Quest’anno l’Italia crescerà molto meno di quanto previsto dal governo, lo 0,7 per cento contro l’1,2 per cento messo su nero su bianco nella Nadef, la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. Lo afferma l’Ocse nel suo rapporto sull’Italia appena pubblicato. Le stime dell’organizzazione internazionale con base a Parigi sono allineate a quelle del Fondo monetario. Banca d’Italia, nel suo bollettino datato gennaio, stima invece un incremento del Pil non superiore allo 0,6 per cento, mentre la Commissione Ue si spinge fino allo 0,9 per cento.

Numeri, comunque, che restano molto distanti dalle previsioni accreditate dall’esecutivo che sono alla base della manovra di bilancio appena varata. In particolare, l’Ocse vede un’economia che dopo il rimbalzo post pandemia fatica a riprendere velocità, stretta nella tenaglia dei tassi d’interesse che restano elevati e di un debito pubblico che sottrae risorse agli investimenti pubblici. Per questo, si legge nel rapporto, dovrebbero essere introdotte al più presto una serie di riforme che taglino la spesa pubblica e rendano più efficiente il fisco, riducendo il peso delle imposte sul lavoro per spostarlo verso i patrimoni. Vanno quindi aumentate le tasse di successione, molto basse in confronto a quelle dei maggiori paesi industrializzati, e anche quelle sugli immobili, anche con la revisione del catasto, una riforma, quest’ultima, di cui si parla invano da molti anni.

Il debito non cala

La pressione del debito sui conti pubblici è destinata a rimanere elevata, il 141,4 per cento del Pil quest’anno e il 140,5 il prossimo, e anche in questo caso il quadro tracciato dall’Ocse è più pessimistico rispetto a quello governativo: 140,1 per cento e 139,9 per cento tra il 2024 e il 2025. Il peggio però deve ancora venire, perché, secondo il rapporto, i costi legati all’invecchiamento della popolazione (sanità e pensione) sommati agli interessi sul debito sono destinati ad aumentare entro il 2040 di una cifra pari al 4,5 per cento del Pil. Serviranno, quindi, circa 90 miliardi di euro in più per far fronte a questi impegni.

Che fare, dunque, per evitare il deragliamento dei conti pubblici? L’Ocse suggerisce un intervento immediato sul fronte previdenziale, sotto forma di contributo di solidarietà a carico delle pensioni più elevate, quelle che non siano finanziate interamente dai contributi versati durante la vita lavorativa. Il governo dovrebbe poi intervenire con maggior decisione sul fronte della cosiddetta spending review, che puntualmente viene annunciata in ogni manovra di bilancio per poi essere progressivamente ridimensionata. Anche la lotta all’evasione fiscale va resa più efficace, e per ridurre al massimo l’economia sommersa vanno incoraggiati i pagamenti digitali e dovrebbero anche essere corrette le norme che hanno rivisto al ribasso i limiti per i pagamenti in contanti. Il rapporto non risparmia critiche anche ai regimi di flat tax introdotti dal governo per i lavoratori autonomi, una forma di tassazione che è stata introdotta in pochi paesi nel mondo e finisce per favorire i contribuenti più ricchi. Se nei prossimi anni non venissero introdotte al più presto misure efficaci per ridurre la spesa pubblica e riformare il prelievo fiscale, il debito pubblico è destinato a toccare il 180 per cento in rapporto al Pil.

Per evitare il peggio, secondo l’Ocse non sarà sufficiente tornare a un avanzo primario (al netto degli interessi sul debito) dell’1,5 per cento del Pil, come negli anni precedenti la pandemia.

Riforme necessarie

In linea con il programma di aggiustamento previsto dalle nuove regole europee, a cui vanno sommati i costi supplementari per pensioni e sanità, l’avanzo primario richiesto all’Italia per ridurre progressivamente il debito pubblico dovrebbe aggirarsi intorno al 3 per cento annuo fino al 2031. Di fatto, andrebbero introdotti tagli di spesa e aumenti delle tasse difficili da sostenere dalla popolazione. Per questo motivo, si legge nel rapporto, bisogna varare al più presto una serie di riforme che incidano sulle cause strutturali che frenano la crescita.

L’intervento prioritario è quello sulla produttività del lavoro, storicamente molto bassa in Italia in confronto ai maggiori paesi industrializzati. Vanno quindi privilegiati tutti gli interventi che favoriscano la crescita dimensionale delle aziende e gli investimenti in tecnologia. L’elenco delle riforme necessarie prosegue poi con quelle della giustizia e dell’amministrazione pubblica. Un pacchetto di norme, tra cui quelle per favorire l’occupazione femminile, che, secondo l’Ocse, riuscirebbe a ridurre il rapporto debito/Pil di 20 punti percentuali entro il 2060.

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