Satispay, la più diffusa app di pagamenti da mobile nel nostro paese, con un miliardo di euro di valutazione e un quarto round di finanziamenti riuscito, 300 dipendenti e tre milioni di utenti, è diventata il secondo unicorno italiano nei pagamenti digitali nel giro di pochi mesi. A febbraio era stata la volta di Scalapay, società giovanissima, nata nel 2019, che permette di rateizzare e ritardare gli acquisti online. Unicorno è definizione finanziaria per le aziende private valutate un miliardo, ma è anche una definizione perfetta per descrivere il paradosso delle società di fintech che arrivano al successo in Europa: imprese innovative che però si inseriscono in maniera complementare in un sistema altamente regolato, arrivando a trasformare questa condizione in un vantaggio competitivo.

Il successo delle regolamentate

Secondo uno studio realizzato per la Banca centrale europea, nel 2017, quando Satispay era praticamente a metà della sua vita (è stata fondata nel 2013 ndr) la maggioranza delle società di fintech non era sottoposta ad alcun regime di regolamentazione. Quelle che dovevano rispettare la direttiva sui servizi di pagamento, come nel caso del nostro unicorno, erano meno di un quinto. La direttiva Mifid II sugli intermediari finanziari, quella che regola per esempio come valutare la professionalità di un investitore per tutelarlo da eventuali rischi, si applicava solo all’11 per cento delle aziende della finanza digitale. Nel 2018 sono entrati in vigore il nuovo regolamento sulla protezione dei dati (Gdpr), la nuova direttiva sui servizi di pagamento (Psd II) e la Mifid II.

Altri unicorni possibili

Sia Satispay che Scalapay, per esempio, hanno trovato la formula del successo nel far pagare i commercianti – uno dei due lati del loro mercato – fee competitive e nel non far pagare invece i consumatori, offrendo loro un servizio il più flessibile possibile. Il tutto collegandolo con normali conti correnti bancari: una offerta di servizi specifici che le banche non sono in grado di sviluppare, ma complementari a quelli delle banche e regolamentati.

Altre due società candidate a diventare unicorni, Credimi con base a Milano che offre servizi di gestione del credito e prestiti, e Moneyfarm, che si occupa di consulenza finanziaria e gestione del patrimonio, entrambe componenti del distretto FinTech di Milano e entrambe nel 2021 già arrivate al terzo round di finanziamento, sono sottoposte alla regolamentazione per gli intermediari finanziari, la prima in Italia e la seconda in Gran Bretagna.

La via europea

«Satispay», dice Stefano Caselli, prorettore e professore di Finanza all’università Bocconi, «spiega come si può fare innovazione in un sistema finanziario molto stabile come quello europeo». In questo caso e soprattutto in questo momento, dice Caselli, si può dire che l’Unione europea ha anche un vantaggio competitivo.

L’industria bancaria, spiega, ha il business più costoso perché prestare denaro significa erodere anche il proprio capitale. Negli ultimi anni di tassi di interesse negativi, le banche hanno perso redditività nel prestare denaro e il settore si è indirizzato verso servizi più redditizi, dal wealth management, la gestione dei patrimoni, al corporate finance, la finanza di impresa. Molte hanno sposato il modello della banca assicurazione. Il settore è alla ricerca di nuovi fonti di entrate, ma allo stesso tempo è difficile che le novità nascano in seno agli istituti di credito, che sono destinati comunque a rimanere i gestori degli asset importanti.

Allo stesso tempo l’Europa ha sempre messo al primo posto la stabilità rispetto all’efficienza.

«In questo momento», dice Caselli, «le persone si sono accorte che investire sulle criptovalute è come scommettere al casinò, anche se la blockchain resta un’ottima tecnologia, da integrare in sistemi regolamentati». La grande partita dei pagamenti digitali si gioca ai livelli più alti dell’eurosistema: nel 2023 la Banca centrale europea presenterà il primo prototipo di euro digitale, e intanto tutte le autorità europee stanno cercando di incentivare le innovazioni finanziarie digitali ma con un accompagnamento controllato. «I modelli possono essere diversi», dice Giorgio Barba Navaretti, professore di Economia all’università di Milano. In alcuni casi si utilizzano i sistemi di sandbox: con le startup si fa come per i bambini nei recinti di sabbia dei parchi giochi, poche regole ma dentro un perimetro circoscritto, quando si supera un limite di crescita le regole aumentano».

In Italia in effetti la regolamentazione per il sandbox dedicata alle startup fintech è stata adottata nel 2021, mentre nel dicembre del 2020 la Banca d’Italia ha aperto un “hub” dell’innovazione a Milano. Questi hub, spiega la rivista European Economy, da una parte servono a promuovere le imprese innovative, dall’altra sono «un sistema di scambio di informazioni tra imprese innovative e autorità regolatoria». I primi progetti selezionati dall’hub italiano sono sono stati annunciati a febbraio: nella lista c’è il colosso dei pagamenti Nexi e anche progetti di banche tradizionali.

Questa formula dell’innovazione regolata forse avrà più fortuna nell’attrarre investimenti. «Da noi non manca l’innovazione, ma manca la cultura di investimenti nell’innovazione», dice Barba Navaretti. Satispay ha risolto il problema: i suoi investitori vanno dal colosso cinese Tencent ai grandi fondi americani.

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