Mediobanca, ultima chiamata. Scudo di Generali contro Mps

Mediobanca chiama, Generali risponde. Il board del gruppo assicurativo, riunito per approvare i risultati del primo semestre chiuso con profitti in crescita del 10 per cento rispetto all’anno scorso ha confermato che intende continuare a trattare con Piazzetta Cuccia. L’oggetto del negoziato, come noto, è la proposta d’acquisto di Banca Generali formulata dall’istituto guidato da Alberto Nagel, il quale giusto una settimana fa aveva sorpreso analisti e investitori annunciando una parziale modifica di quanto già reso noto al mercato. I punti in discussione riguardano l’alleanza con Trieste nella gestione del risparmio, con un prolungamento del vincolo di esclusiva dei promotori di Mediobanca che collocheranno i prodotti Generali. Bpm, vittoria francese. Così Meloni & co hanno favorito Crédit Agricole Lavori in corso Una risposta nel merito del negoziato non è arrivata, anche perché l’argomento dev’essere ancora affrontato nel dettaglio dal consiglio di amministrazione della compagnia, in cui le opinioni sono tutt’altro che concordi. In particolare, è prevedibile che i tre amministratori di minoranza, eletti nella lista presentata da Francesco Gaetano Caltagirone, faranno sentire la loro opinione contraria. Intanto, come recita un comunicato, Generali «si riserva il diritto di continuare a valutare nelle prossime settimane l’offerta e la potenziale partnership». Intanto però a Mediobanca non hanno perso tempo. Preso atto della risposta di Trieste, il cda della banca d’affari ha subito fissato per il 21 agosto l’assemblea dei soci che avrà all’ordine del giorno il via libera all’ops in Borsa su Banca Generali, controllata al 50,1 dal gruppo assicurativo. Come contropartita, Piazzetta Cuccia offre la sua quota del 13,1 per cento nel capitale della compagnia triestina. Se l’operazione andasse in porto, si scioglierebbe il legame che da più di mezzo secolo unisce il Leone a Mediobanca, privata così del suo asset più prezioso. Questo però è il prezzo che Nagel è pronto a pagare nel tentativo di bloccare l’avanzata del Monte dei Paschi, che con l’appoggio di Caltagirone, della famiglia Del Vecchio e il benestare del governo, punta a prendere il controllo sulla banca d’affari che fu di Enrico Cuccia e anche su Generali. Banche, Caltagirone fa il suo mestiere. È il governo che fa scandalo Resa dei conti La scalata di Mps è già partita e l’ops lanciata da Siena su Mediobanca al momento sembra avere ottime probabilità di andare in porto, grazie anche al fatto che Caltagirone e Del Vecchio, già azionisti forti del Monte, possiedono quasi il 30 per cento di Piazzetta Cuccia. La vicenda potrebbe però prendere una piega imprevista se la prossima assemblea di Mediobanca dovesse dare via libera all’ops su Banca Generali, in anticipo rispetto all’8 settembre, data di chiusura dell’offerta in Borsa lanciata dal Monte. Come si ricorderà, in giugno Nagel fece marcia indietro poche ore prima di presentare ai soci un’analoga proposta. Il numero uno di Mediobanca si rese conto di non avere dalla sua parte la maggioranza degli azionisti e scelse la strada del rinvio dell’assemblea al 25 settembre. Adesso però il tempo stringe e per fermare l’attacco di Siena va formalizzata al più presto l’offerta su Banca Generali. Ovviamente con l’ok dei soci di Piazzetta Cuccia. Il fatto è che, al momento, non si ha notizia che gli equilibri tra i soci di Mediobanca siano cambiati rispetto a giugno a tal punto da garantire a Nagel di spuntarla. Ecco perché da giorni gli analisti si chiedono se non ci siano altre sorprese in arrivo. Molti scommettono sul fatto che nel capitale di Mediobanca abbiano preso posizione diversi hedge fund pronti ad appoggiare il progetto d’integrazione con Banca Generali. Anche l’Unicredit di Andrea Orcel, forte di un 2 per cento di Mediobanca, potrebbe influenzare l’esito della partita. La Commissione Ue gela il governo sul golden power, Nagel attacca Chigi su Mps-Mediobanca Il futuro del Leone Se il piano di Nagel andasse in porto, Generali si ritroverebbe in qualche modo padrona del proprio destino perché riceverebbe in pagamento della sua quota di Banca Generali un 6,5 per cento in azioni proprie. Una quota su cui Trieste potrebbe avere mano libera, magari per stringere alleanze, se, come pare, venisse accantonato il progetto di bloccarne la vendita con un vincolo di lock up della durata dell’anno. Se invece alla fine vincesse la cordata Mps, Caltagirone, Del Vecchio, l’onda d’urto sarebbe forte anche su Trieste, con una più che probabile rivoluzione al vertice, che da nove anni vede Philippe Donnet sulla poltrona di amministratore delegato. Molte ipotesi, poche certezze, almeno finora. Mentre Luigi Lovaglio, il numero uno di Mps, vede il traguardo sempre più vicino e ha definito «erratica» la strategia di Nagel, annunciando i risultati di un primo semestre con profitti in crescita del 21 per cento sui primi sei mesi del 2024 al netto delle poste straordinarie per il Monte, che fatto un balzo del 5 per cento in Borsa.