L’Italia sta finanziando con soldi pubblici la produzione di plastica da gas in Uzbekistan. L’obiettivo è sostenere le imprese nostrane ad esportare in un nuovo mercato, ma il risultato è che il denaro italiano sta andando ad aiutare una delle principali aziende di stato russe: Gazprom. È quanto racconta l’associazione ReCommon in un report che Domani ha potuto leggere e analizzare in anteprima.

I rapporti con l’Uzbekistan

Per inquadrare la faccenda bisogna partire dal febbraio del 2022, quando Vladimir Putin ha dato l’ordine di invadere l’Ucraina. Come il vicino Kazakistan, anche l’Uzbekistan – ex repubblica sovietica guidata da Shavkat Mirziyoyev – ha dichiarato sostegno totale al governo di Kiev e la Banca centrale ha sospeso il funzionamento del sistema di pagamento russo Mir.

Le visite a Tashkent di Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, e del segretario di Stato americano, Antony Blinken, hanno ufficializzato l’apprezzamento per il nuovo partner centro-asiatico e la sua rottura con Mosca.

«Se questo è successo nel mondo della diplomazia, in quello degli affari non si poteva mandare tutto all’aria dall’oggi al domani», scrive ReCommon nel suo rapporto. Il riferimento va, appunto, alla produzione di plastica grazie alla combustione del gas, materia prima di cui l’Uzbekistan è ricco.

Il progetto che coinvolge l’Italia si chiama Gas-Chemical Complex, in sigla GCC-MTO, ed è in corso di realizzazione a Karakul, nella provincia di Bukhara. Costerà circa tremiliardi di dollari e consisterà in una rete di impianti chimici capaci di bruciare 1,5 miliardi di metri cubi di gas e produrre 1,1 milioni di tonnellate di plastica all’anno: etilene, polietilene, pet, polipropilene.

Principale appaltatore dei lavori è Bakhtiyor Fazilov: petroliere, costruttore, cofondatore della Air Samarkand, finanziatore tra le tante cose del nuovissimo Silk Road Samarkand, un enorme complesso turistico da 580 milioni di dollari d’investimento, costruito poco fuori dalla città simbolo dell’antica Via della Seta. Con la sua Enter Engineering, Fazilov ha ottenuto l’appalto generale per la realizzazione del complesso petrolchimico di Karakul.

Tra le società coinvolte nei lavori ci sono le americane Chemtex e Scientific Design, la danese Haldor Topsoe, la cinese Sinopec. C’è anche Eni, che attraverso Versalis fornisce la tecnologia necessaria per produrre due tipi di plastica. La presenza italiana più importante, però, porta i nomi di Unicredit e di Sace, l’agenzia pubblica che garantisce i crediti all’esportazione.

L’appalto

Fazilov e la sua Enter Engineering hanno affidato la progettazione del complesso chimico alla Wood Italia, filiale della multinazionale britannica Wood, ed è per questo che sono entrati in campo Unicredit e Sace. La banca privata italiana ha finanziato Enter Engineering, la quale ha affidato l’appalto a Wood Italia. Sace ha messo la garanzia pubblica sul prestito: se Enter Engineering non dovesse ripagare il debito, sarà la controllata del Mef a compensare con denaro pubblico: 111,4 milioni di euro. Non è stata l’unica operazione realizzata da Sace in Uzbekistan.

Dal 2018 a oggi l’esposizione dell’agenzia pubblica verso Tashkent è quintuplicata: dai circa 100 milioni di euro nel 2018 agli oltre 500 milioni di euro di oggi. Il dato evidenzia l’importanza che l’Uzbekistan sta assumendo per l’export italiano dopo la quasi totale chiusura dei rapporti con la Russia. Lo ha suggellato lo scorso giugno la visita a Roma del vice premier Jamshid Khodjaev.

Dopo l’incontro con Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy, il governo italiano ha ricordato che l’interscambio tra i due paesi è in «costante crescita» e il numero di imprese italiane attive a Tashkent è «raddoppiato negli ultimi anni».

I legami con Gazprom

Dietro la facciata uzbeka, certi imprenditori locali nascondono però radici finanziarie russe. È il caso di Fazilov e della sua Enter Engineering, la società al centro del finanziamento garantito da Sace. I documenti raccolti da ReCommon dimostrano infatti che Enter Engineering, basata a Singapore, è davvero intestata a Fazilov, ma il proprietario occulto della società potrebbe essere Gazprombank.

Le società attraverso cui Fazilov controlla il gruppo sono tutte dislocate in paradisi fiscali o paesi che fanno della segretezza societaria un vanto. I documenti citati nel report mettono però nero su bianco alcuni fatti. Gazprombank, partecipata al 30 per cento dal colosso di stato Gazprom, è attualmente azionista al 25 per cento di Eriell, società petrolifera di Fazilov.

La banca russa è stata anche azionista di Enter Engineering «almeno fino al 2020», prima con il 49 per cento poi con il 19 per cento delle quote. Quest’ultima società è registrata a Singapore ed è di due società cipriote, il cui beneficiario finale è Fazilov.

Nel bilancio del 2020 di Enter Engineering, però, c’è un’indicazione ulteriore. Sul totale di 282 milioni di dollari di debiti, 226 milioni sono frutto di prestiti di una «banca parte correlata», scrive la società, e sono garantiti con le azioni della stessa Enter Engineering, oltre che con quelle di Eriell, l’altra azienda di Fazilov.

Se dietro la misteriosa «banca parte correlata» ci fosse davvero Gazprombank, dice ReCommon, «si tratterebbe dell’ennesima operazione garantita da Sace senza una verifica all’altezza del ruolo che copre, come già avvenuto per progetti di idrocarburi in Russia e Mozambico. È ora che il parlamento indaghi sull’operato della nostra agenzia di credito all’export».

Contattata, Sace ci ha spiegato di aver effettuato, come sempre in questi casi, una verifica finanziaria su Enter Engineering e un’analisi ambientale sul progetto GCC-MTO: la situazione riscontrata è stata ritenuta conforme al rilascio della garanzia, anche perché Gazprombank non è tra i soggetti sanzionati dall’Ue. Fazilov non ha risposto alle nostre domande. Unicredit ci ha scritto che «non può commentare un report di una ong non ancora reso pubblico. La banca inoltre non commenta mai su singoli clienti, siano essi passati, attuali o potenziali».

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