Cosa pensa l’uomo della strada del problema delle concessioni balneari? Non lo sappiamo, ma si può ipotizzare, avvalendoci di una recente conversazione tra il giornalista Aldo Cazzullo e un suo lettore, che possa essere rappresentato dall’AC del dialogo che segue. Pur con alcuni stereotipi di troppo, AC ha una sua correttezza e onestà di fondo, e sono queste sue qualità che hanno reso possibile la conversazione con l’altro più smagato personaggio, GC.


AC: A furia di rimandare una soluzione seria e stabile, siamo arrivati di fronte a un muro. Ora succederà che una normativa improvvisata scontenterà tutti. Ma il governo deve difendere i balneari come promesso, vanno difese le nostre spiagge e che ci lavora da una vita, questa incertezza manda in crisi tutti.

GC: Beh, le diverse sentenze ad esempio del Tar della Lombardia, Tar delle Liguria, Consiglio di stato, della Corte europea di giustizia sono per una volta concordi. Il nostro paese deve uniformarsi alla famosa direttiva Bolkestein (2006), che richiede che le concessioni delle spiagge di dominio pubblico avvengano mediante gare concorrenziali; o se vogliamo, a una sentenza del nostro Consiglio di stato del 2005, nello stesso senso. Vari governi italiani (anche se non tutti quelli che si sono succeduti dal 2006 a oggi) sono ricorsi a una varietà di escamotages per differire l’entrata in vigore della Direttiva, e finora ci sono riusciti, e forse ci riusciranno ancora. Restiamo in un regime di profonda incertezza su quali siano le leggi in vigore, come Lei giustamente lamenta. Ma questo perché alcuni partiti di governo hanno sempre puntato esattamente al risultato che Lei auspica, «difendere le nostre spiagge e chi ci lavora da una vita», ossia, prorogare il regime attuale che garantisce i concessionari insediati. La difesa di questi privilegi feudali può essere effettuata solo con espedienti e pretesti, che saranno rovesciati dal girone successivo di sentenze, che daranno luogo a nuovi provvedimenti legislativi ancora più pretestuosi.

AC: Perché Lei dice «feudali»? I concessionari insediati non hanno un giusto diritto di precedenza?

GC: bisogna vedere in cosa consiste la «precedenza». Se si intende “prelazione”, ossia venire confermati rispetto ad altri concorrenti non chiaramente superiori, forse sì. Ma se si intende “diritto di insistenza”, i cui titolari avrebbero la facoltà di conservare la concessione a vita e addirittura trasmetterla agli eredi, come ha affermato Matteo Salvini (Adnkronos del 17 aprile 2023), allora questo è indubbiamente feudale e inaccettabile, come il nostro Consiglio di stato rilevò già nel 2005.

AC: Fa presto Lei a dire «feudale». Ma l’Italia non è la Germania, con le sue coste brumose e fredde, né la Francia, che ha una costa mediterranea breve e a tratti paludosa. Noi abbiamo molte più spiagge, molte delle quali soggette all’erosione che vanno difese con continui lavori di recupero. Ci sono famiglie che vivono di quello da molto tempo. Applicare all’Italia lo stesso modello uniforme pensato dall’Europa per ogni contesto è sbagliato.

GC: i Suoi richiami geografici sono istruttivi e quasi poetici, ma temo fuori luogo. La direttiva non impone un concetto di spiaggia, nessun requisito affinché un suolo costiero possa dirsi un arenile o no come quelli elaborati per la frutta e la verdura. Impone un regime di gestione dei servizi offerti ai frequentatori delle varie spiagge. Non ha senso definirla “schema astratto e ideologico” (come pur ha fatto Aldo Cazzullo, in un suo colloquio con i lettori sul Corriere della sera del 7 maggio 2023) più di quanto ne avrebbe ogni altro tipo di principio di regolazione delle attività balneari, ad esempio il pieno sfolgorante vigore del diritto di insistenza. Naturalmente la direttiva non impone neppure un unico schema di gara e un unico tipo di contratto di concessione: che possono quindi essere disegnati in modo da tener conto delle peculiarità delle singole spiagge.

AC: Ma non vede che le gare sarebbero vinte dalle grandi multinazionali straniere, che sfrutterebbero le nostre bellezze naturali per trasferirebbero all’estero gran parte dei guadagni? Già oggi su 10 euro che uno straniero spende in Italia, almeno 8 finiscono all’estero…Sarebbe come invitarle a rapinarci.

GC: Data la grande varietà delle nostre spiagge, su cui Lei si è soffermato, mi pare improbabile che «le multinazionali straniere» siano destinate a vincere ogni gara. D’altra parte, noi come Italia siamo uno dei paesi fondatori del mercato comune, poi divenuto mercato unico. E partecipiamo perché abbiamo pensato che il mercato ci dia occasioni in più sia di produzione, sia di consumo. Abbiamo dunque accettato la concorrenza nel mercato unico come principio regolatore dell’attività economica. In ogni caso la rapina che Lei teme non ci sarà perché i concessionari francesi, o tedeschi, non potranno che giovarsi dei fattori produttivi locali. L’esportazione dei profitti, che potrebbe anche non esserci, non comporta l’esportazione di salari, interessi, canone.

AC: Perché dice che i profitti di un concessionario straniero potrebbero non essere da lui rimpatriati?

GC: Perché potrebbero essere investiti nella concessione.

AC: Ma non vede che questo è il gatto che si morde la coda? Non lo farà se non avrà la garanzia che l’ipotetico reinvestimento renda, ma solo la certezza della riconferma alla scadenza del contratto di concessione consentirebbe di eliminare il rischio.

GC: Sono d’accordo sulla prima delle due proposizioni, ma non sulla seconda. E’ possibile disegnare dei contratti di concessione che consentano al concessionario insediato ma non riconfermato un consistente rimborso dei suoi investimenti e quindi non facciano mancare l’incentivo a compierli anche a un soggetto che sa che potrebbe non ottenere il rinnovo.

AC: Non credo. E come si farebbe?

GC: Il problema è discusso, con una varietà di soluzioni, da diversi economisti. Una idea interessante è di lasciar indicare dal concessionario insediato il valore complessivo dei sui investimenti, e prendere tale valore come base d’asta e come cifra alla quale rapportare, secondo una percentuale pre-definita, il nuovo canone. Si veda l’articolo di Alberto Heimler sulla voce.info del 22 febbraio 2022. Ma si può ricordare che il principio che l’affittuario ha diritto a un compenso per le migliorie attuate alla scadenza del contratto è presente in quasi tutte le legislazioni, moderne e antiche. È un principio universale di diritto privato, che priva di qualsiasi giustificazione il “diritto di insistenza”.

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