: la media della spesa annua prevista raggiunge i 2.378 euro contro i 1.769 del mercato tutelato. In questo caso, però, il calcolo della media può portare fuori strada. Quella che andrebbe considerata è la migliore offerta, che arriva a 1.760 euro ed è inferiore a quella del regime tutelato.

Piccolo è bello?

Sul mercato ci sono centinaia di operatori, con prezzi mediamente più alti di quelli fissati da Arera per la maggior tutela. Offerte più convenienti ce ne sono, ma spetta ai singoli trovarle. Lo strumento principe per risparmiare è il Portale Offerte, dove – inserendo il proprio cap, il tipo di fornitura cercata e il consumo annuo indicato in bolletta – si confrontano le offerte disponibili e si trovano quelle più vantaggiose. Peccato che milioni di utenti, ignorando l’esistenza del portale, siano facili prede di call center e di fornitori poco seri.

Nella scelta del gestore di luce e gas, del resto, il criterio economico è il più importante, ma non dovrebbe essere l’unico. «Da anni con Altroconsumo calcoliamo un indicatore di qualità globale dei fornitori presenti sul mercato. Verifichiamo le condizioni contrattuali e la disponibilità di documenti per il cliente», dice Paolo Cazzaniga, esperto di tariffe energetiche. La soddisfazione del consumatore rispetto ai servizi di call center, ai canali digitali e alla trasparenza in bolletta sono elementi centrali, soprattutto nel medio periodo.

Oggi il mercato conta circa 600 aziende e orientarsi non è così semplice. Ci sono i marchi più grandi e riconoscibili – una ventina in tutto, da Enel a Sorgenia, da Edison a Hera – e una giungla di piccoli gestori. Molti hanno nomi sconosciuti e non tutti sono registrati sul sito del ministero. Di chi ci si dovrebbe fidare? «Le indagini ci dicono che gli operatori con oltre 5 milioni di clienti offrono buoni servizi, ma non per forza migliori rispetto alle realtà più piccole», aggiunge Cazzaniga. Capire se un fornitore sconosciuto è affidabile non è facile: non resta che provarlo o chiedere a chi l’ha già provato.

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