Può bastare un annuncio di Elon Musk per far crollare una criptovaluta che, poche settimane fa, aveva una capitalizzazione superiore ai mille miliardi di dollari? A prima vista sì. Esattamente una settimana fa, il ceo di Tesla ha infatti dichiarato che la sua società non avrebbe più accettato pagamenti in bitcoin. Un’improvvisa retromarcia, avvenuta dopo che, agli inizi di febbraio, l’azienda di auto elettriche aveva acquistato qualcosa come 1,5 miliardi di dollari in bitcoin e aveva inoltre annunciato, meno di due mesi fa, che sarebbe stato possibile acquistare i modelli Tesla con la più nota delle criptovalute.

La ragione della retromarcia è legata principalmente all’impatto ambientale del mining, il meccanismo attraverso il quale i computer collegati alla blockchain creano i bitcoin. Un meccanismo che richiede enormi quantità di energia, principalmente fossile. «Siamo preoccupati per il rapido aumento nell’utilizzo di combustibili fossili per il mining e le transazioni di bitcoin, in particolar modo per l’utilizzo di carbone», ha scritto Musk il 12 maggio. «Le criptovalute sono una buona idea, ma non possono andare a scapito dell’ambiente».

Tutta colpa di Musk?

Prima che Musk annunciasse la sua stupefacente retromarcia, i bitcoin veleggiavano già attorno ai 50mila dollari (in calo rispetto ai 63mila del massimo storico di metà aprile). Da allora, però, il crollo è stato di un ulteriore 34 per cento che li ha portati a toccare i 37mila dollari. Tutta colpa delle giravolte di Elon Musk? È innegabile che l’improvviso ripensamento di una figura con un tale seguito – e potere economico – possa aver spaventato soprattutto i piccoli investitori, che hanno quindi preferito incassare i lauti guadagni messi a segno negli ultimi mesi.

Oltre a Musk, però, c’è di più. Partiamo proprio dal fattore ambientale. Ormai sono mesi che questo aspetto viene sottolineato con enfasi sempre maggiore: i bitcoin consumano troppo. Secondo i calcoli dell’università di Cambridge, il consumo energetico dei bitcoin viaggia attorno ai 120 terawattora l’anno, superiore a quello di una nazione da 45 milioni di abitanti come l’Argentina. Tutto questo per una moneta che non ha nessuna funzione reale oltre a quella di bene speculativo.

Insostenibilità ambientale

L’insostenibilità ambientale dei bitcoin è diventato un tema sempre più pressante e ha inevitabilmente contribuito a far calare la fiducia nei loro confronti. Peccato che i bitcoin abbiano trascinato con loro anche criptovalute come Ethereum (-36 per cento in una settimana) e Cardano (-30 per cento in soli tre giorni), che nel primo caso stanno transitando verso una forma sostenibile e nel secondo caso lo sono già.

Non è tutto: prima ancora degli annunci di Elon Musk, la testata specializzata Coindesk aveva segnalato come i bitcoin e le altre monete digitali stessero esaurendo la loro spinta propulsiva, e come una fine almeno temporanea dell’ascesa del cripto-mercato potesse essere dietro l’angolo. Contemporaneamente, il Financial Times segnalava come ci fossero «nuovi dubbi tra i gestori di fondi istituzionali relativamente al futuro delle criptovalute come beni d’investimento». Un’altra repentina inversione rispetto all’innamoramento dei grandi hedge fund che ha caratterizzato gli ultimi 12 mesi.

Infine, la Cina: negli ultimi giorni Pechino ha vietato alle istituzioni finanziarie di fornire servizi legati alle criptovalute, emettendo inoltre chiari avvertimenti sui rischi legati a questo mercato. Un irrigidimento che ha contribuito a seminare incertezze su un mercato da sempre caratterizzato da una grandissima volatilità.

Il precedente del 2017

E quindi, la bolla dei bitcoin è nuovamente scoppiata? E fino a dove può precipitare il valore della più nota criptovaluta? Impossibile a dirsi. Vale la pena però segnalare che alla fine dell’ultima grande corsa, quella avvenuta nell’inverno 2017, i bitcoin avevano perso oltre l’80 per cento del loro valore, per poi risalire rapidamente e raggiungere un nuovo massimo storico di oltre 60mila dollari (contro i precedenti 20mila). Nei loro dodici anni di vita, i bitcoin sono stati dati per morti centinaia di volte. E hanno poi sempre dimostrato di saper risorgere dalle loro ceneri. Forse è anche per questo che, oggi, in pochi si azzardano a prevedere l’ennesima fine delle criptovalute.

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