Il Consiglio di stato ha convinto il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Dopo un lavoro di sei mesi a riscrivere uno dei più importanti codici di legge del paese, quello degli appalti, i magistrati avevano dovuto affrontare le minacce del ministro di dimezzare il codice, poi placate dall’intervento della presidenza del consiglio che ha aperto un tavolo di confronto e a quel tavolo il Consiglio di stato ha presentato alcune modifiche utili a superare gli ostacoli finali.

Le nuove procedure

Le nuove procedure mirano a eliminare le complicazioni che allungano i tempi dei cantieri e chiedono quindi un diverso approccio sia alle imprese, con limiti inderogabili alla realizzazione, che alla pubblica amministrazione. A quest’ultima in particolare viene chiesto di indicare prima dell’assegnazione degli appalti quali sono le condizioni in cui le imprese potranno operare. Significa avere tutte le indicazioni dei limiti eventuali di cui tenere conto prima di ottenere l’appalto. Per esempio nel caso delle sovraintendenze viene richiesta una «archeologia preventiva» per dare prima indicazioni al punto che il nuovo codice prevede addirittura la decadenza (articolo 38 comma 11) dei dirigenti che si oppongano ai lavori una volta partito l’appalto.

Lavoro e grandi opere

I sindacati dell’edilizia avevano chiesto alla presidente del consiglio Giorgia Meloni un faccia a faccia perché il costo della manodopera venisse scomputato dai ribassi di gara. Le ultime modifiche al codice lo prevedono. Invece resta immutata e dovrà a questo punto essere discussa a livello europeo la cancellazione dei limiti ai subappalti per cui eravamo sotto procedura di infrazione a livello Ue.

Per evitare di ricadere nelle distorsioni della Legge obiettivo degli anni dei governi Berlusconi, il Consiglio di stato ha previsto che sia redatto un elenco di opere strategiche sotto il nome di «Piano generale dei trasporti e della logistica», ma evitando che per le opere prioritarie siano previste deroghe o procedure straordinarie.

I progetti dovranno includere una analisi di sostenibilità energetica ambientale (articolo 57). Allo stesso tempo decade, per volontà leghista, la possibilità facoltativa per gli enti locali di ricorrere al dibattito pubblico su opere di particolare interesse dei cittadini, rimane solo quindi l’obbligo attualmente previsto dalla legge di aprire il dibattito solo per alcune tipi di opere. La procedura è comunque contestata da diverse associazioni che si occupano di partecipazione della cittadinanza sia per l’esclusione dal dibattito dei singoli cittadini sia per i tempi compressi previsti dalle nuove procedure.

Linee guida Anac

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Il vero regolamento attuativo del codice sono i 35 allegati,  che sostituiscono 47 regolamenti derivanti dalle direttive Ue, 25 delle norme italiane vigenti e altri 15 regolamenti aggiuntivi. In questa opera di semplificazione radicale scompaiono le 17 linee guide dell’Anac, l’autorità nazionale anti corruzione, che allo stato attuale sono considerate di fatto normative vincolanti: verranno riassorbite nella relazione di accompagnamento al codice tornando nelle intenzioni del Consiglio di stato a essere linee guida e quindi non vincolanti.

Le modifiche proposte dai magistrati del consiglio di stato che hanno convinto Salvini a smentire i suoi annunci sono state due in particolare. Da una parte è prevista l’innalzamento della soglia di riqualificazione dei lavori, cioè la soglia oltre la quale i comuni non possono più affidare i lavori autonomamente e devono ricorrere a un altro livello di amministrazione dello stato che passa da 100mila a 500 mila euro. E soprattutto vengono dimezzate le garanzie richieste alle imprese al momento dell’aggiudicazione dei bandi. Già basse, al due per cento dell’importo dei lavori, vengono dimezzate all’un per cento, per opere costose possono significare milioni di euro in meno da sborsare.

Con queste modifiche, dice chi ha seguito il dossier, non ci saranno ruspe

Il testo è atteso al prossimo consiglio dei ministri di venerdì, mentre a dicembre dovrebbe arrivare il parere della conferenza stato regioni e a gennaio la discussione in parlamento, con il prevedibile assalto alla diligenza.

Alla continua ricerca di deroghe

Restano alcuni nodi politici che si concentrano ovviamente sulle deroghe alle normali procedure di gara. Per esempio alcuni limiti all’appalto integrato, cioè l’affidamento del progetto esecutivo allo stesso soggetto che deve realizzare i lavori che la maggioranza e la Lega in particolare vorrebbe completamente liberalizzare. Una liberalizzazione che smentirebbe uno dei principi cardine del nuovo codice che specifica che chi svolge l’attività di verifica su un progetto, non può svolgere la progettazione, la direzione dei lavori o e il collaudo. E che i magistrati amministrativi hanno limitato alle stazioni appaltanti qualificate e a lavori complessi: il modello è di fatto quello del Pnrr dove spesso i progetti dei colossi dei diversi settori sono diventati i progetti del paese affidati alle stesse imprese. Peraltro l’obbligo della suddivisione degli appalti in lotti esclude i settori dei trasporti, dell’energia, dell’acqua e dei servizi postali.

Altro nodo politico è quello della procedura negoziata senza bando di gara che finora permetteva per i lavori fino a un milione di euro di riservare l’accesso in maniera appunto negoziata a cinque imprese e a 10 per i lavori oltre il milione di euro. Si tratta di un meccanismo che l’Ue contesta e che nella bozza del codice è rimasta invariata nonostante le pressioni per ridurre il numero di imprese a cinque e a tre, diminuendo la concorrenza.

Il Consiglio di stato propone l’entrata in vigore del nuovo codice a partire da fine marzo del prossimo anno, ma acquisterà efficacia a partire da luglio 2023. Significa che da marzo i lavori preparatori in vista di bandi futuri dovranno tenere conto delle nuove regole.

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