Chi vuole comprare le azioni di Saipem? Alla domanda è sempre più difficile rispondere dopo che alcune delle banche che hanno garantito l’inoptato dell’aumento di capitale della società di infrastrutture energetiche partecipata da Eni e Cassa depositi e prestiti, hanno annunciato ieri, al termine dell’operazione, che tenteranno di collocare sul mercato, quindi di rivendere, i due terzi delle azioni appena sottoscritte.

Il profit warning

L’aumento di capitale si era reso necessario dopo il profit warning, lanciato a fine gennaio, e le perdite stimate per oltre un terzo del capitale sul bilancio 2021, che hanno reso carta straccia tutte le previsioni comunicate dalla società agli investitori appena quattro mesi prima.

Conclusosi ieri, l’aumento di capitale è stato sottoscritto per la quota del 44 per cento dai due principali azionisti, Eni e Cdp, mentre poco meno di un terzo delle nuove azioni (il 29,6 per cento) non ha trovato acquirenti ed è stato quindi sottoscritto dal folto numero di istituti di credito che hanno firmato il contratto di garanzia dello scorso 21 giugno e che annovera, Bnp Paribas, Citigroup, Deutsche Bank, Hsbc, Intesa Sanpaolo e UniCredit, Abn Amro, Banca Akros (Bpm), Banco Santander, Barclays, Bper, Goldman Sachs International, Société Générale e Stifel. In tutto il consorzio ha speso più di mezzo miliardo, 592 milioni di euro, per mettere in sicurezza la società a partecipazione pubblica.

Durante le operazioni di collocamento dei titoli, le azioni di Saipem hanno perso per due giorni di fila oltre il 40 per cento del loro valore, ma in gergo si chiama crollo tecnico. Siccome l’aumento di capitale diluisce il valore delle azioni il crollo era prevedibile.

La nota di Unicredit

I problemi per Francesco Caio, l’amministratore delegato che è stato “affiancato”, per non dire commissariato, dal nuovo direttore generale Alessandro Puliti in quota Eni e dal dirigente di Cassa depositi e prestiti Paolo Calcagnini, però proseguono.

Ieri mattina Unicredit ha diffuso una nota in cui, oltre a riepilogare il risultato dell’operazione, annunciava che nove banche, la stessa Unicredit, Bnp Paribas, Citigroup, Deutsche Bank, Hsbc, UniCredit, Abn Amro, Barclays e Stifel si sono accordate per collocare sul mercato un altro 68 per cento dei titoli di Saipem che gli investitori non hanno voluto comprare. Si tratta di un pacchetto pari al 19,8 per cento del capitale della compagnia post aumento che gli istituti vogliono vendere per arrivare a mantenere in portafoglio appena il 10 per cento delle nuove azioni.

Dopo la diffusione della nota, Saipem ha registrato un ulteriore rosso, chiudendo la giornata alla Borsa di Milano in perdita del 29,9 per cento, a 0,82 centesimi, meno del prezzo di emissione delle nuove azioni fissato a 1,013 euro, appena pagato quindi dai nuovi acquirenti.

A gennaio il titolo di Saipem valeva oltre 5 euro, a marzo il valore si era già dimezzato a 2,5 euro, non era mai arrivato così in basso.

Quando gli era stato chiesto conto dei buchi di bilancio, Caio aveva messo le mani avanti dicendo che la società in sei anni aveva registrato cinque miliardi di perdite, come se i 2,46 miliardi persi a fine 2021 fossero più giustificabili. Di certo i suoi predecessori non l’avevano mai portata a valere così poco a Piazza affari, nel silenzio o quasi della Consob, cioè l’autorità che deve tutelare gli investitori.

 

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