- La nuova Multiutility Toscana punta alla quotazione in Borsa per il 2024 per rispondere a un’esigenza di finanziamento che eviti l’intermediazione del sistema bancario.
- Si moltiplicano però i patti di sindacato fra comuni, che temono il dominio di Firenze. Che è stato pure messo per iscritto in una prima versione di un documento strategico, ciò che poi è stato giustificato come “refuso”.
- Soprattutto rispetto alle operazioni degli anni Novanta e Duemila, ora l’operazione viene considerata antiquata e gli oppositori chiedono di rispettare l’esito del referendum popolare del 2011.
La Multiutility Toscana, holding sorta per aggregare su scala regionale i servizi pubblici in rete come già fatto tra gli anni Novanta e i Duemila in altre regioni, ha di fronte una sfida complicata su diversi piani. Il più spinoso dei quali è quello del consenso: diversi patti di sindacato tra comuni dissidenti si vanno costituendo rapidamente per controllare lo sviluppo dell’operazione e frenarne gli eccessi di finanziarizzazione. Mentre risuona nelle diverse province il risultato del referen



